martedì 31 maggio 2022

Riusciremo mai a mettere un limite all'incapacità di giudizio?

Spacciarsi per esperti d’arte in un mondo dove tutti sono esperti di qualsiasi cosa è facile, basta rivolgersi ad un pubblico che a sua volta pensa di sapere tutto e il gioco è fatto.

lo pseudo-Klimt

Ma a tutto c’è un limite, mi è stato consigliato un video su Youtube che mostrava la classifica dei “100 dipinti più grandi del mondo”, evidentemente chi mi ha consigliato il video non mi conosce, classifiche di questo tipo sono, per me, senza senso, anche se possono suscitare una certa curiosità.

Tralasciamo per un attimo la stucchevole abitudine di stilare graduatorie di qualsiasi cosa e concentriamoci su un particolare che mi ha fatto letteralmente cadere le braccia, al sesto posto (non discuto la "posizione", fare una classifica è soggettivo e i gusti non si discutono) troviamo “Il bacio” di Gustav Klimt.

Non penso che serva essere esperti e conoscitori del pittore austriaco e nemmeno grandi appassionati d’arte per accorgersi che l’opera mostrata è una copia che sarebbe sbagliato definire tale per quanto, palesemente è diversa dall’originale.

Lascio a voi confrontare i due dipinti (sempre che il primo lo sia) e sfido chiunque a non accorgersi delle differenze, anche perché è tutto differente.

Gustav Klimt - il bacio (part)

Nella ricerca della fonte che ha spacciato questa “cosa” per il dipinto di Klimt ho scoperto che una notissima testata giornalistica italiana, nella versione online, ha proposto la stessa immagine spacciandola a sua volta per il capolavoro del pittore di Baumgarten.

Questo è solo una delle miriadi di “bufale” che incontriamo quotidianamente nell’infinito mare “virtuale”, la rete ha potenziali immensi, ci offre l’opportunità di avere a portata di mano tutte le informazioni che desideriamo ma dobbiamo andare oltre la pigrizia che si limita ad accettare la prima cosa che ci capita sottomano

Anche una semplice ricerca necessita di un minimo impegno, il fatto che siano le prime voci che appaiono sui motori di ricerca le uniche, o quasi, che vengono prese in considerazione deduco che la voglia di approfondire non abbia un gran successo.

sabato 28 maggio 2022

Sembianze divine, terrene presenze

Diego Velázquez – Venere Rokeby o Venere allo specchio, 1650.  Olio su tela - cm 122,5 x 175

The National Gallery, Londra


Senza dubbio uno dei nudi più sensuali, più eleganti e più enigmatici della storia dell’arte, sicuramente uno dei più azzardati, infatti è l’unico superstite dei tre dipinti di questo genere realizzati da Diego Velázquez, al tempo era particolarmente rischioso raffigurare un corpo senza veli, meglio non farsi nemici all’interno della Chiesa Cattolica spagnola che non li vedeva di buon occhio.

Sono moltissimi i particolari che rendono questo dipinto un capolavoro assoluto, opera che ha avuto anche un “aiuto” mediatico dal vandalo di turno, che se da un lato ha rischiato di comprometterlo definitivamente dall’altro ne ha aumentato la fama (ne parlerò più avanti).

Naturalmente le sinuose curve della Venere balzano all’occhio, la protagonista è sicuramente lei, da sottolineare il contrasto tra l’incarnato della donna e il grigio del lenzuolo che l’accoglie, Velázquez crea un “conflitto” cromatico perfetto, anche se da studi approfonditi sembra che il telo sia stato all’origine di un viola scuro, scolorito nel tempo.

Venere è sdraiata sul letto e si guarda allo specchio, quest’ultimo  è sorretto dal figlio Cupido, ma in fondo sono supposizioni in quanto mancano i simboli che caratterizzano i personaggi.

Della Dea non si scorgono alcuni degli oggetti che l’accompagnano nelle infinite realizzazioni artistiche, conchiglie e delfini, le rose, il mirto, nulla ci dice che si tratti di Venere, il titolo (idea dell’autore?) ci da questa indicazione ma non c’è altro.

Lo stesso Cupido non porta la faretra e l’arco con cui scocca le frecce “dell’amore”, ha le ali, è un fanciullo, potrebbe essere chiunque, anche qui lo storytelling ha il sopravvento, molto più probabilmente è l’escamotage del pittore per superare la censura “ecclesiastica”.

