sabato 24 febbraio 2018

La donna, il centro di gravità, Hans Bellmer.


Autore:   Hans Bellmer
(Katowice, 1902 - Parigi, 1975)
 
Titolo dell’opera: La trottola – 1937-56
 
Tecnica: Olio su tela
 
Dimensioni: 65 cm x 65 cm
 
Ubicazione attuale:  Tate Gallery, Londra.





Un’inquietante figura femminile volteggia sostenuta da una trottola, una mano scheletrica si aggrappa alla trottola stessa che a sua volta è appoggiata sopra ad un basamento inclinato.

L’immagine è fortemente simbolica e rappresenta il potere femminile in grado di far girare testa e cuore maschili mantenendosi al di fuori della realtà.

Messaggio sensuale e drammaticamente macabro, la donna che fluttua, mantenendo un appoggio “terreno” che da l’illusione di tangibilità.

La luce è chiaramente frontale ma l’ombra della trottola ci dice altro, difficile a questo punto venirne a capo.

L’universo femminile dipinto da Bellmer ci presenta la donna come incontro fatale, un vortice di emozioni che impedisce la comprensione e spinge l’uomo verso l’istinto incurante della ragione, solo un’elevata forza d’animo permette di comprendere il lato oscuro che il doppio gioco “luminoso” cerca di nascondere.

Il fondo tetro non lascia vie di fuga, una volta entrati nella spirale è praticamente impossibile tornare indietro indenni da traumi o cicatrici indelebili.

L’opera inizialmente è realizzata come progetto per una scultura che l’artista polacco non realizzerà mai, il quadro è dipinto nel 1937 ma solo nel 1956 Bellman gli darà un “nome” infatti finché non si presentò un acquirente decise di sospenderne il “pensiero”.

L’aspetto legato al subconscio riflette l’adesione al surrealismo, confronto che ha dato libera espressione dei sentimenti del pittore che si confronta quotidianamente con il labirintico universo femminile, mondo proiettato considerando il proprio punto di vista.
 

sabato 17 febbraio 2018

Giorgione e i misteri della tempesta.

Autore:   Giorgione (Giorgio Zorzi)
(Castelfranco Veneto, 1477 ca. - Venezia, 1510)
Titolo dell’opera: La tempesta – (secondo le fonti dal 1502 al 1508)
Tecnica: Olio su tela
Dimensioni: 79,5 cm x 73 cm
Ubicazione attuale:  Galleria dell’accademia, Venezia.





Uno dei dipinti più misteriosi, un autentico enigma interpretativo, d’altro canto la figura stessa di Giorgione è avvolta nel mistero.

Storici dell’arte, critici, esperti di ogni genere (pittorico e non) hanno provato a dare un’interpretazione al quadro senza però convincere fino in fondo.

In molti sono convinti che si tratti di un semplice quadro “di genere” o di un paesaggio, dove le figure umane fanno da contorno alla natura, compreso il fulmine che indirettamente da il nome all’opera.

Altri si sbizzarriscono interpretando la tela in svariati modi, dalla mitologia greca c’è chi intravede “Zeus e Io”,

Non mancano i temi legati alla bibbia, da Adamo ed Eva al ritrovamento di Mosè che viene sfamato dopo essere stato salvato dalle acque.

Interpretazioni più articolate portano a conclusioni interessanti ma mai convincenti fino in fondo.

Non possiamo nemmeno escludere che il dipinto fosse il pretesto di rappresentare il paesaggio in un’epoca dove il paesaggio era definito “pittura minore” o addirittura proibito dalle autorità religiose.

Restano molte le domande che l’osservatore si pone davanti al dipinto: perché una donna seminuda allatta un neonato seduta in un prato? Cosa ci fa in quella posizione il giovane vestito in modo tutt’altro che casuale? Inoltre è in arrivo una tempesta che però non sembra allarmare i due protagonisti che sembrano interessati ad altro (mentre l'uomo guarda la donna ed il bambino posti sull'altra sponda del corso d'acqua la giovane guarda con sospetto e timore verso l’osservatore o nella direzione di chi sta dipingendo).

Il fulmine, punto focale del quadro, si abbatte in direzione del centro abitato, un piccolo borgo a destra e quasi una fortezza in lontananza, ma difficile capire cosa stia a significare.

Curiosa, anche se non priva di lacune, un'altra "lettura" che pensa che Giorgione abbia attinto al mito di Iasione che, dopo aver sedotto Demetra e dalla cui unione nascono due gemelli, viene punito da Zeus che lo uccide scagliandogli contro una saetta.

E’ vero che nel dipinto c’è il fulmine ma lo stesso non si abbatte sull’uomo, sulla sinistra troviamo alcune rovine che riportano al mito greco ma non c'è altro a suffragare tale ricostruzione. Difficile pensare che il pittore di Conegliano volesse dirci questo.

Oltre alla bellezza paesaggistica, ed il piacere provato dall’osservatore alla vista dell’opera, è proprio l’enigmatico significato che continua ad appassionare gli spettatori a distanza di più di cinquecento anni.

domenica 11 febbraio 2018

La dama senza pietà, Johan Keats.


Ballata romantica scritta da John Keats nel 1819.

