sabato 25 agosto 2018

La Cappella Sistina e i dipinti "invisibili".


La Cappella Sistina è senza tema di smentita l’esempio più illuminante della grandezza dell’arte “Italiana” nel periodo che tutti conosciamo come “rinascimento”.

Quando si nomina la “Cappella Magna”, come si chiamava al tempo di Papa Sisto IV, Della Rovere (fu proprio dal nome del papa che l'ha fortemente voluta che prese in seguito l’appellativo di “Sistina”) si pensa immediatamente a Michelangelo e alla volta affrescata magnificamente tra il 1508 e il 1512 (con l’interruzione di un anno tra il 1510 e il 1511) o al Giudizio Universale dello stesso Michelangelo eseguito tra il 1537 e il 1541.

Ma la Cappella Magna viene inaugurata nel 1483 e nei due anni precedenti venne affrescata da artisti di grande fama e talento, sicuramente il meglio dell’arte di quel periodo, Perugino, Botticelli, Ghirlandaio, Della Gatta, Rosselli, Signorelli e D’Antonio.

Ed è proprio di questi affreschi che voglio parlare, infatti chi si reca ad ammirare lo spettacolo artistico della Sistina è catturato dalle opere di Michelangelo che oscurano tutto il resto. Passano così inosservati i capolavori sulle pareti laterali. Si tratta di opere di grandi dimensioni, gli affreschi misurano ciascuno 350 x 570 cm. circa.

Ponendoci di fronte all'altare vediamo a sinistra i sei dipinti dedicati alla vita di Mosè mentre alla destra i sei affreschi dedicati alla vita di Gesù.

Due “racconti” in pittura che illustrano il percorso dei due padri legislatori del primo e del secondo testamento.

Le due storie parallele si “rispecchiano” concettualmente.

Il primo dipinto di sinistra è legato al primo di destra, infatti mentre l’angelo ordina la circoncisione del figlio di Mosè, di fronte assistiamo al battesimo di Cristo, cerimonie fondamentali che gettano le basi dell’ebraismo e del cristianesimo.

Nel secondo caso le Prove di Mosè si interfacciano con le tentazioni di Cristo.

Il terzo “rispecchiamento” vede l’attraversamento del Mar Rosso da parte del popolo eletto, che così riesce a fuggire dalla tirannia del Faraone, mentre sulle sponde del lago di Tiberiade Gesù si rivolge a Pietro e Andrea comunicando loro che “vi farò pescatori d’uomini”. Due storie di acqua e di salvezza.

La quarta “coppia” vede Mosè che riceve le tavole della legge, mentre Gesù pronuncia il discorso della montagna, la legge ebraica con i dieci comandamenti da una parte e la legge di Gesù, la legge della tolleranza e dell’amore dall'altra.

Il quinto confronto vede Mosè che ottiene giustizia punendo chi si opponeva allo stesso Mosè e ad Aronne che rappresentavano le autorità, civile e religiosa. Di fronte Gesù consegna le chiavi a Pietro riconoscendo alla Chiesa di Roma l’autorità religiosa e civile.

Per finire ecco i testamenti spirituali di Mosè e di Cristo, la benedizione di Mosè al popolo d’Israele e a Giosuè, mentre dall’altro lato Gesù consacra il corpo ed il sangue di Cristo nell’ultima cena, gli ultimi “preparativi” che portano a compimento il disegno celeste.


Storie di Mosè

Pietro Perugino - Viaggio in Egitto e Circoncisione del figlio di Mosè

Sandro Botticelli - Le prove di Mosè

 Biagio D'Antonio  - Attraversamento del Mar Rosso

 Cosimo Rosselli  - La consegna delle Tavole della Legge

Sandro Botticelli - La punizione dei ribelli

Luca Signorelli e Bartolomeo della Gatta - Morte e testamento di Mosè

Storie di Gesù


Pietro Perugino e aiuti - Battesimo di Cristo.

 Sandro Botticelli -  Tentazioni di Cristo

Domenico Ghirlandaio - Vocazione dei primi apostoli.

Cosimo Rosselli (attr.) -  Discorso della montagna

 Pietro Perugino - Consegna delle chiavi

Cosimo Rosselli - Ultima Cena

mercoledì 22 agosto 2018

Il risveglio delle coscienze, Marina Abramovic.


1997 Biennale di Venezia, Marina Abramovic sconcerta, scuote la rassegna e tutto il mondo che le ruota attorno con la sua “Balkan Baroque”, una performance dalla durata di quattro giorni che gli consentirà di aggiudicarsi il Leone d’Oro.

La Abramovic colpisce con un violento schiaffo, un autentico pugno nello stomaco, il mondo occidentale cieco davanti all’orrore della guerra nei Balcani.


