martedì 30 maggio 2023

[aforismi musicali] Le linee della vita

"… la linea orizzontale ci spinge verso la materia, quella verticale verso lo spirito ..."


(Inneres auge – F. Battiato)


Piet Mondrian - Composition No. III (with Red, Blue, Yellow, and Black) (1929) – olio su tela cm 50 x 50,2 – Collezione privata


Questa frase è l’essenza Inneres auge, brano che Battiato pubblica nel 2009 inserito nell’album “Inneres auge – Il tutto è più della somma delle due parti”.

L’occhio interiore, l’assoluto invisibile che va oltre la somma del tutto tangibile.

Ottant’anni prima Piet Mondrian realizza Composition No. III, lo stesso pensiero da vita ad un dipinto e, quasi un secolo dopo, ad una canzone, a dimostrazione che determinate ricerche, certi percorsi, non nascono per caso e senza un preventivo viaggio interiore alla ricerca di qualcosa di più elevato.

Il pittore olandese, che riteneva blasfema ogni diagonale, riteneva che l'assoluto era composto da linee vorticali e orizzontali, l'azzardato accostamento che faccio tra Mondrian e Battiato è una mia personale visione ma è innegabile che il fine sia lo stesso.


giovedì 25 maggio 2023

Ma non lo abbiamo ancora capito.

“Mi hanno rimproverato abbastanza! Eppure, puoi riempirmi la pipa? No perché è solo una rappresentazione. Se sotto il mio quadro avessi scritto “Questa è una pipa” avrei mentito”.

In sintesi bastano queste parole di René Magritte per fare luce su uno dei dipinti più illuminanti del novecento.

René Magritte  - Il tradimento delle immagini, 1928-29 - Olio su tela cm 63,5 x 93,9 - Los Angeles Country Museum of Art (LACMA) 


Certo oggi il concetto dell’artista belga è assimilato ma non si può certo dire lo stesso per le reazioni di quasi un secolo fa, questa dunque non poteva non essere una pipa in quanto era ciò che si vedeva.

L’opera, erroneamente conosciuta con il titolo “Questa non è una pipa” svela il suo intento con il titolo reale, quello dato dal suo autore, è proprio in quel “Il tradimento delle immagini” che si snoda la narrazione dell’idea dell’opera, l’immagine è solo una rappresentazione della realtà, non la realtà stessa.

La fotografia, in continua evoluzione in quegli anni,  aveva la pretesa, e ce l’ha tutt’ora, di mostrare ciò che è reale (per l’esattezza questa pretesa è più dei media di informazione in quanto i fotografi sostengono esattamente il contrario) Magritte ci dice il contrario, fa una netta distinzione tra l’oggetto e la sua rappresentazione (frase che risulta inflazionata dalle parodie della critica d’arte ma che è il fondamento dell’arte stessa).

Quante volte davanti ad un dipinto di un paesaggio o di una qualsiasi rappresentazione realistica tendiamo a concepirli come qualcosa di tangibile anziché una rappresentazione degli stessi?

Con questa semplice tela Magritte chiarisce un fatto che con una semplice riflessione è chiarissimo, la realtà è diversa dalla sua rappresentazione.

Il dipinto senza il titolo e, soprattutto, senza la scritta in basso, non è certo memorabile, è dipinta una pipa, cosa che qualsiasi buon pittore è in grado di fare, se però lo prendiamo nel suo insieme, nella sua completezza, tutto cambia, uno dei capolavori del pittore belga sta proprio in quelle parole e in ciò che rappresentano.

sabato 20 maggio 2023

L'antica arte di guardare al futuro, John Constable

John Constable – Studio di cirri e nuvole, 1882 - Olio su carta – Victoria and Albert Museum, Londra


A cavallo tra il secondo e il terzo decennio del diciannovesimo  secolo John Constable da vita alla celebre serie che ha come principali, e unici, protagonisti il cielo e le formazioni nuvolose che lo attraversano.

Studi, bozzetti, opere accennate e opere complete, tutto dedicato alle nubi.

In questo Studio di cirri e nuvole il pittore inglese ci propone una visione incredibilmente “moderna”, rappresenta il cielo nuvoloso come nessuno lo aveva fatto fino ad allora.

