venerdì 30 giugno 2023

Pezzi unici o fruizione "popolare"? [ Pensieri in libertà ]

Big Bench, ovvero le ormai famosissime “panchine giganti”.

Creata da Chris Bangle inizialmente presentata come opera d’arte ora viene definita oggetto di design, ma la moltiplicazione dei “pezzi” (siamo a quasi 240 esemplari distribuiti in varie valli italiane) ne sta svalutando l’aspetto artistico.



E’ innegabile l’apprezzamento del grande pubblico affascinato dal “fuori scala” e dai favolosi panorami che ci si presentano quando ci sediamo sentendoci un po’ bambini.

All’inizio si è cercata una possibile “singolarità” dividendo le panchine per colore ma il moltiplicarsi delle stesse ha inevitabilmente moltiplicato anche l’aspetto cromatico annullando anche questa possibilità del “pezzo unico”( idea comunque non originalissima considerato che panchine giganti anche se di altra forma ce ne sono già in tutto il mondo).

La domanda che mi pongo (perché devo sempre pormi delle domande) è: ha più valore l’opera d’arte unica e di conseguenza meno fruibile o la crescente distribuzione di queste installazioni permanenti che permettono a tutti di goderne azzerando il lato artistico a favore di un utilizzo più ludico?

Ammetto che concettualmente avrei preferito il pezzo unico ma forse sarebbe stata un’azione più elitaria anche se sicuramente più incisiva nel tempo.

domenica 25 giugno 2023

La sfida all'arte, Jean-Michel Basquiat

Basquiat realizza quest’opera all’età di 22 anni dopo un viaggio in Italia dove, a Modena, la Galleria Mazzoli gli dedica la prima personale nel belpaese.

In quel viaggio incontra il Rinascimento italiano e ne rimane affascinato, tutto ciò che ha lasciato la famiglia Medici lo coinvolge emotivamente tanto da creare una personale visione proiettata al contemporaneo.

Jean Michel Basquiat – Versus Medici, 1982 – Acrilico, pastelli a olio e collage su tela, cm 214 x 137,9 – Collezione privata


L’influenza rinascimentale si nota già dal titolo ma non solo, la struttura del quadro è un altro indizio, il dipinto richiama i trittici del tempo, le pale d’altare che erano una costante i quegli anni, infatti si tratta di tre tele unite a formare una composizione che ricorda lo stile del periodo mediceo.

Ma il fascino artistico del Rinascimento lo porta ad una presa di posizione, i Medici sono parte di un sistema che gli ricorda quello in atto a New York negli anni ottanta, un sistema elitario fondato sul mecenatismo del passato e prigioniero del mercato dei nostri giorni.

“Versus Medici” è in pratica un autoritratto, Basquiat si autocelebra come l’eroe che combatte il sistema cercando di liberare il mondo dell’arte da steccati ideologici e da un costante razzismo, più o meno strisciante.

Non mancano i riferimenti ai disegni di anatomia di Leonardo da Vinci, disegni che compariranno ripetutamente nelle opere realizzate negli anni successivi.

Basquiat come l’eroe invincibile ma anche nelle vesti di qualcosa di più “elevato”, in alto a destra vediamo la scritta Aopkehsks che in greco potrebbe, cosa dedotta e condivisa da molti storici dell’arte, portare ad Amenhotep, faraone egiziano considerato alla pari di una divinità, il pittore newyorkese dunque sale fino alla concezione divina di sé stesso, un’entità superiore che vendica gli ostracismi del mondo dell’arte.

Ultima curiosità, che di artistico ha poco o nulla, nel maggio del 2021 l’opera è stata venduta da Sotheby’s per la ragguardevole cifra di 50,8 milioni di dollari.


martedì 20 giugno 2023

Il pioniere dell'arte del "vinile", Alex Steinweiss

Alla fine dell’ottocento nascono i primi “dischi” in gommalacca, quelli che verranno ricordati come i “78 giri”, solo nel 1948 arrivano i celebri “33 giri” supporti in vinile che entrano di diritto nella storia della musica collocandosi tra le “invenzioni” più importanti.



Gli LP sono tutt’ora al centro dell’attenzione di appassionati e collezionisti, dopo una flessione nel periodo a cavallo tra il 900 ed il secolo attuale con l’arrivo e la veloce dipartita, del CD.

A rendere i “vinili” affascinanti al di là della musica che contengono sono le copertine che spesso sono più celebri dei brani stessi.

