sabato 25 maggio 2019

Old and Wise, Alan Parson Project


Fin dove i miei occhi possono vedere
Ci sono ombre che si avvicinano e per quelle che mi sono lasciato alle spalle vorrei farti sapere che hai sempre condiviso i miei pensieri più profondi, mi segui ovunque vado.
E quando sarò vecchio e saggio le amare parole significheranno poco per me, i venti d’autunno mi passeranno attraverso e, qualche giorno nella nebbia del tempo, quando mi chiederanno se ti conoscevo sorriderò e dirò che eri mio amico.
E la tristezza sparirà dai miei occhi.
Quando sarò vecchio e saggio
Fino a dove i miei occhi possono vedere
Ci sono ombre che mi circondano e per quelle che mi lascio alle spalle voglio che tutti sappiano che tu hai sempre condiviso con me i momenti più bui, mi mancherai quando me ne andrò.
E quando sarò vecchio e saggio parole pesanti che mi hanno scosso e spinto come i venti d’autunno mi passeranno attraverso e, qualche giorno nella nebbia del tempo, quando ti chiederanno se mi conoscevi ricordati che tu eri mio amico.
Fino a quando l’ultimo velo calerà sui miei occhi.
Quando sarò vecchio e saggio
Fino a dove i miei occhi possono vedere.



Poesia, intensa poesia.

Il singolo del gruppo britannico Alan Parson Project viene pubblicato nel 1982, è un estratto dall’album Eye in the sky. La voce che accompagna la malinconica melodia è del cantante degli Zombies Colin Blunstone.

Testo intenso ed enigmatico, come si deve ad un’autentica opera d’arte lascia spazio a molteplici sfumature interpretative, infatti è difficile comprendere fino in fondo quali siano le “strade” dell’anima percorse da questo brano.

Il testo o la traduzione non si prestano facilmente ad un’organizzazione “in versi”, parte dello stesso sembrerebbe vertere ad una stesura in prosa.
Parole che raccontano di un testamento proiettato in un futuro (prossimo o meno poco importa ed è lasciato alla sensibilità e allo stato d’animo dell’ascoltatore) dove si farà un bilancio sentimentale e spirituale.

A chi è dedicato questo brano?
Ad una persona speciale, un amore, un amico (o amica, le traduzioni lasciano aperte entrambe le porte) ad un figlio/a, fino alla propria anima, quest’ultima è un’interpretazione più difficile da inserire anche se più affascinante.

Molti i passaggi di grande emozione, le “ombre che si avvicinano e quelle che mi sono lasciato alle spalle” esprimono i momenti difficili che la vita ci impone, ma “quando sarò vecchio e saggio le amare parole significheranno poco per me, i venti d’autunno mi passeranno attraverso” esprime il senso di pace e serenità che inevitabilmente il tempo ci concede.

Prima di lasciarvi al brano dove la musica ci conduce in luoghi remoti, malinconici e fondamentalmente pregni di magia, ci sono due passaggi che anche estrapolati dal testo esprimono l’essenza della vita stessa :
“E la tristezza sparirà dai miei occhi
Quando sarò vecchio e saggio
Fino a quando l’ultimo velo calerà sui miei occhi”

(le foto sono di Camilla Roggeri. in alto "Lo sguardo del tempo", in basso "L'infinito")


lunedì 20 maggio 2019

Metafora di una visione celeste, Fredric Leighton.


Autore:   Fredric Leighton
(Nantes, 1883 – Paris, 1956)

Titolo dell’opera: Perseo e Andromeda - 1891

Tecnica: Olio su tela

Dimensioni: 235 cm x 129 cm

Ubicazione attuale:  Walker Art Gallery, Liverpool






Simbolico, mistico, questo dipinto è la messa in scena della narrazione di Ovidio nelle note Metamorfosi ma l’opera vuole spingersi più in la, va alla ricerca di una dimensione spirituale che innegabilmente ci porta a confrontarla con E il mare restituì i morti che custodiva, il suo lavoro più strettamente religioso che raffigurava l’istante in cui le anime tornano in vita per sottoporsi al Giudizio Finale.

Perseo appare in alto circondato da un alone di luce, normalmente l’eroe mitologico non viene rappresentato in questo modo il che spinge ad un parallelo con la presenza celeste che richiama i morti alla vita.

Andromeda è incatenata, viene sacrificata ad un mostro marino pronto a farla sua, solo l’intervento di Perseo può scongiurare ciò che sta per accadere.