Oltre alla rappresentazione di un soggetto alquanto banale che veniva rappresentato solo sottoforma di sfondo, di cornice, tutt’altro che marginale ma che lasciava spazio ad altri soggetti, spicca il fatto che per cogliere le infinite sfumature che le nuvole in perenne movimento ci regalano, Constable dipingeva “en plain air”, cosa che in quel tempo non era presa in considerazione e che troverà il suo utilizzo costante solo cinquant’anni più tardi grazie agli artisti impressionisti.

Quest’opera inoltre è realizzata con una tecnica che troverà il suo naturale impiego alla fine dell’ottocento e nel secolo successivo, la stesura del colore che non è più elaborata, studiata, avviene istintivamente, dove la rapidità sovrasta un concetto  più ragionato.

Se avviciniamo lo sguardo al dipinto, prendendo in considerazione solo alcune parti ignorando momentaneamente l’insieme ( senza per altro doverci avvicinare troppo) ci accorgiamo che le pennellate hanno un’idea precisa ma che necessitano di un’elaborazione per giungere alla meta prestabilita.

Quello che ad un primo sguardo ci può apparire come un semplice “studio” di qualcosa di comune, di ordinario, si rivela come uno straordinario sguardo al futuro.

domenica 14 maggio 2023

Una meraviglioso e insolito ... omaggio alla mamma

Maman” è un gigantesco omaggio alla mamma, Louise Borgeois nel 1999 da vita ad un’opera che condensa l’essenza del concetto di madre nella sua più pura rappresentazione.


La scultura, alta più di nove metri fatta di acciaio, bronzo e marmo, ha preso vita e dimora in molte città nel mondo, a Londra (davanti alla Tate Modern) Bilbao (probabilmente la più celebre, nei pressi del Guggenheim Museum) Otawa (nell’immagine) a Tokyo, in Arkansas e Iowa negli Stati Uniti e davanti al centro congressi di Doha, questi sono i luoghi dove possiamo osservarla in modo permanente.

Sono comunque molte le città che hanno ospitato una delle sculture per un periodo determinato, tra le quali Napoli e Parigi.

“The Spider è un'ode a mia madre. Lei era la mia migliore amica. Come un ragno, mia madre era una tessitrice. La mia famiglia si occupava di restauro di arazzi e mia madre si occupava del laboratorio. Come i ragni, mia madre era molto intelligente. I ragni sono presenze amiche che mangiano le zanzare. Sappiamo che le zanzare diffondono malattie e sono quindi indesiderate. Quindi i ragni sono utili e protettivi, proprio come mia madre".

Queste celebri parole di Luise Bourgeois accompagnano la gigantesca scultura e ne tracciano un profilo diverso da quello che "costruiamo" al primo sguardo, il grande ragno sovrasta l’osservatore che, avanzando tra le sue zampe, finisce per trovarsi sotto il corpo dell’animale, solo cosi può ammirare l’addome che regge la sacca che a sua volta contiene 32 uova di marmo, il vero centro nevralgico della scultura.

La mamma prende una forma apparentemente “disturbante", è infatti innegabile l’alto numero di persone con una visione tutt’altro che positiva dei ragni, ma l’artista, parigina di nascita e americana d’adozione, ribalta l’angolo visivo e percettivo e da al ragno quella dignità che la concezione comune rifiuta sistematicamente.


La “mamma” della Bourgeois è una creatura che è ancorata saldamente al suolo, ha un forte legame con la terra, è praticamente inattaccabile, difende la propria progenie garantendo una protezione assoluta.

L’amore di una madre è qualcosa che trascende il tempo, va al di là di ogni rappresentazione tangibile, probabilmente questa è una delle poche opere che ne “raccontano” la smisurata concezione.

"Ovunque e per sempre", quante volte abbiamo sentito queste parole sottoforma di promessa, c’è solo un "essere" che può enunciarle …

mercoledì 10 maggio 2023

Forma e colore nella narrazione fotografica

La differenza tra la fotografia a colori e quella in bianco e nero sta nella trasmissione di un concetto, ci sono "cose" che si possono dire solo con il colore e altre che si esprimono esclusivamente con una scala di grigi.


Un esempio, tra i tantissimi a disposizione, ce lo offrono questi due scatti, il colore di Tiziana e Gianni Baldizzone e il bianco e nero di Elliott Erwitt.

La prima è la rappresentazione della forza del colore stesso che prende il “comando” ai danni di ciò che si vuole raccontare, nel secondo caso l’assenza di colore è addirittura necessaria, è la narrazione a prevalere.