Sopra una catasta di ossa bovine sanguinolenti l’artista montenegrino-statunitense passa i quattro giorni a ripulire le ossa dai resti della carne e dalle cartilagini, lo shock emotivo di chi si trova ad osservare è inevitabile, il concetto viene rafforzato, oltre al mucchio d’ossa, dalla stessa artista coperta dal sangue e dall’odore della decomposizione che nei giorni diviene sempre più intenso.

Un gesto forte, estremo che servirà comunque a risvegliare alcune coscienze, solo in seguito anche i media (oltre all’assente politica internazionale) si sono accorti (e noi con loro) dell’orrore che la Abramovic aveva anticipato.

L’arte come risveglio delle coscienze.
Nel 2000 la performance della Abramovic diventa un film, testimonianza “visiva” di una denuncia, dell’orrore di una guerra fratricida e dell’indifferenza di una cultura egocentrica.

sabato 18 agosto 2018

L'ideale orientale, Fredric Leighton


Autore:   Fredric Leighton
( Scarborough, 1830 - Kensinton, 1896)

Titolo dell’opera: Lezione di musica – 1887


Tecnica: Olio su tela


Dimensioni: 92 cm x 95 cm


Ubicazione attuale:  Guildhall Art Gallery, Londra.






La pittura “orientalista”, molto di moda nell’ottocento, voleva rappresentare il mondo mediorientale più che ispirarsi ai luoghi remoti dell’estremo oriente.

Il viaggio che il pittore fece a Damasco ha dato il via ad una passione per quei paesi, ma Leighton non si innamora tanto del luogo in se ma dell’ideale ad esso legato.

Ma la visione di tale cultura è filtrata dalla concezione occidentale, alla fine l’idea di raccontare l’esotico mondo arabo rimaneva tale e sulla tela restava un’interpretazione, tutt’altro che fedele, di paesi conosciuti in modo approssimativo, superficiale.

Le premesse però non minimizzano la qualità del dipinto, al contrario quest’opera di Leighton si immerge in un’atmosfera poetica dove l’ambientazione fa da cornice alle due protagoniste che sono immerse in un istante musicale.

L’ambientazione vuole ricondurre l’osservatore verso un esotico “harem”, le architetture vagamente “arabeggianti”, le preziose stoffe che avvolgono la giovane donna e la bambina e soprattutto il particolare che mostra i piedi nudi a rappresentare l’intimità del momento.

Il dipinto concettualmente “viaggia” al di fuori della realtà in quanto riflette un'interpretazione del tempo, un'impressione di una cultura solamente immaginata ma che al contrario dei giorni nostri “legge” la concezione dell’harem come luogo intimo della famiglia, dove la madre trasmette l’arte della musica alla figlia, un luogo appartato come lo sono tutte le abitazioni private, un’idea che nel tempo ha preso una strada “occidentale” fraintesa da una presunzione morale europea.

sabato 11 agosto 2018

Tra arte antica e colori "moderni", l'abito "buono" della bellezza. (parte seconda)


Tornando a quanto accennato nella parte prima, Rimini ci offre molteplici possibilità di incontrare la grande arte antica.

L’arco di Augusto, il più antico arco romano giunto fino a noi (27 ac), punto d’arrivo della via Flaminia ed inizio della Via Emilia.

Dall’altro capo del centro storico troviamo il Ponte di Tiberio (seconda decade Dopo Cristo) da qui si diramavano la già citata Via Emilia, che attraversando la Pianura Padana si dirigeva a Piacenza, e la Via Pompilia - Annia direzione Acquileia.

Grandi opere architettoniche e monumenti di estrema grandezza appaiono attraversando il centro storico, dal Tempio Malatestiano dell’architetto Leon Battista Alberti (1503 circa) al Teatro Galli di L. Poletti.

Magnifica pittura con i più grandi maestri, Giotto suo il crocifisso collocato alle spalle  dell’altare maggiore del Tempio Malatestiano (nella foto a destra) e Piero della Francesca con l’affresco che illustra Sigismondo Malatesta inginocchiato.

Non mancano i reperti archeologici che ci mostrano l’esito degli scavi che hanno portato alla luce una dimora di epoca romana (II secolo) casa che sembra appartenuta ad un medico, da qui il nome “Domus del chirurgo”.

Un infinito mondo artistico, una seria di meraviglie in un luogo famoso per tutt’altro.



Arco di Augusto (foto web)
Tempio Malatestiano (foto web)
Ponte di Tiberio (foto privata)

Fontana della Pigna (foto privata)
Teatro Galli (foto privata)
Piero della Francesca 
Sigismondo Pandolfo Malatesta in preghiera davanti a San Sigismondo, 1451
 Affresco 257x345 cm
(foto web) 

Tra arte antica e colori "moderni", l'abito "buono" della bellezza. (parte prima)


Le città d’arte, le mete culturali per antonomasia.

Il limite di questi capolavori urbanistici e catalizzatori dell’arte in tutte le sue manifestazioni è l’invasione estiva, non tanto dei turisti (senza di loro non avrebbero senso) ma del caldo che nella bella stagione diventa padrone assoluto (in quanto tale poco gradito).

