sabato 26 marzo 2022

Messaggi grafici, la musica del cosmo

L’intreccio tra arte grafica, musica e scienza è riassunto in quest’immagine che è diventata celebre per essere la copertina di Unknown Pleasures, l’album d’esordio dei Joy Division, pubblicato nel 1979.



Il grafico inglese Peter Saville, allora ventitreenne, ha la geniale idea di utilizzare questa “ricostruzione” dando un volto al disco, l’immagine è un messaggio dallo spazio.

Nel 1967 ottanta “impulsi radio” vengono captati per la prima volta dalla strumentazione terrestre, provengono da  Pulsar B1919+21, un stella di neutroni distante quasi mille anni luce dal nostro sistema solare, gli impulsi sono l'ultimo messaggio di una stella morente che, ultimati i suoi giorni di gloria, si trasforma in una pulsar.

Saville prende l’immagine originale (grafico nero su sfondo chiaro) e ne utilizza il negativo, il risultato è estremamente affascinante, le onde radio emergono dal buio dello spazio infinito, da una profondità imperscrutabile arriva un segnale di un millennio fa, un messaggio dal passato, quasi una richiesta d’aiuto della stella o solamente la comunicazione della propria dipartita.

Curioso che per rappresentare la musica di un gruppo nascente si sia utilizzato un messaggio di morte, al di là dell’aspetto estetico, che trovo eccellente, è interessante ciò che emerge, dopo un approfondimento, l’inizio e la fine, o la ricerca dell’inizio partendo dalla fine.

Cosa avesse spinto Saville a scegliere questa copertina non è chiaro, ma a distanza di 56 anni dalla scoperta della stella e a 42 dall’uscita dell’album è innegabile che il connubio tra il rock dei Joy Division, il genio artistico di Peter Saville e la scoperta astronomica è spettacolare.

Considerando, ad oggi, l’esponenziale crescita dell’osservazione spaziale, la complessa crescita artistica frenata dal marasma ripetitivo della grafica e la persistente stagnazione musicale, questa "copertina" ci mostra l'immortalità del pensiero creativo, la forza dirompente del desiderio di forzare i confini del "noto" varcando le porte di ciò che noto non è.

L’immagine dunque non è solo l’abito del disco, è l’idea artistica che trae ispirazione da quello che era, ed è tutt’ora, un autentico viaggio nel tempo.

sabato 19 marzo 2022

Da zero all'eternità

Jasper Johns – Zero through Nine , 1961  - Olio su tela, cm 137 x 105

Tate Modern, London


Noto per le Bandiere e per i Bersagli Jasper Johns raggiunge il suo apice creativo con la serie “Da 0 9”, dodici opere, tra disegni e dipinti, che trova il completamento ideale con il quadro esposto alla Tate Modern di Londra.

Da zero a nove è la concezione del pittore americano che  toglie i numeri dal loro naturale, o usuale, contesto proiettandoli in una sfera prettamente simbolica.

I numeri diventano forme, perdono il loro status e si trasformano in un corpo astratto, sono celati dalla predominanza del colore, diventano l’emblema di un’entità presente che però necessita di attenzione, concentrazione, approfondimento per poter essere compresi.

E interessante il fatto che ogni osservatore noti un numero diverso, ne trova alcuni immediatamente mentre fatica a scovare il resto, tutto è legato alla percezione immediata, in alcuni casi, non essendo a conoscenza del titolo, il primo sguardo cattura l’insieme escludendo ogni forma, emerge solo il colore, l’astrazione ha la meglio sulla rappresentazione simbolica dei numeri.

Ma l’intento di Johns è quello di forzare l’attenzione dello spettatore o quello di disorientarlo spingendolo oltre l’ovvia (apparentemente) visione?

Probabilmente entrambi, l’obiettivo è dunque quello di aprire una strada nella comprensione partendo da una semplice serie numerica tramutata in forma e in colore, la fusione da vita a un concetto più complesso o forse solo differente.