Certo la fotografia dei Baldizzone non esclude una costruzione visiva, la donna (non ne abbiamo la certezza ma ciò che vediamo ci spinge a considerare il personaggio al femminile) e soprattutto il paesaggio sullo sfondo (anche se sfocato) sono l’emblema di un continente, l’Africa, che emerge dai nostri canoni.

L’immagine realizzata da Erwitt invece vuole essere “letta”, ci impone un'interpretazione, dietro c’è una storia, una situazione particolare che ci lascia e si lascia immaginare.

Entrambe raccontano un vissuto, entrambe lo fanno con le “parole” silenziose dei rispettivi autori, con o senza il colore hanno colto l’essenza della propria percezione, hanno saputo convogliare in un’immagine il proprio sentire.


venerdì 5 maggio 2023

La fiera delle banalità. Nel tempo effimero dei social la moltiplicazione dell'ovvietà.

Nel 2019, a Miami all’interno di Art Basel, Maurizio Cattelan espone Comedian, l’opera consiste in una banana (vera) fissata alla parete con un pezzo di nastro adesivo grigio, l’interesse si è immediatamente “alzato”, al punto che un anonimo collezionista sborsa la ragguardevole cifra di 120 mila dollari per accaparrarsela, l’opera verrà poi donata dal misterioso filantropo al Guggenheim di New York.




Il geniale artista veneto ha al suo attivo moltissime opere che sono diventate icone rappresentative dell’arte contemporanea, Comedian è forse quella meno originale e, se non fosse per il titolo che ne ribalta il concetto, quella più banale.

Ma da un’opera che pecca di originalità non possono che nascere situazioni ancor meno uniche, banali appunto.

Sempre durante Art Basel del 2019 un artista, David Atuna, non si sa quanto spontaneamente, stacca la banana, la sbuccia e la mangia, nulla di eclatante ma è la giustificazione ad essere quantomeno interessante: “Amo il lavoro di Maurizio Cattelan e adoro questa installazione. È deliziosa”.

La frase di Atuna è sicuramente la cosa più sensata di tutta la messa in scena, resta il fatto che tutto questo è servito per dare all’opera una fama internazionale che va oltre ogni aspettativa.

Ma la fiera delle banalità era solo agli albori, a distanza di quattro anni a Seul, nelle sale del Leeum Museum of Art, all’interno di “WE”, personale dedicata a Cattelan, troviamo esposta la discussa opera. Uno studente coreano, in cerca del warholiano quarto d’ora di celebrità o tanto ignorante da non sapere che quello che stava facendo era già stato fatto, stacca la banana e la mangia, la giustificazione è puerile e tutt’altro che illuminata: “Ho saltato la colazione e avevo fame”.

Se davanti ad un gesto scontato, che è una patetica copia di qualcosa di già visto, aggiungiamo una frase che è una via di mezzo tra il ridicolo e lo squallido a quale risultato giungiamo?

Il risultato sono gli articoli che appaiono su tutte le testate online del mondo, naturalmente quelle del nostro paese non possono mancare là dove c’è il nulla da esaltare, infatti, a parte qualche sito artisticamente serio, è partita la celebrazione del “gesto di ribellione”, ribellione a cosa non è dato sapere.

L’opera di Cattelan Comedian (il titolo ne è la chiave di lettura) si era già proposto come una forma di ribellione al mercato dell’arte (anche se ne fa parte a tutti gli effetti) questa puerile sceneggiata non è altro che la spasmodica ricerca di “visualizzazioni” di qualcuno che, senza arte ne parte, non ha nulla da offrire, questo gesto potrebbe essere paragonato ad un “imbrattamento” di una tela famosa fatto per protesta verso il sistema, in questo caso non ci sono danni (Cattelan ha anticipato tutti quattro anni orsono dichiarando che per mantenere viva l’opera si devono sostituire periodicamente nastro e banana) e in fondo non c’è null’altro

domenica 30 aprile 2023

Chi considera Lucio Fontana solo quello dei tagli ... probabilmente non conosce Lucio Fontana

Ho spesso fatto il nome di Lucio Fontana quando volevo indicare uno dei “simboli” fondamentali dell’arte contemporanea, uno degli snodi cruciali dell’evoluzione artistica del secondo novecento, uno degli artisti imprescindibili nello sviluppo del nostro punto di vista, non solo artistico.