La creatura cerca di impedire che l’eroe possa riprendersi la giovane e fa scudo con le possenti ali, dalla bocca scaturisce una fiamma che dal basso si leva verso il cielo più che in direzione di Perseo, l’influenza dell’Inferno di Dante appare tutt’altro che remota.

I capelli di Adromeda sembrano fiamme di intensità addirittura superiore a quelle reali del mostro, la chioma scende verso l’acqua mescolandosi con la roccia a cui è legata, è proprio questo particolare che rende affascinante  il dipinto, i “focosi” capelli della giovane donna fanno da contraltare alla viscida e cupa coda del mostro.

Anche le minacciose acque che scorrono in basso a sinistra prendono forma sotto l’influenza della Commedia dantesca, lo stesso Leighton, ispirato alle coste irlandesi definisce l’impeto del mare “dantesco”.

Nonostante la donna venga schermata dalle possenti ali del drago le vesti irradiano un’intensa luce, il che la mette in stretta relazione con il proprio salvatore ma soprattutto crea un contatto tra l’anima della rappresentazione di Andromeda e l’essenza divina riflessa da Perseo.

domenica 12 maggio 2019

La ricerca di un nuovo "mondo".


Da sempre l’umanità ha dovuto convivere con due ossessioni, il sesso e la morte.
L’arte non ne poteva certo esserne esclusa anzi, è lo specchio che riflette, forse in modo solo parzialmente fedele, i concetti di chi l’ha crea e di chi ne “utilizza” la “visione”.

L’arte si è sempre incaricata di dare voce alle ossessioni, per celebrare il potere del sesso (fine o mezzo) e per esorcizzare la morte.

Il XXI secolo ha dato vita ad un oscurantismo culturale senza precedenti (proporzionando le opportunità del proprio tempo).

Se mettiamo a confronto i primi due decenni del novecento con gli ultimi vent’anni ci rendiamo conto dell’immobilismo dell’arte contemporanea (non dimentichiamo inoltre che la spinta culturale e artistica dei primi anni del secolo scorso è stata bruscamente interrotta nel 1914 dalla follia della prima guerra mondiale).

La nuova frontiera dell’arte dunque è quella di affrontare l’utopico annientamento delle ossessioni sopracitate, è chiaro che sono impossibili da cancellare ma l’arte deve quantomeno indagare andando oltre.

Difficile che questo possa accadere a breve, il sistema “arte” è soffocato da un mercato asfittico che si autoalimenta del nulla che produce, non si crea arte ma merce vendibile.

L’utopia di una visione più elevata può diventare realtà solo se sarà il concetto artistico a dare il via, in ogni epoca infatti l’arte è stata il traino a qualsiasi trasformazione culturale, là dove l’arte è debole la struttura sociale non può che regredire.

(Nel'immagine: Sam Francis - Untitle)

sabato 4 maggio 2019

Introspezione, il viaggio, la fuga e il ritorno alle origini, Shaun Gladwell


Due automobili identiche percorrono la stessa strada, a sinistra in una giornata soleggiata, a destra l’auto si dirige verso un’imminente tempesta dove il cielo carico di nubi minacciose si fonde con la polvere che si alza dalla strada.


Interceptor Surf Sequence è l’opera dell’artista australiano Shaun Gladwell, che ci spinge ad un’introspezione per mezzo di due fondamenti della vita quotidiana, il viaggio (reale o metaforico) e la lentezza che si afferma come l’ideale contrario della frenesia del XXI secolo.

Gladwell, videoartist, fotografo e performer fonda il suo pensiero sulle tematiche della pittura, da Turner e Friedrich fino a Nolan, i tre artisti, diversi fra loro per origini e contesti temporali, convergono nell’idea dell’uomo messo di fronte alla natura.

L’auto, una replica della celeberrima V8 guidata da Mad Max nel film Interceptor, viaggia verso l’orizzonte, ad un certo punto una figura emerge dal veicolo e si erge al di sopra di esso come un surfista che cavalca le onde.

Tutto si svolge con estrema lentezza dandoci modo di riflettere su ciò che potrebbe, o non potrebbe accadere.

La prima sequenza dura più a lungo, la seconda viene “inghiottita” dalle nubi tempestose che vedono l’auto penetrarle e, forse, superarle.

In entrambi i casi il pilota emerge dall’auto per poi tornare all’interno, come una tartaruga che sporge dal carapace, prende coscienza di ciò che la circonda per poi tornare alle origini.