Jasper Johns viene accostato a diversi movimenti artistici del secondo dopoguerra, New Dada, Espressionismo astratto e Pop Art, difficile inserire le sue opere in qualsivoglia schema, se le Bandiere possono essere accostate all’arte Pop è più complicato farlo con i Bersagli, quanto alla serie di cui stiamo parlando non sembra trovare collocazione, dal mio punto di vista Jasper Johns, cosa che potrebbe valere anche per artisti come Mark Rothko, va considerato come un movimento indipendente, d’altro canto rinchiudere ogni forma d’arte in schemi più o meno rigidi è una forzatura che ha lo scopo di rendere più semplice una catalogazione tutt’altro che lineare ma forse necessaria per mettere ordine nell’infinito artistico.


mercoledì 16 marzo 2022

Paragoni improponibili

Una video intervista, a Oscar Damiani, ex calciatore e ora procuratore, ha attirato la mia attenzione per quanto diceva il titolo: “Ibraimovic come Da Vinci, Lukaku come Basquiat”.

Tutto è riferito a ciò che i due hanno messo in scena nel derby milanese di un anno fa (un comportamento tutt’altro che professionistico).

Ho guardato il breve video con un po’ di perplessità e preconcetto (Ibra come da Vinci mi sembrava una forzatura eccessiva e fondamentalmente Oscar Damiani non mi ha mai suscitato molta simpatia) ma in fondo l’ex calciatore, da appassionato d’arte e collezionista di antica data, ha motivato la frase aprendo un percorso interessante.

Partendo dalla domanda tutt’altro che “alta” riguardante la lite tra i due durante il derby di Milano e il successivo, poco innovativo e tecnicamente improvvisato, murale apparso nei pressi dello stadio, Damiani sfrutta appieno la conoscenza artistica interpretando non i due calciatori in quanto uomini ma il loro modo di giocare.

Ibraimovic ricorda dunque la “plasticità” dei corpi della pittura cinquecentesca facendo riferimento anche alla geniale improvvisazione, qui Damiani si limita a fare il nome di uno degli artisti più famosi, Da Vinci appunto, Lukaku invece viene accostato a Basquiat per la prorompente forza, per l’esplosività del gioco e del gesto atletico, nel caso dell’interista penso che l’accostamento possa andare, la devastante “azione” di Lukaku ricorda l’altrettanto potente concetto artistico del “graffitista” newyorkese.

Voglio solo aggiungere un particolare, sia il “leonardiano” Ibraimovic che l’essenza “pop” di Lukaku sono anacronistiche rispetto alla contemporaneità, l’efficacia calcistica dei due è ancora attuale, l’accostamento artistico invece ci dice che entrambi sono concettualmente e stilisticamente superati, il calciatore moderno, come l’arte dei nostri giorni (più la seconda che il primo) sono tutt’altra cosa.

A questo punto mi chiedo se è possibile, e soprattutto auspicabile, che si accostino due mondi e altrettanti concetti diametralmente opposti?

L’arte ha radici antiche, il cacio no, l’arte è la sublimazione dell’essenza umana, il calcio, spesso, ne è l’esatto contrario, riesce a fare emergere il lato più “basso” dell’uomo.

Non conosciamo le personalità degli artisti citati, Leonardo è troppo distante nel tempo, Basquiat ha lasciato poche informazioni sul proprio essere come uomo, al contrario la valanga mediatica dei giorni nostri ci sommerge di informazioni, spesso inutili, sui due calciatori, umanamente sono poca cosa atleticamente sono ineccepibili, artisticamente … non pervenuti.

Nell’immagine il murale che racconta la patetica e triste vicenda.

Fatti due conti di artistico in questo frangente non c’è assolutamente nulla. Leonardo da Vinci e Basquiat sono di un’altra dimensione.

sabato 12 marzo 2022

il concetto di bene prezioso

Dopo un lungo periodo servito per recuperare i “materiali” ci sono voluti altri due mesi per sistemarli in modo che prendesse vita la “Cascata” dell’artista cinese Shu Yong.

10.000 mila tra WC, orinatoi, bidet e lavandini, sanitari invenduti, usati da smaltire, donati dalla popolazione cinese e non solo.