Lucio Fontana, Esa 1953 - Collezione privata

Ma Lucio Fontana non è riconosciuto come tale (se non dagli addetti e dagli appassionati) è considerato quello dei “tagli”, accezione usata in modo dispregiativo.

Sono convinto che chi considera Fontana solo quello dei tagli evidentemente non conosce Fontana, non comprende che ai “concetti spaziali”, perché è questo il nome, è giunto dopo decenni di studio, di sperimentazione, di ricerca, ci è arrivato partendo da basi artistiche solide, pittore, scultore, ceramista di livello assoluto, su queste fondamenta ha innalzato il suo pensiero che emerge dalle “ferite” inflitte alla tela (e prima ancora dai buchi) completando il tutto con i suoi celebri “ambienti spaziali” che si evolvono nelle “installazioni ambientali”, realizzati negli anni precedenti.

Lucio Fontana - Ambiente spaziale - Pirelli Hangar Bicocca Milano

L’artista italiano nato in Argentina ha fatto della sua esplorazione spazialista un punto fermo nella storia dell’arte, ha effettuato un passo decisivo andando oltre l’idea classica di pittura e scultura, dando vita ad uno spazio fino ad allora sconosciuto e di conseguenza inesplorato.

Il talento, secondo il punto di vista dei più,  sovrasta il concetto, ma se un artista è in possesso di entrambe le cose? Fontana è accusato di saper fare solo ciò che saprebbe fare chiunque (di solito lo sostiene chi non sa fare alcunché) tagliare una tela è, sempre secondo il pensiero comune, cosa semplicissima oltre che senza un senso logico, si giudica l’apparenza senza comprenderla (figuriamoci comprendere ciò che non appare) e si ignora, se non deride, il percorso decennale che stà dietro a queste opere.

Il nostro Lucio però è anche artista di grande talento, perché allora non viene riconosciuto come tale? Forse la moda impone il pensiero dell’arte contemporanea come  costruzione del “mercato” e Fontana sarebbe, alla pari di Manzoni, uno dei tanti bluff dell’arte del novecento.

Il tempo, come sempre da il suo verdetto e siccome di tempo ne è passato parecchio si sta delineando quello che la maggior parte del pubblico non condivide: Fontana è a tutti gli effetti uno dei più grandi artisti del secolo scorso e i famigerati “tagli” ne sono la testimonianza. 

martedì 25 aprile 2023

Uscire dal baratro e ricominciare (con quello che rimane) Otto Wols

“Wols è uno sperimentatore che ha capito di fare necessariamente parte dell’esperimento”

Jean-Paul Sartre, filosofo, drammaturgo, scrittore, critico letterario (e non solo) con queste parole riassume l’essenza del pittore tedesco proiettata nella sua pittura.

Otto Wols (Alfred Otto Wolfgang Schulze) -  Striscia verde nero rosso, 1946-47 - Olio su tela, cm 100,4 x 81,3 – Collezione privata


Uno dei tre fondatori del movimento Informale, con Dubuffet e Jean Futrier, Wols esprime lo stravolgimento dell’arte immediatamente successivo alla fine della seconda guerra mondiale, conflitto che, con i suoi orrori, ha cancellato il desiderio del “bello” oscurato dalle ombre della realtà.

Mentre Dubuffet cerca un linguaggio primitivo, senza condizionamenti esterni, Wols cancella l’idea del quadro dai colori vivaci dando spazio a cromie cupe, sporche.

Non è un tentativo di ricominciare da zero (obbiettivo fondamentale e comune a molti movimenti pre-bellici) ma quello di ricominciare con ciò che si ha a disposizione, con quello che lo sfacelo di quegli anni ha lasciato.

Uomo dalla vita difficile, vagabondo in cerca di sé stesso ma soprattutto in fuga dal nazismo, alcolizzato al punto che i danni al fegato lo portano alla morte nel 1951 a 38 anni, questa vita perennemente al limite non gli ha impedito di guardare in profondità la società del tempo e di scandagliare l’animo umano, un’umanità che ha dato vita ad uno dei più grandi orrori mai concepiti, almeno nella modernità.

Non so quale sia la percezione che ha un osservatore davanti a questa opera, partendo dal punto di vista dello stesso Wols possiamo immaginare che si tratti di una “cancellazione” del passato o di una ricostruzione, anche se terribilmente complicata, del futuro, forse entrambe o nessuna delle due.