Lo specchio, che cattura l’attenzione solo in seguito, è si l’emblema ormai consueto della cosiddetta “vanitas”, ci ricorda quanto sia effimera la vita e ancor più breve la bellezza fisica, la prestanza della gioventù, ma se stiamo parlando di una dea questo non dovrebbe avere alcuna valenza.

La donna ammira il proprio riflesso? L’angolatura ci dice di no, il volto, sfocato, indistinguibile, che fa pensare ad una donna precisa volutamente inserita nel dipinto dal committente ( Gaspar de Guzmán, Conte di Olivares, primo ministro di Ferdinando IV e uno dei politici più potenti del tempo)  è visibile solo dalla posizione dell’osservatore, Venere dunque guarda nello specchio per vedere la reazione di noi spettatori, è più verosimile che chi ha commissionato il quadro volesse vedere negli occhi la donna ritratta di schiena.

Il nome Rokeby, che appare nel titolo (il che conferma che non è stato l’autore a dargli un nome) è dovuto al fatto che il quadro facesse parte della collezione Morritt a Rokeby Park in Inghilterra. 

Torno brevemente all’atto vandalico a cui ho accennato poco fa, nel 1914 una suffragetta, tale Mary Richardson, “accoltellò” ripetutamente la tela per protesta conto il governo, colpevole di aver arrestato una delle leader del movimento. Il dipinto, seppur gravemente danneggiato, è tornato al suo originale splendore grazie ad una laboriosa opera di restauro. Questo fatto naturalmente fece molto scalpore e rese quest’opera, non che ne avesse bisogno, ancora più celebre.



 

domenica 22 maggio 2022

Passione ... artistica

Ci sono momenti extra artistici che vanno celebrati con … l’arte.

Lasciamo per una volta che il pensiero profondo giaccia indisturbato nelle pieghe del concetto artistico e limitiamoci al puro aspetto cromatico.

Contaminiamo la sacralità dell'arte con una passione forse più prosaica ma altrettanto intensa, d'altro canto la vita ci regala momenti di grande energia.

Ed ecco che due delle mie grandi passioni si mescolano, i colori dicono più mille parole.

Mark Rothko - Nero rosso e nero, 1968


sabato 21 maggio 2022

Le basi di un'evoluzione epocale

“Sono tre i periodi artistici di Picasso, il periodo blu, il periodo rosa e il periodo in cui aveva perso gli occhiali”.

Questa simpatica battuta riassume la percezione che si ha dell’arte di Pablo Picasso, i celebri periodi blu e rosa e quello cubista.

Ritratti del padre e della Madre (1896)

Naturalmente quest'idea è lontanissima da quella che sostanzialmente è la sua “carriera”, i periodi blu e rosa sono durati meno di cinque anni (dal 1901 al 1904 il primo fino al 1906 il secondo) mentre il periodo cubista è stato solo l’inizio di un lunghissimo viaggio che si è concluso solo nel 1973, anno della scomparsa.

Se ci limitassimo a questa stringata disamina mancherebbe il fondamentale periodo post proto-cubista, quasi settant’anni, dove ha dato una svolta alla storia dell’arte del novecento.

Ma c’è un altro “periodo” che viene sovente omesso, quello precedente agli anni del cosiddetto periodo blu.

Nel 1901 Picasso aveva vent’anni e spesso i manuali e le biografie iniziano, artisticamente, proprio in quei frangenti, ma cosa aveva fatto prima d’allora il pittore di Malaga?

Il nostro Pablo Ruiz, che in seguito aggiunse al cognome Picasso (cognome della madre) per poi sostituirlo a quello del padre, si distingue come pittore eccelso già in giovanissima età, e sono proprio questi gli anni, meno celebrati, a cui mi riferisco, questi dipinti evidenziano l’enorme talento del giovane pittore spagnolo che diventerà uno dei più importanti artisti di sempre.

Forse troppo vicini ad uno stile accademico per essere fondanti nel suo percorso, ma sono fondamentali per comprendere il suo valore tecnico (spesso degli artisti che si allontanano dal "realismo" si dice che lo fanno per mancanza di talento, per l'assenza di una tecnica accettabile).

Da “Torso maschile” realizzato quando aveva 12 anni fino al suo capolavoro giovanile “Scienza e carità” del 1897, quando di anni ne aveva  16.

In questi anni troviamo gli autoritratti, il “Ritratto della madre”, e del padre, la bellissima “Prima comunione” che ritrae la sorella Lola accompagnata dai genitori, il ritratto di un pescatore, studi accademici e vedute, montane e marine.

