mercoledì 15 maggio 2024

L'inizio del mito

La Tour Eiffel, simbolo riconosciuto di Parigi e della Francia, quante volte è stata ritratta dal giorno della sua realizzazione?

Georges Surat – Tour Eiffel, 1889, olio su tela cm 24 x 15,2 – The Fine Arts Museum, San Francisco


La ovvia risposta ci dice che è impossibile quantificare i dipinti che l’hanno immortalata, chiediamoci allora chi lo ha fatto per primo.

Il celebre monumento è stato inaugurato il 31 marzo del 1889, quest’opera di Georges Surat è dello stesso anno, il dipinto però sembra non essere compiuto, a ben guardare il quadro è finito ma la torre no, manca ancora la parte finale, in linea di massima un quinto dell’intera costruzione, il pittore dunque ne ha fatto un ritratto prima del completamento, alcuni studi sostengono che la tela sia stata realizzata nel gennaio dello stesso anno (la data del dipinto non permette di andare ulteriormente a ritroso nel tempo).

Verosimilmente Surat è stato il primo in assoluto a dare vita ad una riproduzione della torre.

Ad avvalorare questa ipotesi vi è il fatto che quasi a nessuno piacque la costruzione, addirittura più di trecento intellettuali dell’epoca si schierarono ufficialmente contro tale monumento, anche gli artisti contemporanei non ne erano entusiasti, in pratica chi non la osteggiava si limitava ad ignorarla.

Non era però il caso di Surat che era attratto dalla crescente “visione” industriale, le fabbriche e i sobborghi che nascevano attorno ad esse furono il soggetto di molti dipinti del pittore parigino.

L’artista non si limita a rappresentare il grande monumento in modo realistico, lo dipinge vestito a festa, utilizzando la tecnica che lo ha reso immortale ne traccia un profilo gioioso, come se un’infinità di coriandoli annunciassero un nuovo modo di pensare, un lettura del suo contemporaneo che si fa meno cupa e più speranzosa, una boccata d’ossigeno in vista di un esaltante futuro.

venerdì 10 maggio 2024

Anche gli incapaci possono scrivere la storia

Louis Leroy, giornalista di punta del quotidiano satirico “Le Charivari” (che tra gli altri vedeva anche Félix Tournachon, noto come Nadar, tra i suoi caricaturisti) ha il privilegio di scrivere la storia dell’arte grazie alla propria incompetenza e all’arroganza tipica di chi pensa, a torto, di essere al di sopra di tutto e di tutti.

Camille Pissarro – Geléee Blanche, 1873 – Olio su tela cm 65 x 93 – Museo d’Orsay, Parigi  


Nel 1874, per la precisione dal 15 aprile al 15 maggio, a Parigi va in “scena” la mostra della “Società anonima di pittori scultori e incisori”, la rassegna artistica si tiene proprio nello studio del fotografo Nadar, collega di Leroy.

La recensione del critico de “La Charivari” è diretta e senza fronzoli, davanti al dipinto di Claude Monet “Impression solei levant”, si lascia andare a dichiarazioni che passeranno alla storia, “…Impressione, ne ero proprio certo, mi stavo dicendo che nel momento che ero impressionato doveva esserci una certa impressione in esso […] che libertà e che facilità di lavorazione, un disegno preliminare per un modello di carta da parati è più rifinito di questo paesaggio marino”.

Naturalmente la sua ampia visione non si ferma all’opera di Monet, riferendosi a tutto il resto afferma: “Questi sedicenti artisti si definiscono degli intransigenti, degli impressionisti. Prendono delle tele, del colore e dei pennelli, buttano giù a caso qualche tono e firmano il tutto …”.

Partendo dall’impressione del titolo del quadro di Monet e utilizzando il termine stesso in modo dispregiativo, Leroy, suo malgrado da il nome ad uno dei più importanti movimenti artistici, gli Impressionisti.

A volte non serve essere seri e competenti, non è necessario saper fare il proprio lavoro e nemmeno avere una mente aperta e una visione ancor più ampia, con un po' di fortuna si può passare alla storia per la propria stupidità o anche solo per il fatto che si voglia dire qualcosa pur non avendone le capacità.

Questo esempio, e ce ne sono moltissimi altri, è servito a rendere più cauti gli stroncatori contemporanei? Naturalmente la risposta è no, altrimenti non dovremmo assistere alle innumerevoli prediche di chi volge il proprio sguardo solo al passato.

lunedì 6 maggio 2024

E se fosse ora di passare oltre (l'immobilismo dei cultori dell'accademia)?

“Elle a chaud au cul” foneticamente è questo il risultato di “L.H.O.O.Q.” il titolo del ready-made conosciuto come la “Gioconda con i baffi”.

La traduzione letterale dal francese dice: “Lei ha caldo al culo” che può essere rimodulato in: “Lei si concede facilmente”.

Un continuo gioco di parole che conduce al pensiero primario dell’artista francese, sganciarsi dal conformismo imperante, seguire una via nuova, e cosa c’è di più conformista (artisticamente) della Gioconda di Leonardo?

L’opera in questione (Duchamp ne ha realizzate varie copie) è semplicemente una riproduzione fotografica della “Monna Lisa” esposta al Louvre con la sola aggiunta di un vistoso paio di baffi e un pizzetto, l’obbiettivo di Duchamp era quello di mettere in luce l’opera più celebre e “dare scandalo” stravolgendone il senso, lo stesso artista dichiarò: “Ho cercato di rendere quei baffi veramente artistici”.

Ma, come saprà chiunque conosca, anche superficialmente, Duchamp, servono dei particolari ragionamenti per entrare nel concetto espresso dalle sue opere, troppo facile estremizzare visivamente l’essere disponibile della Gioconda, sfruttata fino a farle perdere ogni parvenza artistica fino a renderla una sterile attrazione turistica, serviva un particolare percorso per arrivare alla meta, se fosse stato immediato si sarebbe rivelato a sua volta conformistico.

La moda (fuori moda) di ritoccare la Gioconda è, aimè, in grande spolvero, ma al contrario di quello che fece Duchamp è tutto esplicito, si comprende al primo sguardo, dalla Monna Lisa con il telefonino a quella con la mascherina (le vicende degli ultimi anni non hanno certo sviluppato la fantasia) la Gioconda rocker, quella vampiro ecc. tutto banalmente trito e ritrito.

Duchamp, è sempre bene ricordare che siamo nel 1919, da una scossa ulteriore al conservatorismo dell’epoca, legato ad un accademismo stagnate  che non vuole accettare che il tempo scorre e che vi è una impellente necessità di cambiamento.

La “Gioconda con i baffi” non ha lo stesso impatto mediatico di “Fontain” ma trasmette il medesimo messaggio, probabilmente perché il primo è rimasto un unicum nel panorama artistico mentre la seconda si è via via inflazionata a causa delle continue ripetizioni. Il fatto che il grande pubblico gradisca ancora queste rivisitazioni conferma che, come più di un secolo fa, c’è un impellente bisogno di cambiamento.