sabato 28 aprile 2018

Ritorno alle origini, Jean-Michel Basquiat


Autore:   Jean-Michel Basquiat
 (New York, 1960 - New York, 1986)

Titolo dell’opera: Untitle – 1984


Tecnica: Acrilico, serigrafia e pastelli a olio su tela


Dimensioni: 223,5 cm x 195,5 cm


Ubicazione attuale:  Proprietà privata






Uno sfondo monocromatico fa da scenario ad un insieme di figure “primitive”, formule chimiche e frasi sparse senza un’apparente legame delle une con le altre.

I personaggi raffigurati con una “pittura” infantile dove il primitivismo riporta alle origini di un'arte “pura”, senza influenze esterne, fanno parte del paesaggio di una New York dei bassifondi dove lo stesso Basquiat aveva le proprie radici, un esempio di quello che era un movimento emergente in forte espansione, il graffitismo.

Gli anni 70 e 80 del novecento vedono infatti esplodere un fenomeno che porta l’arte nelle strade, i quartieri più remoti ed in particolare la metropolitana divengono cosi un’attrattiva irrinunciabile per chi vuole esprimere i propri concetti, la voglia di uscire da schemi sempre più opprimenti.

L’opera riflette la cultura multietnica che non riesce a trovare una collocazione, la  frenesia e le contraddizioni della vita di strada dove le scritte frammentarie raccontano la discontinuità di un pensiero che non riesce a “legare”.

Il pittore newyorkese ha iniziato proprio per strada dando voce alle proprie idee attraverso i graffiti imbrattando le vie del quartiere dove viveva.

Improvvisa, nei primi anni ottanta, arriva la fama, la sua popolarità raggiunge livelli altissimi anche grazie alla collaborazione e all’amicizia di Andy Warhol, ma come è stata repentina l’ascesa lo è stato anche il declino, una meteora artistica apparsa e scomparsa in breve tempo come d’altro canto la vita stessa di Basquiat risucchiata nel vortice della droga fino a spegnersi a soli ventisei anni.

sabato 21 aprile 2018

Meditazione ... Francesco Hayez


Autore:   Francesco Hayez
 (Venezia, 1791 - Milano, 1881)

Titolo dell’opera: Meditazione sulla storia d’Italia – 1850


Tecnica: Olio su tela


Dimensioni: 90 cm x 70 cm


Ubicazione attuale:  Collezione privata.







Hayez descrive, in forma allegorica, la situazione politica e di costume del "bel paese" dopo i moti del 1848.

L’Italia viene rappresentata nelle vesti di una giovane e bellissima donna che vive un intenso stato di umiliazione ma che mostra al contempo un'intensa rabbia repressa.

Il seno scoperto mostra il lato vulnerabile ma lo sguardo deciso mette evidenzia un carattere forte e determinato, i capelli corvini mettono in ombra il viso mentre nelle mani si nota il peso del grosso volume e del crocifisso.

Il libro, come si evince dal titolo “Storia d’Italia”, sancisce il passato ed il presente della penisola come  fosse una conquista da custodire con orgoglio non senza il peso delle responsabilità future, la croce può rimandare ai già citati moti del 1848 cosi come alludere alla presenza sempre incombente del sistema religioso.

Alcuni storici sostengono che sia il libro che il crocifisso siano un rimando al vecchio ed al nuovo testamento.

Ma il dipinto si fa notare più per la virtuosa descrizione della donna che per il retorico tentativo di lasciare un messaggio politico.

L’incarnato della fanciulla, il vestito bianco che la copre in parte ma soprattutto l’intensità dello sguardo e l’eterna bellezza del viso sono le caratteristiche che fanno di questo dipinto un’opera eccelsa.

sabato 14 aprile 2018

Prospettive "aritmetiche", Theo van Doesburg

Autore:   Theo van Doesburg (Christian Emil Marie Küpper)
(Utrech, 1883 - Davos, 1931)
 
Titolo dell’opera: Composizione aritmetica – 1930
 
Tecnica: Olio su tela
 
Dimensioni: 101 cm x 101 cm
 
Ubicazione attuale:  Collezione privata.
 