Nel centro di Foshan, città cinese nella provincia di Guandong, ci si trova davanti ad una struttura alta cinque metri e lunga più di cento, tutti i sanitari sono collegati tra loro e ad un rubinetto dove scaturisce l’acqua che passando da un WC all’altro scende fino a scomparire nel terreno (l’acqua viene riutilizzata in continuazione evitando cosi lo spreco che è al centro del progetto).

Yong vuole mettere in evidenza quanto un piccolo “filo” d’acqua, fluito dalle perdite di migliaia di sanitari in tutto il mondo, possa trasformarsi in una imponente massa d’acqua letteralmente buttata al vento.

Il rumore del rigagnolo che percorre tutti i “materiali” utilizzati crea il suono di un’autentica cascata, questo ci fa capire l’imponente spreco in atto ovunque nel mondo.

Naturalmente le reazioni del pubblicano sono diverse, chi si limita sorridere, chi a disprezzare, alcuni se ne vanno rabbuiati scuotendo la testa, altri ancora, specie se si fermano a riflettere andando oltre il primo impatto visivo, raccolgono il messaggio e ne apprezzano il concetto artistico.

E’ sempre complicato districarsi mentalmente davanti a questo tipo di installazione, siamo tentati di lasciarci influenzare dall’aspetto esteriore, in questo caso i sanitari utilizzati hanno un impatto ancor più negativo, è faticoso ma fondamentale tentare di superare l’ostacolo che l’utilizzo che se ne fa di WC e orinatoi nella vita quotidiana, è necessario ribaltare la nostra visione o addirittura cercarne una nuova, solo cosi possiamo apprezzare l’insieme.

sabato 5 marzo 2022

La dimensione "ambientale", la ricerca di una personale percezione .

La vita che hai scelto può non sussistere, la morte che vedi può non esistere” (cit.)

Queste parole mi hanno immediatamente “trasportato” nell’arte spazialista di Lucio Fontana, più che ai celebri Concetti spaziali, che sono l’emblema della ricerca dello spazio in pittura, la mia mente si è rivolta agli Ambienti spaziali, luoghi dove tutto e il proprio contrario trovano cittadinanza.

Lucio Fontana - Ambiente spaziale: “Utopie”, nella XIII Triennale di Milano, 1964/2017, installazione in Pirelli Hangar Bicocca, Milano, 2017 -  Foto: Agostino Osio

L’esperienza, la conoscenza, la percezione di sé, tutto è reale anche se non lo è, le nostre scelte le nostre convinzioni perdono la sicurezza di cui siamo certi, se le basi che ci hanno sostenuto finora vengono messe in discussione possiamo pensare che ci sostengano ancora?

Gli Ambienti di Fontana sono un viaggio senza meta, un percorso al di fuori delle nostre sensazioni, sensazioni che si trasformano in continuazione alla ricerca di qualcosa che esiste indipendentemente dal nostro volere.

Nei Concetti spaziali c’era l’Attesa, in questo frangente l’attesa non è contemplata, dobbiamo immergerci in un ambito che esula da ogni logica, dobbiamo lasciarci alle spalle ogni preconcetto, ciò che abbiamo di fronte (o meglio attorno) fa parte di una dimensione “altra” e “alta”, complessa, impervia, ma non irraggiungibile.

Utopie, questa è l’indicazione che l’artista italo - argentino  ci offre, sta a noi comprendere quale era, e qual è, il riferimento, se l’utopia è solo mentale o se realmente si tratta di un concetto ivalicabile.

Non importa se l’ambiente in cui decidiamo di entrare risponde alle logiche necessarie per essere assimilato, secondo le nostre abitudini, luci irreali, pavimenti che mutano l’equilibrio, pareti che sembrano svanire pur mantenendo la loro originale “forma”, Lucio Fontana apre ad una dimensione alternativa conscio che può portare a logiche incomprensioni ma anche certo che qualcuno, con una visione più evoluta, possa comprenderne il pensiero.

L’arte spazialista di Lucio Fontana è a tutt’oggi messa in discussione, a distanza di più di mezzo secolo c’è ancora chi mette in dubbio la portata artistica delle sue opere, concetti su cui si fonda un pensiero evoluto, la negazione di tale fondamento è forse la spiegazione dell’inversione di marcia, oggi in atto, dell’evoluzione del pensiero.