La composizione ha tre protagonisti:
Il poeta che inizialmente si rivolge al cavaliere (secondo personaggio) che a sua volta "racconta" l'incontro con la figura femminile, la terza presenza, quella che da un senso e la conseguente svolta al poema.

Il tema della narrazione è strettamente “romantico”, l’armatura e l’atteggiamento “cavalleresco” evidenziano l’ambientazione medievale mentre l’aspetto del cavaliere stesso ed il lago visualizzato nella stagione autunnale richiamano un’atmosfera nefasta.

E’ infatti il cavaliere a presentare la dama dalla doppia natura, racconta della donna come di un incontro magico, misterioso, figlia delle fate ma che negli occhi si avverte la follia.

L’anonimo cavaliere viene travolto dalla passione che lo inebria e lo distrugge fino all’esito finale, si avvera il presagio di morte.

Il fulcro del poema è “io t’amo veramente” (altre traduzioni vertono su “io amo te solo”) frase che la dama pronuncia con estrema dolcezza ma che non nasconde l’essenza folle dei propri pensieri e con una luce selvaggia negli occhi, fondamentalmente non umana.

Un tema, quello cavalleresco in generale, questo in particolarmente, caro ai preraffaelliti, infatti molti pittori si sono cimentati nella scena dell’incontro tra la dama ed il cavaliere, tra gli altri vanno ricordati Waterhouse, forse il dipinto più noto, Crane, Hughes e Frank Dicksee (nell’immagine la sua opera: La belle dame sans merci, 1901 ca. Cm. 137 x 187.9 – Bristol City Museum and Art Gallery, Bristol)




La bella dama senza pietà  (La belle dame sans merci – John Keats)


Che cosa ti tormenta, armato cavaliere
che indugi solo e pallido?
Di già appassite son le cipree del lago
e non cantano gli uccelli.

Che cosa ti tormenta, armato cavaliere,
cotanto affranto e così desolato,
riempito è già il granaio dello scoiattolo,
pronto è il raccolto.

Vedo sul tuo cimiero un bianco giglio,
umida angoscia, e del pianto la febbre
sulle tue gote, ove il color di rosa è scolorito
troppo rapidamente.

Una signora in quei prati incontrai,
lei, tutta la bellezza di figlia delle fate aveva,
chiome assai lunghe, e leggeri i suoi piedi,
ma selvaggi i suoi occhi.

Io feci una ghirlanda pel suo capo,
e pur bracciali, e odorosa cintura;
lei mi guardò come se mi amasse,
dolcemente gemette.

Io mi stetti con lei, sul mio cavallo
al passo, e nessun altro vidi in tutto il giorno;
seduta su un fianco cantava
un canto delle fate.

Lei procurò per me grate radici,
vergine miele e rugiadosa manna,
e in linguaggio straniero poi mi disse:
- Io t'amo veramente.

Nella grotta degli elfi mi condusse,
e lì lei pianse, e sospirò in tristezza,
ma i suoi barbari occhi io tenni chiusi,
con quattro baci.

Ivi lei mi cullò, sino a dormire,
e lì sognai: sia maledetto l'ultimo sogno
fantasticato lì sul declivio
del freddo colle.

Vidi principi e re, pallidamente,
scialbi guerrieri smunti, color morte erano tutti
e gridavano a me: - La bella dama che non ha
compassione, t'ha reso schiavo!

Le lor livide labbra scorsi nella penombra,
che m'avvertivano: - L'ampia voragine orrendamente
s'apre! - Allora mi svegliai, e mi scopersi qui,
sopra il declivio del freddo colle.

Questo è accaduto perché qui rimasi
solo, senza uno scopo ad attardarmi,
pur se appassite fosser le cipree
e gli uccelli del lago non cantassero.

sabato 3 febbraio 2018

La meravigliosa intensità del ritratto, William-Adolphe Bouguerau


Autore:   William-Adolphe Bouguereau
(La Rochell, 1825 - La Rochell, 1905)

Titolo dell’opera: Ritratto di Gabrielle Cot – 1890

Tecnica: Olio su tela

Dimensioni: 45,7 cm x 38,1 cm

Ubicazione attuale:  Collezione privata.




Uno dei ritratti più belli nella storia della pittura.

Gabrielle è la figlia del pittore Pierre August Cot uno degli allievi, probabilmente il migliore, di Bourguereu.

Non ci sono molte notizie riguardo al motivo che ha spinto il pittore a dare vita a questo ritratto, sappiamo solo che questa è l’unica opera che Bourguereu ha realizzato senza una commissione, ne prima ne dopo questo quadro risultano dipinti realizzati senza una specifica richiesta.

Dunque non è risaputo con certezza cosa abbia spinto il pittore francese ha realizzare quest'opera (si pensa che sia il regalo di nozze che l’artista ha voluto fare alla giovane Gabrielle), quello che conta è il risultato ed è semplicemente meraviglioso.

Il realismo è oggettivo ma appare evidente la passione con la quale il pittore ha raffigurato la donna. La bellezza genuina, senza forzature, mostra una fresca ed ingenua sensualità, la giovane è raffigurata in tutta la sua forza espressiva dove spicca il fascino della “luce”.

Ritrattista eccelso tocca, con quest’opera, picchi quasi inarrivabili, non tanto nella tecnica (che risulta comunque di qualità elevata) quanto nella capacità di mettere in evidenza l’anima del soggetto.