sabato 30 maggio 2020

L'assenza della raffigurazione divina che esalta la presenza di Dio, Lucio Fontana


“La fine di Dio”, il titolo di questa serie realizzata da Lucio Fontana tra il 1963 e il 1964 corre il rischio di indirizzarci frettolosamente verso un’interpretazione ateistica, ma in soccorso arriva una dichiarazione dello stesso artista  che definisce le opere “l’infinito, l’inconcepibile, la fine della figurazione”.

Il concetto si rifà alle “icone” assolute di Kazimir Malevič dove l’assenza di ogni “entità” rappresenta l’elevazione dello spirito. Opere come Quadro nero su sfondo bianco o Quadro bianco su fondo bianco.


I “Concetti spaziali” di questa serie hanno in comune la forma ovale e le dimensioni, 178 x 123 cm. Olio su tela con squarci, buchi, graffiti e lustrini.

L’idea della presenza del divino solo dove è assente l’uomo o qualsiasi forma materiale è, come detto, già apparsa qualche anno prima con il pittore russo Malevič, Fontana riprende quel concetto ma apre un nuovo percorso, l’annullamento della pittura figurativa nella rappresentazione del sacro e l’apertura a una spiritualità attesa, senza alcuna certezza terrena.











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