Ma quelle che sono delle autentiche opere d’arte non sono nate con l’avvento dei dischi, fino al 1940 le copertine erano dei semplici involucri di cartone monocolore (prevalentemente marroni, colore naturale del cartone) con un foro al centro che permetteva di leggere il nome del brano e del suo autore.

Insomma, niente di particolarmente attraente, semplici confezioni protettive.

Nel 1939 Alex Steinweiss, un grafico impiegato alla Columbia Records, decide di sottoporre ai propri superiori l’idea di dare un volto alle anonime confezioni che contenevano i dischi.

All’inizio la proposta di Steinweiss non venne accolta, la casa discografica non intendeva spendere ulteriore denaro per la stampa, lo ritenevano un inutile spreco di risorse.

Ma il nostro Alex non demorde e convince i suoi superiori della bontà dell’idea, la Columbia Records si prende il rischio e pubblica una raccolta di brani scritti da Lorenz Hart e musicati dal pianista Richard Rodgers dal titolo “Smash song hits by Richard & Hart”, siamo nel 1940.

La copertina, realizzata dallo stesso Steinweiss è un successo, le vendite aumentano a dismisura ed il secondo tentativo, una riedizione della celeberrima “Eroica” di Beethoven, conferma che è la strada giusta, le vendite raggiungono un aumento superiore al 900%.

Solo grazie all’insistenza di un giovane grafico (23 anni) ha avuto inizio uno dei fenomeni più incredibili e longevi del XX secolo e che tutt’ora gode di ottima salute.

Alex Steinweiss realizzò in seguito più di 2500 copertine lasciando un’indelebile impronta nell’evoluzione culturale delle generazioni che si sono susseguite.

Le icone immortali realizzate da celebri artisti devono tutto a questo giovane, geniale e ostinato, che con la sua idea visionaria a dato vita ad un universo artistico senza confini.

giovedì 15 giugno 2023

[aforismi cinematografici] India, la grandezza di un "continente" affascinante e complesso.

“ … le vecchie abitudini muoiono prima di quanto pensiamo, rapidamente vengono sostituite da nuove […] tra poco potrei addirittura abituarmi al frastuono dei clacson e dei venditori ambulanti.

Esiste un altro posto al mondo che riesca a stravolgerti i sensi più dell’India? 

Chi conosce il paese fa le sue cose tranquillamente, ma niente può preparare il profano a questo assalto di rumori e colori, al caldo, al movimento, al perpetuo movimento della folla.

All’inizio ne sei sopraffatto ma a poco a poco ti rendi conto che è come un’onda, se le opponi resistenza ti rovescerà, ma se ti butti dentro riemergerai facilmente dall’altra parte.

(da: Marigold Hotel)


A seguire alcuni scatti che Steve McCurry ha dedicato all'universo indiano









 









sabato 10 giugno 2023

L'ultimo (sconosciuto) simbolista. Gustav Mossa

 

Gustav Adolf Mossa - Elle, 1905 - Olio e doratura su tela, cm 80 x 63 - Musée des Beaux-Arts, Nizza


La donna rappresentata come sintesi della bellezza, la figura sinuosa e seducente, il candore dell’incarnato … ma questa “visione” finisce qui, il resto del dipinto ci racconta tutt’altro.

Una bellezza letale che non lascia scampo, sono molteplici i particolari che ci conducono su questo sentiero, già lo sguardo lascia trapelare quelle che sono le mire della fanciulla, al collo una collana adornata da un coltello, una capsula contenente veleno e una pistola, la chioma funge da nido per tre teschi con a guardia due corvi, la scritta in latino non ammette repliche: “hoc volo, sic Jubeo sit pro ratione voluntas"(quello che voglio, lo ordino, la mia volontà è una ragione sufficiente).

La donna inoltre è seduta su una montagna di cadaveri, il maschio che cade tra le sue grinfie non ha scampo, i tentativi, senza esito positivo, di sfuggire alla triste sorte sono impressi sulle gambe e sulle mani della femmina demoniaca, impronte sanguinanti che raccontano l’epilogo della lotta.

Tra i vari simboli che Mossa inserisce nel quadro spicca per importanza il gatto nero accucciato in grembo, inutile affermare che l’emblema della stregoneria non poteva mancare a sottolineare la genesi malvagia della donna.

Il pittore francese realizza quest’opera, e molte altre con lo stesso soggetto, quando aveva poco più di vent’anni, dal 1911, grazie alla scoperta dell’arte fiamminga, abbandona il simbolismo lasciandosi alle spalle un periodo artistico, complesso ma affascinante.