Da queste basi, lontane concettualmente dal pensiero che Picasso sviluppa in seguito, parte un percorso che ha attraversato quasi un secolo, decenni che inevitabilmente sono indirizzati dalla sua infinita ricerca.

Partendo da questi dipinti, passando per tutte le opere che ha realizzato, ci rendiamo conto che solo una mente geniale poteva allargare i propri orizzonti senza sosta, non si è mai accontentato dei risultati raggiunti, ha sempre voluto andare oltre i concetti e i canoni universalmente riconosciuti, andando ben oltre la propria visione, cercando, e spesso trovando, l’introvabile.

Per raggiungere certi obbiettivi si devono gettare delle solide basi e queste sono le migliori basi da cui partire.

D’altro canto da qui nasce la celeberrima (e purtroppo abusata) frase in cui sostiene che a dodici anni dipingeva come Raffaello ma ha dovuto lavorare duramente una vita per dipingere come un bambino, libero da qualsiasi “legame” mentale.

Torso maschile 1893

Studio accademico 1895

Il vecchio pescatore 1895

Autoritratto 1896

Autoritratto 1896

Prima comunione 1896

Madre di Picasso 1896

Chierichetto 1896



Cave 1896

Scienza e carità 1897

Veduta del porto di Valencia 1895

martedì 17 maggio 2022

Siamo unici anche di fronte all'opera d'arte

Ogni singolo individuo ha un “assorbimento” visivo unico, non esistono persone che vedono nello stesso modo, ognuno di noi percepisce la luce, i colori e le forme in maniera soggettiva.


Inoltre va sottolineato che ad influenzare ciò che vediamo vi sono le esperienze accumulate nel passato che inconsciamente indirizzano le “impressioni”.

Altro importante particolare riguarda i colori, non vediamo mai lo stesso verde, rosso o giallo ne tantomeno catturiamo le stesse sfumature, insomma osserviamo e immagazziniamo immagini diverse nonostante il soggetto sia il medesimo, come possiamo pensare che il giudizio sia unanime?

Solo il confronto ci permette di “costruire” un’immagine strutturalmente completa … o quasi.


nell'immagine: Franz Marc - Blu Horses 1911, olio su tela, 105,7x 181,2 cm. Walker Art Center Minneapolis

sabato 14 maggio 2022

L'immagine distorta dell'arte

Se piace a più del venti per cento della gente non può essere un’opera d’arte”.

Questa citazione (non so chi sia l’autore, considerando che viene attribuita a più persone preferisco non sbilanciarmi) mette sul piatto un quesito che rimarrà senza risposta: il gusto di chi non ha ne la passione ne le competenze ha valore pari a chi ha le conoscenze e il desiderio di imparare?

Banksy è l’esempio di un fenomeno di massa idolatrato dal pubblico e poco o nulla considerato dagli addetti ai lavori (parlo di storici e critici, in quanto al mercato dell’arte qualunque cosa sia fonte di guadagno viene considerata eccome).

Non sono tanto le sue opere a lasciarmi perplesso ma il concetto che c’è dietro e il “mito” che si è auto costruito, una specie di supereroe dai superpoteri costruiti a tavolino.

Il mito appunto dell’eroe che nell’anonimato “racconta” sui muri la disobbedienza degli oppressi. Questo era il modus operandi dei writers neri delle periferie delle grandi città americane negli anni settanta e ottanta, giovani discriminati che cercavano di far sentire al mondo la propria voce.

Banksy non è nulla di tutto questo, è fuori tempo massimo, le sue opere sono concettualmente vecchie, ciò che andava bene, artisticamente, quarant’anni fa oggi è obsoleto, non è discriminato, non vive il disagio delle minoranze, il razzismo strisciante e la miseria dei ghetti non sono il suo abitat naturale, al contrario è amico e complice di quel sistema che i giovani di allora combattevano.

E' politicamente impegnato al punto che … non ci mette la faccia, si nasconde dietro una maschera (anche qui siamo in ritardo di mezzo secolo) costruita ad arte a beneficio del mercato e del proprio conto in banca.

Qualcuno sosterrà che non è la vita privata ma ciò che realizza ad essere importante ma è proprio la vita privata ("organizzata" alla perfezione) a fare di Banksy ciò che è, le opere sono una banalità dopo l’altra, idee tutt’altro che innovative e in quanto alla tecnica, seppur tutt'altro che scadente, niente che non si veda su qualsiasi muro in giro per il mondo.