Poi capita di passare per Rimini che non è certo nota per l’arte.

Al netto delle spiagge e della "movida" la città romagnola mostra un numero infinito di tesori artistici, architettonici, storici ed archeologici.

Dall’Arco di Augusto al ponte di Tiberio costruiti attorno all’anno zero, alla “Domus” di epoca romana (II secolo).

Si possono ammirare opere architettoniche di rara bellezza, tra le altre spicca il Tempio Malatestiano (completato nel 1503) opera dell’architetto  genovese Leon battista Alberti.

La pittura è ben rappresentata, si possono “incontrare” opere di grandi maestri che hanno fatto la storia dell’arte, da Giotto a Piero della Francesca, non mancano opere di pregevole fattura di artisti meno conosciuti ma di grande spessore.
(di questo ne parlerò nella seconda parte)

Usciti dal percorso della grande arte antica ci si dirige verso Borgo San Giuliano, noto per aver dato i natali a Federico Fellini.

La sorpresa è piacevolmente grande, tra le strette viuzze del borgo veniamo avvolti da decine di “murales” che incoronano  le coloratissime abitazioni, molti di questi dipinti riportano il visitatore nel mondo “cinematografico” del famoso regista, altri descrivono il puro paesaggio fino ad alcune rappresentazioni più astratte.

Grande arte, storia, poesia ed immersione cromatica, la bellezza si mostra indossando il suo abito migliore.

Le immagini si riferiscono ai “murales” di Borgo san Giuliano.
Foto private

















mercoledì 8 agosto 2018

Il colore e l'intervento del tempo.



La profonda ricerca del “senso” di un’opera d’arte mi ha portato ad una considerazione che ritengo fondamentale.


L’interpretazione, la lettura di un dipinto, un’analisi più o meno approfondita, si fanno con ciò che abbiamo davanti, con quello che vediamo in un preciso momento storico.

Questo significa che la “decodificazione” personale di un’idea altrui vale per ciò che osserviamo, tutto, o in parte, viene annullato da un particolare che tendiamo a sottovalutare: il tempo e l’intervento di quest’ultimo sui materiali.

Senza un adeguato “studio”, senza una conoscenza approfondita dell’invecchiamento del colore corriamo il rischio di “leggere” ciò che non è mai stato scritto.

Nell'immagine: 
Raffaello Sanzio 
Piccola Madonna Cowper, 1504-05. 
Olio su tavola cm 59 x 44. 
National Gallery of Art, Washington

sabato 4 agosto 2018

Ricordi di un passato poetico, Enrico Ruggeri.


Nel 2001 Enrico Ruggeri pubblica un doppio album live “La vie en rouge”, si tratta di una  raccolta dei suoi più grandi successi.
Il doppio album, interamente arrangiato in chiave folk, è naturalmente registrato dal vivo, tutte le canzoni tranne una.
L’unica traccia “in studio” è quella che da il nome all’intera raccolta “La vie en rouge” appunto.
Il pezzo riassume i ricordi d’infanzia dello stesso cantante che mette in musica una ballata estremamente poetica che raggiunge ed emoziona chi ha l’età per immergersi in questi ricordi facendoli propri.
Il ricordo, che il tempo rende più dolce e live, di un periodo dove dal nulla o dal poco si estraevano sensazioni infinite.
Toccanti le descrizioni delle madri “tutte uguali nei foulard e nei paltò”  dove tutti si sentivano uguali o quantomeno affini, o “lo stadio inventato dentro al cortile”, dove un posto qualsiasi si poteva trasformare nel luogo magico e fantastico che ognuno desiderava.
Lasciarsi trasportare dalle parole e dalla melodia in un passato addolcito dallo scorrere del tempo.





La vie en rouge
Lungo il viale così lontano
la mano piccola nella grande mano,
e chi dei due guidava l’altro io non so dirtelo.
C’era sempre un po’ di nebbia
nel parco giochi con la sabbia.
La gente in bianco e nero
e le madri tutte uguali nei foulard e nei paltò.
Ma io sono ancora come allora,
vivo e sogno come allora;
come allora sono qui.
Lo stadio inventato dentro al cortile
con una pallida lama di sole
e quella voce dalla finestra “E’ pronto in tavola”.
Il treno che andava incontro al mare
e le mie scarpe da riparare.
Le macchine a pedale,
tre canzoni, cento lire dentro ai bar.
E tacabanda.

Ma io sono ancora come allora,
vivo e sogno come allora;
come allora sono qui.


Adesso dove siete finiti?
Dove vi siete smaterializzati?
I vostri libri  e i vostri ritratti li tengo ancora qui.
E passo ancora per gli stessi posti
e riconosco dentro ai gesti
i bambini di una volta,
diventati tutti grandi tranne me, 
insieme a me.
Tacabanda!

Ma io sono ancora come allora,
vivo e sogno come allora;
come allora sono qui.