Non ci sono molte informazioni su quali fossero, e se ci fossero, i “problemi” con il gentil sesso, sicuramente la visione che emerge da questo dipinto mostra le conseguenze di un “dialogo” difficile, evidenziato dai molteplici matrimoni.

Come detto non ci sono molte notizie sulla vita artistica e privata di Mossa, conosciuto più come illustratore, drammaturgo e saggista che come pittore, ha realizzato le sue opere tra il 1900 e il 1918, dopo di che si è dedicato alla “cura” del museo di Belle Arti di Nizza, incarico che fu di suo padre, è proprio la pinacoteca di questo museo ad ospitare la maggior parte dei suoi dipinti, opere ignorate totalmente fino al 1971, anno della morte dell’artista.

Una breve ma intensa parentesi (1901-1911) che ne fa l’ultimo grande simbolista, il meno celebrato ma non per questo il meno importante, peccato che ci siano voluti più di sessant’anni perché il mondo ne venisse a conoscenza.

lunedì 5 giugno 2023

Le amministrazioni locali e la cultura, storie di (rare) eccellenze.

Nel mare dell’incompetenza, della burocrazia che immobilizza, dell'incultura, che soffocano il nostro paese, emergono, nonostante tutto e tutti, realtà che sanno andare oltre le solite “pessime abitudini”.

Antonio Mancini - Florence Phillips, 1909 
(Florence Phillips è la fondatrice della Johannesburg Art Gallery)

L'arte e il lago d’Iseo si erano già incontrati nel 2016, in quell’estate incredibile dove Christo e Jean-Claude hanno dato vita al celebre “Floatin piers”, in zona meglio conosciuta come “la passerella”.

A distanza di sette anni le acque del Sebino tornano a lambire la grande arte, non si tratta di una gigantesca installazione ma di una mostra dove si racconta, grazie ad una sessantina di opere, il percorso che l’arte ha effettuato dalla metà dell’ottocento fino agli anni sessanta del secolo successivo.

Da Monet a Warhol”, questo è il titolo della rassegna, propone dipinti, disegni, litografie, provenienti dalla “Johannesburg Art Gallery”, dal 19 maggio al 3 settembre (parlando con i responsabili è emerso che c’è l’intenzione di prorogarla almeno fino a fine settembre) si possono ammirare opere realizzate dai più grandi artisti occidentali e con una parte dedicata ai pittori sudafricani.

Qualcuno potrebbe ribattere che questo tipo di mostre si trovano spesso nelle grandi città italiane, quotidianamente in infatti possiamo visitare esposizioni di questo livello a Milano. Roma, Firenze, Venezia, Napoli, Genova ecc. ma appunto si tratta di grandi città, in questo caso però non si tratta di città grandi medie, o anche piccoli capoluoghi di provincia, stiamo parlando di Sarnico, un comune con poco più di seimila abitanti, una piccola realtà che ha investito moltissimo nell’arte e che in questi giorni raggiunge un obbiettivo che sembrava solo una chimera.

Nelle sale della “Pinacoteca Gianni Bellini” possiamo incontrare artisti che hanno scritto la storia dell’arte, da Turner a Courbet, Monet, Degas, Boudin, Fantin-Latour, Sisley, Surat, Cezanne, Van Gogh, Modigliani, Rodin, Millais, Rossetti, Picasso, Alma Tadema, solo per citarne alcuni.

Naturalmente l’eco di questo evento non è paragonabile a quello del 2016 ma ciò non significa che sia meno importante anzi, un viaggio che inizia negli anni della più clamorosa rottura artistica e si protrae fino all’arte Pop, movimento che ha dato vita ad una lunghissima scia che arriva ai giorni nostri.

Questo evento dimostra che se ci sono la volontà, la competenza e il desiderio di andare fino in fondo, a costo di scontrarsi con chi non è d’accordo (purtroppo c’è sempre qualcuno che alza il muro davanti alla cultura) si possono raggiungere traguardi che si credevano utopici.

A seguire alcune opere, in ordine sparso, presenti alla mostra.


Dante Gabriel Rossetti-Regina Cordium-1860

Eugene Louis Boudin-Il porto di Trouville -1893

Joseph Mallord William Turner - Hammerstein sotto Andernach, 1817

Paul Signac - Barche a Locmalo, 1922

Selby Mvusi - Measure of the city, 1962

William Kentridge - Soho in una stanza allagata, 1999

Alfred Sisley - Sulla riva del fiume a Veneux, 1881

Claude Monet -Primavera, 1875

Pablo Picasso - Testa di Arlecchino II, 1971