Un lievissimo senso di movimento prospettico viene trasmesso da una semplice sequenza di quadrati neri che spiccano su uno sfondo chiaro.

I precisi calcoli aritmetici dell’artista olandese mostrano le figure in progressione dove i lati dei quadrati e la distanza tra uno e l’altro si dimezzano.

La costruzione cosi concepita riesce a “creare” una terza dimensione, una profondità altrimenti impossibile considerata la base bidimensionale.

Grande appassionato di architettura deve proprio a questa disciplina il sistematico utilizzo delle formule matematiche in pittura.

Con Piet Mondrian fonda nel 1917 la rivista”De Stijl” che si prefigge il compito di proporre le idee e le opere del movimento artistico che porta lo stesso nome.
Oltre che con la pittura e l’architettura van Doesburg si dedica per molto tempo alla promozione tecnica, artistica e concettuale del gruppo con numerosi scritti e conferenze.  

sabato 7 aprile 2018

Il percorso naturale, da Manet a Magritte, con uno sguardo al passato.


L’ipotetico inizio nel 1869 la naturale conclusione nel 1950, Magritte rilegge la celeberrima opera di Manet proiettandola nel “quotidiano”, la costante presenza della morte, un epilogo naturale nel percorso “vitale”.

da sinistra: Edouard Manet – Il balcone, 1868-69. Olio su tela cm 170 x 124. Musée d’Orsay Parigi
René Magritte – Il balcone di Manet, 1950. Olio su tela cm 81 x 60. Museum voor Schone Kunsten, Gand

Manet, seguendo un percorso differente rispetto ai canoni cari agli impressionisti, presenta un ritratto “classico” che segue un’indicazione “modernista”.

Pur allontanandosi dai dettami accademici non si abbandona alla ricerca del colore ma insiste sul contrasto tra il bianco ed il nero, questa interpretazione cromatica conferisce una forza di rara intensità ai protagonisti che prendono pienamente possesso della scena.

Le due donne in primo piano catturano l’attenzione ma anche l’uomo dietro di loro, nonostante l’abito scuro, si erge a protagonista. Solo la quarta figura alle loro spalle si perde nel buio dello sfondo, sarà proprio Magritte, ottant’anni dopo, ad avvicinare i quattro personaggi.

Il pittore belga rielabora il ritratto sul balcone, a distanza di molti anni i quattro personaggi vengono sostituiti da altrettante bare.

Fisicamente non ci sono più, resta il loro ricordo, unico segno del loro passaggio e ineluttabile simbolo della precarietà della vita.

Lo sfondo è lo stesso, le suppellettili e le cornici sono ancora al loro posto cosi come il vaso e la sedia, il fiore azzurro viene sostituito da uno bianco, naturalmente il balcone è lo stesso con le persiane aperte e l’identica ringhiera.

A parte il fiore non vi è altra traccia di vita, è scomparso il cagnolino e restano appunto le bare a simboleggiare il tempo passato che non c’è più.

Surreale e, apparentemente, assurda la lettura di Magritte che, se approfondita, si ammanta dell’unica sostanziale verità nell’effimero percorso umano.


La struttura delle opere di Manet e Magrit inevitabilmente crea un collegamento diretto tra le due tele ma non possiamo ignorare l'influenza che ha avuto sul pittore francese l’opera di Francisco Goya “Majas al balcone”.

Il dipinto di Goya ha ispirato sicuramente Manet, le due figure femminili in primo piano, la sedia sulla quale siede la donna a sinistra e la ringhiera, sono fedelmente riportati sulla tela da Manet stesso, i personaggi maschili invece, nell'opera dello spagnolo, sono più sfuggenti, cercano di celarsi nell'ombra, al contrario l'artista parigino mette in posa l’uomo alle spalle delle giovani fanciulle.


Il quadro di Goya è servito come fonte d'ispirazione per Manet mentre Magrit ha rielaborato i dipinti dando agli stessi un’impronta irreale e al contempo realisticamente "futura".

Qui sopra:
Francisco Goya - Majas al balcone, 1808-14. Olio su tela cm. 195 x 125,5. Metropolitan Museum of Art, New York