sabato 25 febbraio 2023

Le giuste domande e le risposte (mai) definitive

Quando ci si riferisce al pensiero filosofico come strada fondamentale per uno sviluppo culturale non può non venire in mente l’illuminazione di Anassimandro all’interno della discussione del perché la Terra, che non ha alcun sostegno, non cada.

Ottavio Fabbri, Stardust, 2019. Acrilico su tela, cm 150x130.  

A 2500 anni di distanza ci dobbiamo ancora rivolgere a lui per comprendere quale sia il modo ideale di procedere.

Nell’epoca, poco illuminata, del terrapiattismo, siamo obbligati (nostro malgrado) a volgere lo sguardo al passato, non per trovare risposte ma per capire come porre le domande.

Alla domanda “perché la terra non cade? ” Anassimandro da Mileto non risponde argomentando le più svariate e suggestive soluzioni, risponde semplicemente con un’altra domanda: “Perché mai dovrebbe cadere? tutto ciò che conosciamo cade sulla terra, in nessun’altra direzione, di conseguenza la terra non può cadere perché non ha un qualsiasi luogo su cui cadere”.

Al quesito Anassimandro non risponde con una soluzione, apre la mente ai suoi interlocutori affinché possano comprendere l’incomprensibile.

Questa frase ha aperto un varco, tutt’ora fondamentale, per la scienza moderna.

“Pensare” è inevitabile per evolverci ma lo è ancor di più imparare a pensare nel modo giusto.

Ma questo modo di procedere non deve limitarsi ai misteri (filosofici e non) del cosmo, è il giusto approccio a ciò che quotidianamente ci circonda, a tutto quello che affrontiamo, sia esso complesso o, al contrario, banale (spesso solo apparentemente).

Nelle cose pratiche, nelle pratiche prettamente intellettuali, spesso ci chiediamo perché non corrispondono ai nostri canoni di riferimento, dovremmo invece chiederci cosa ci sfugge, quali sono i tasselli mancanti che ci permettono di comprendere l’incomprensibile.

Davanti ad una melodia che ci appare ostica, di fronte ad un opera d'arte (specialmente se non la consideriamo tale) che ci sembra senza senso, durante una lettura che non comprendiamo, al cospetto di qualsiasi “ostilità”, visiva o concettuale, dobbiamo andare alla ricerca della chiave che ci permetta di aprire la porta che ci pone davanti ad un'altra porta che a sua volta ci indica la porta successiva ...


lunedì 20 febbraio 2023

Il percorso alchemico, il sogno che va oltre la materia

Entrando nella prima sala della mostra dedicata alle opere di Ciro Indellicati si viene accolti da una sensazione di perenne movimento, una continua evoluzione, una costante trasformazione.


Ciro Indellicati - Sogno, 2022  - Tecnica mista su tela, cm 60 x60 Collezione privata

Il tema della mostra, dal titolo “Quinta essenza”, è il “percorso” della trasformazione alchemica, un viaggio alla ricerca dell’essenza dei materiali, un peregrinare alla scoperta della profondità di ognuno di noi.

Tra le molte opere che costruiscono questo cammino mi soffermo davanti a questa, il titolo, Sogno, non ci dice molto, dobbiamo cercare di immergerci nell’opera partendo dalle indicazioni scaturite dalle altre opere per poterne comprendere i significati.

Il dipinto, già al primo sguardo, mi indirizza alla metafisica, l’enigma di De Chirico appare e scompare in continuazione, non si sa che strada prendere.

Ma l’arte contemporanea ha qualcosa che l’arte antica non ci può offrire, il diretto contatto con l’autore.

Parlando con Indellicati emerge la genesi del dipinto, o più precisamente comprendo il messaggio che sta nel titolo, il pittore confessa che il dipinto è: “la rappresentazione di un sogno fatto qualche tempo prima, ma me ne sono reso conto solo a dipinto ultimato, fino ad allora niente mi aveva condotto al sogno”.

Nel percorso alchemico quest’opera si colloca al secondo stadio, Albedo “opera al bianco”, il passaggio che segue il nero, Nigredo, e che anticipa il giallo, Citrinitas (per finire con il rosso Rubedo).

Se da una parte l’oro (o la pietra filosofale) sono il completamento di un itinerario materiale, dall’altra il fine ultimo è la coscienza di sé, una presa di coscienza che necessita appunto di continue trasformazioni, un’evoluzione che ha l’obbiettivo di creare qualcosa di “superiore”.

Dove si colloca il sogno in questo contesto? Stando al dipinto di Indellicati è il secondo passo verso l’essenza, la porta che si apre sull’ignoto rompe lo schema rigido che era il nostro modo di concepire la nostra esistenza, la libertà di andare, dove ci condurrà non è chiaro, sta a noi scoprirlo.


mercoledì 15 febbraio 2023

Il Realismo come evoluzione del pensiero romantico, Gustave Courbet

Gustave Courbet – Funerale a Ornans, 1849-50  Olio su tela  cm 315 x 668   Musée d’Orsay, Parigi.


“ Ecco un innovatore, un rivoluzionario, persino. Ma che soggetto! La volgarità delle forme non sarebbe nulla, è la volgarità dell'idea e l’inutilità che sono abominevoli …”

Con queste parole Eugenè Delacroix da il “benvenuto” all’artista, e all’opera che, esattamente a metà ottocento, danno un fondamentale scossone al mondo dell’arte.

Qual è il motivo che spinge un grandissimo artista come Delacroix ad attaccare un’opera che, a suo dire, è realizzata da un pittore di grande talento?

