“Se piace a più del venti per cento della gente non può essere un’opera d’arte”.
Questa citazione (non so chi sia l’autore, considerando che viene attribuita a più persone preferisco non sbilanciarmi) mette sul piatto un quesito che rimarrà senza risposta: il gusto di chi non ha ne la passione ne le competenze ha valore pari a chi ha le conoscenze e il desiderio di imparare?
Banksy è l’esempio di un fenomeno di massa idolatrato dal
pubblico e poco o nulla considerato
dagli addetti ai lavori (parlo di storici e critici, in quanto al mercato dell’arte qualunque cosa sia fonte di guadagno viene considerata eccome).
Non sono tanto le sue opere a lasciarmi perplesso ma il
concetto che c’è dietro e il “mito” che si è auto costruito, una specie di
supereroe dai superpoteri costruiti a tavolino.
Il mito appunto dell’eroe che nell’anonimato “racconta” sui
muri la disobbedienza degli oppressi. Questo era il modus operandi dei writers
neri delle periferie delle grandi città americane negli anni settanta e
ottanta, giovani discriminati che cercavano di far sentire al mondo la propria
voce.
Banksy non è nulla di tutto questo, è fuori tempo massimo,
le sue opere sono concettualmente vecchie, ciò che andava bene, artisticamente, quarant’anni fa
oggi è obsoleto, non è discriminato, non vive il disagio delle minoranze, il
razzismo strisciante e la miseria dei ghetti non sono il suo abitat naturale, al contrario è amico e complice di
quel sistema che i giovani di allora combattevano.
E' politicamente impegnato al punto che … non ci mette la
faccia, si nasconde dietro una maschera (anche qui siamo in ritardo di mezzo
secolo) costruita ad arte a beneficio del mercato e del proprio conto in banca.
Qualcuno sosterrà che non è la vita privata ma ciò che
realizza ad essere importante ma è proprio la vita privata ("organizzata" alla
perfezione) a fare di Banksy ciò che è, le opere sono una banalità dopo
l’altra, idee tutt’altro che innovative e in quanto alla tecnica, seppur tutt'altro che scadente, niente che non
si veda su qualsiasi muro in giro per il mondo.
Francesco Bonami, critico d’arte contemporanea (con cui sono
più in disaccordo che il contrario) ha raccontato una storiella che di per sé
non è chissà cosa ma rende l’idea del pensiero artistico della gente: ”due
miliardari hanno acquistato all’asta due opere famose, il primo acquista un
“taglio” di Fontana, il secondo un’opera di Banksy, arrivati a casa entrambi espongono con orgoglio le opere appena acquisite e hanno affrontato la reazione dei vicini,
il primo viene deriso perché avrebbe buttato i soldi per una tela tagliata,
cosa che saprebbe fare chiunque, il secondo viene sommerso dalle visite di chi
vuole vedere il capolavoro.
Non conta il concetto
che sta dietro all’opera, anni di studio, di sperimentazione, non
interessa il percorso che porta ad una profondità, artistica, filosofica,
spirituale, ciò che conta è il battage mediatico, l’essere famosi è l’unico
parametro preso in considerazione da chi galleggia facendosi portare dalla
corrente.