Francesco Bonami, critico d’arte contemporanea (con cui sono più in disaccordo che il contrario) ha raccontato una storiella che di per sé non è chissà cosa ma rende l’idea del pensiero artistico della gente: ”due miliardari hanno acquistato all’asta due opere famose, il primo acquista un “taglio” di Fontana, il secondo un’opera di Banksy, arrivati a casa entrambi espongono con orgoglio le opere appena acquisite e hanno affrontato la reazione dei vicini, il primo viene deriso perché avrebbe buttato i soldi per una tela tagliata, cosa che saprebbe fare chiunque, il secondo viene sommerso dalle visite di chi vuole vedere il capolavoro.

Non conta il concetto  che sta dietro all’opera, anni di studio, di sperimentazione, non interessa il percorso che porta ad una profondità, artistica, filosofica, spirituale, ciò che conta è il battage mediatico, l’essere famosi è l’unico parametro preso in considerazione da chi galleggia facendosi portare dalla corrente.

domenica 8 maggio 2022

La poesia delle mamme, per le mamme

Lasciamo che siano i poeti a raccontare l’essenza della vita, Gianpiera Sironi con queste intense parole ci rivela il fondamento imprescindibile dell’umana presenza, una presenza che va oltre la tangibilità fisica, un’aura di eterna spiritualità.

 

Pablo Picasso - Maternità, 1905 (part.)

Un seme germoglia,

lievita in grembo.

Ti è dolce

immaginare un viso

e una tenera voce che dirà

al tuo cuore stupito

parola bella

che non ha l’uguale,

mamma.


(G. Sironi – Attesa, da: Vuoto a perdere)


sabato 7 maggio 2022

Lo sconosciuto più famoso della contemporaneità

La strana storia del pittore conosciuto da tutti e al contempo da nessuno.

Thomas Kinkade è forse l’artista, o per meglio dire pittore, contemporaneo  più “venduto” di sempre, se il nome non ci dice nulla non possiamo dire la stessa cosa dei suoi quadri, stampe, puzzle, le immagini dei suoi dipinti le troviamo dappertutto, alcune stime dicono che in almeno una casa americana su venti è appeso un suo quadro (originale o molto più probabilmente una riproduzione).


Se non ci sono dubbi sul suo successo commerciale non si può dire lo stesso riguardo all’aspetto puramente artistico, i paesaggi bucolici, dove regna una costante sensazione di pace e dove si percepisce un’immobile sospensione temporale non sembrano riuscire ad andare oltre.

E’ innegabile la piacevole reazione immediata davanti alle sue opere ma nonostante si cerchi di andare in profondità c’è qualcosa che ce lo impedisce, forse perché in fondo niente ce lo impedisce, non c’è una profondità, tutto è in superficie.


Che il kitsch possa essere arte non sarò certo io a confermarlo o a negarlo, per chi come me cerca ciò che sta nascosto in profondità e di conseguenza “trova” più valore di quanto possa averne ciò che appare, è difficile apprezzare oltre un certo punto questi quadri, non vi è traccia di narrazione, non ci sono possibilità di un confronto, non c’è comunicazione, i dipinti sono pura decorazione, forse è proprio per questo che li troviamo ovunque.

Kinkade lascia un qualsivoglia messaggio? Cerca il dialogo con lo spettatore attraverso i suoi lavori? O si limita a mostrarci una bellezza statica, seguendo determinati canoni estetici prevalentemente alla ricerca di un facile riconoscimento popolare?


Quale sia il motivo che spinge ad acquistare, e ad appendere alle pareti di casa, i quadri del pittore californiano possiamo immaginarlo ma non escludo che possiamo anche sbagliarci nel formulare una risposta, sicuramente un motivo, più o meno valido artisticamente c’è: i dipinti di Kinkade piacciono, il resto rischia di essere un’articolata introspezione che rischia di essere fine a sé stessa.

L’ultimo appunto va al talento del nostro Thomas, indipendentemente dalle “profondità” artistiche (fondamentalmente a chi interessano se non a pochi appassionati?) la tecnica è più che discreta, l’idea di bellezza “sognante” è ben presente, ciò che potremmo trovare oltre l’orizzonte estetico …


Nelle immagini dall’alto: A Peaceful Retreat, 2002 – Beacon of hope, 1994 – Christmas evening, 2005

martedì 3 maggio 2022

[ Pillole ] ... Ai posteri l'ardua sentenza

Il celebre pittore dipinge con estrema cura il suo autoritratto per passare ai posteri.

Poi i posteri, due secoli dopo, trovano in solaio quel quadro e lo appendono in una pinacoteca con scritto sotto: “Ritratto di ignoto”.

(Giovannino Guareschi)


Ritratto di ignoto