La “bruttezza”, la volgarità, l’essere inutile sarebbero dati dalla rappresentazione del nulla, un funerale in un paese, Ornans, situato in una zona marginale della Francia, personaggi senza un “nome”, mesti, malvestiti, sporchi, figure appartenenti al ceto più basso della scala sociale francese, rappresentati con colori scuri in una tetra giornata tardo autunnale, una cerimonia che vuole dare l’estremo saluto ad uno sconosciuto.

Il romanticismo, di cui Delacroix è uno dei maggiori esponenti, esaltava la figura dell’eroe o del concetto eroico nell’elevazione dell’idea di popolo e nazione, il realismo, che nasce con Courbet e che vede il suo “manifesto” con quest’opera, si pone l’obbiettivo di rappresentare chi non ha voce, l’invisibile, in poche parole la gente comune.

Questo dipinto, di enormi dimensioni, manda un messaggio preciso, non esistono solo i grandi condottieri, nel mondo non ci sono solo la nobiltà e i vertici del clero, non si narra solo dei miti o delle divinità pagane, l’umanità è composta soprattutto da gente semplice, persone di cui nessuno è a conoscenza, quelli che vengono messi da parte, gli ultimi. O più semplicemente la gente “comune”, che nella sua infinita varietà, nelle sue peculiarità soggettive è tutt’altro che comune e di conseguenza deve essere raccontata.

Non sono pochi gli addetti ai lavori, critici, storici, artisti, che indicano nel realismo francese, in Courbet in particolare, la nascita dell’arte contemporanea, forse a 170 di distanza è difficile pensare al contemporaneo riferendosi alla metà del XIX secolo ma è innegabile che è in quegli anni che inizia una metamorfosi che avrà il suo apice all’inizio del secolo successivo e che ha spinto il suo “braccio” fino ai giorni nostri.

 

venerdì 10 febbraio 2023

L'illusione della realtà

Non lontano da Parigi, per l’esattezza a Sainte-Geneviève-des-Bois, si trova il cimitero ortodosso di Nostra Signora dell’Assunzione, tra i molti cittadini russi che vi hanno trovato sepoltura spicca un nome celebre a tutte le latitudini, Rudol’f Chaetovic Nureev.

Uno dei più grandi coreografi e ballerini del secolo scorso, sicuramente il più amato dal pubblico.


Nel 1996 lo scenografo e amico di Nureev, Ezio Frigerio progetta il monumento funebre che accoglie le spoglie dell’artista russo, l’opera viene realizzata materialmente dallo studio Akomena di Ravenna.

Ad un primo sguardo notiamo un prezioso tappeto che copre pietosamente la bara appoggiata al terreno, il tappeto, un pregevole manufatto tessuto come un arazzo era particolarmente amato da Nureev.

Se ci avviciniamo però ecco svelarsi un capolavoro di raffinata tecnica, un meraviglioso mosaico dalle infinite sfumature, dove la fredda pietra prende le forme di un morbido tappeto.



Migliaia di tessere compongono la scultura, diverse sfumature di oro, rosso, blu, danno vita ad un’illusione difficile da dissipare, facciamo fatica a credere che non si tratti di ciò che vediamo.

La bara è posta sotto il livello del terreno ma la costruzione del monumento ci spinge a pensare che sia poggiata a terra e coperta dal prezioso drappo.

Le pieghe sinuose e realisticamente realizzate non sono da meno dei colori, tutto è creato per “raccontare” quello che non c’è, per rappresentare un sogno, un ricordo, o semplicemente dare forma ad uno scrigno dove custodire un ideale.

domenica 5 febbraio 2023

Il ribaltamento (epocale) dei concetti, Vassilij Kandinskij

“Il sole tramontava; tornavo dopo aver disegnato ed ero ancora immerso nel mio lavoro, quando aprendo la porta del mio studio, vidi davanti a me un quadro indescrivibilmente bello. All’inizio rimasi sbalordito, ma poi mi avvicinai a quel quadro enigmatico, assolutamente incomprensibile nel suo contenuto, e fatto esclusivamente di macchie di colore. Finalmente capii: era un quadro che avevo dipinto io e che era stato appoggiato al cavalletto capovolto. Da quel giorno mi fu chiaro che l’oggetto non aveva posto anzi, era dannoso nei miei quadri”



Queste parole sono state scritte da Vasilij Kandiskji nel suo Sguardo al passato del 1913, raccontano l’esatto istante della nascita della sua visione “astratta” della pittura.

Un racconto che può apparire al limite del verosimile ma che in fondo ha una sua logica, il ribaltamento di canoni e del punto di vista.

Non è dato sapere quale sia l’opera in questione, l’artista stesso non ne fa menzione e nessuna indagine postuma a dato i frutti sperati, possiamo provare a ricostruire il momento utilizzando un dipinto a caso di quelli realizzati da Kandinskij in quel periodo, Lake Starnberg potrebbe fare al caso nostro, il dipinto in alto è il “ribaltamento” di quello in basso, è chiaro che l’originale ha già preso una strada che lo allontana da un certo realismo, possiamo vedere le case e gli alberi in riva al lago, ma i colori e le forme sono meno definiti, probabilmente, inconsciamente o meno, il pittore russo aveva già iniziato questo percorso.

Tornando al racconto iniziale non possiamo restare indifferenti di fronte al messaggio che ci offre, il modo di vedere l’arte non è immutabile, in qualsiasi momento possiamo scoprire qualcosa che un istante prima nemmeno immaginavamo.

Aprirci a nuove intuizioni è il modo migliore di affrontare la meraviglia dell’arte che va oltre i canoni prestabiliti.

Vassilij Kandinskij - Lake Stranberg, 1908  Olio su tavola cm 97,5 x 63  Tate Gallery, Londra