Marina
Abramovic e Ulay (pseudonimo di Franck Uwe Laysiepen) una delle coppie simbolo
della body art, la loro unione, durata dal 1976 al 1988, ha dato vita ad un modo
nuovo di concepire lo spirito artistico portando la resistenza del proprio corpo e della mente al limite.
Legati da una passione intensa (si sono incontrati ad Amsterdam, lei ventenne lui di tre anni più giovane e da subito c’è stata intesa, sentimentale e artistica) che ha dato alle loro esibizioni una credibilità che altrimenti sarebbe apparsa artificiosa.
Legati da una passione intensa (si sono incontrati ad Amsterdam, lei ventenne lui di tre anni più giovane e da subito c’è stata intesa, sentimentale e artistica) che ha dato alle loro esibizioni una credibilità che altrimenti sarebbe apparsa artificiosa.
Non sto
a raccontare le innumerevoli performance che hanno fatto della coppia una delle
più conosciute, influenti e discusse del mondo artistico contemporaneo, solo un piccolo accenno all’ultima, nel 1988, che
sancisce, artisticamente e sentimentalmente la loro divisione.
Come
scenario hanno scelto la grande muraglia cinese, i due sono partiti dalle
estremità opposte e, camminando, si sono diretti l’uno verso l’altro, dopo
novanta giorni si sono incontrati a metà percorso e hanno cosi annunciato la
fine della loro storia.
I due
non avranno più rapporti fino al fatidico 2010, ed è di questo che voglio
parlare.
Siamo a
New York, esattamente all’interno del MoMA, dove la Abramovic ha organizzato la
performance dal titolo “The Artisti s Present”, l’esibizione prevede che l’artista
serba stia seduta ad un tavolo
senza possibilità di alzarsi, mangiare o andare in bagno per otto ore
consecutive mantenendo sempre la stessa posizione (l’evento durerà 3 mesi).
Di
fronte si potevano sedere i visitatori che desideravano passare del tempo in assoluto silenzio incrociando lo sguardo con l’artista, non c’era alcun limite di tempo, alcuni si fermavano
per pochi secondi altri per ore.
Ma
qualcosa accadde, tra i visitatori che prendono posto al tavolo si presenta il
primo grande amore della Abramovic, Ulay dopo 23 anni decide di incontrare la
ex compagna in un modo alquanto originale.
Sarebbe
inutile descrivere la scena (chi non l‘avesse ancora vista può farlo nel video
in fondo al post) le immagini esprimono le emozioni più delle parole.
Questo
incontro ha decretato il successo planetario della performance, rendendola
immortale.
Tralasciando
le possibili e inevitabili congetture su quanto è accaduto possiamo ribadire
quanto sia fondamentale l’aspetto emozionale nell’arte, senza l’incontro tra i due
colleghi e amanti forse in pochi si ricorderebbero di quest’opera, ma a
capovolgere gli esiti è stata la forte intensità emozionale.
Se l’arte per essere tale deve trasmettere sensazioni, anche contrastanti, ed emozioni più o meno forti, non possiamo fare altro che ammettere che questa è arte, forse ancor di più di forme universalmente riconosciute ma che sono bel lungi da questa intensità.
Se l’arte per essere tale deve trasmettere sensazioni, anche contrastanti, ed emozioni più o meno forti, non possiamo fare altro che ammettere che questa è arte, forse ancor di più di forme universalmente riconosciute ma che sono bel lungi da questa intensità.
Vabbè qui non mi esprimo. Su tutto ciò che hai raccontato se ne son dette di cotte e di crude.
RispondiEliminaPerò l'arte può avere strani risvolti a volte non voluti. Quindi rimango perplessa...
Ciao Romualdo, alla prossima.
Grande Pia, il tuo "qui non mi esprimo" dice moltissimo, sono consapevole che il confine tra ciò che è arte è tutto quello che arte può non essere è di difficile individuazione.
EliminaMi sforzo di lasciare aperta ogni possibilità, i dubbi sono molti ma le sensazioni che si possono provare davanti a questi eventi non vanno trascurate.
Non ho visto dal vivo questa performance ma ho avuto l'occasione di incontrare due persone che nel 2010 al MoMA c'erano (una ha partecipato) e il loro racconto mi ha fatto pensare, l'entusiasmo che è emerso dai loro racconti mi dice che qualcosa è successo e di conseguenza devo prenderne atto.
Ho fatto un piccolo sondaggio tra amici invitandoli a vedere il video dell'incontro tra Ulay e la Abramovic e il risultato va dal pianto di alcuni al "ma che roba è?" di altri.
Continuo a galleggiare a metà strada, fatico a considerare tutto questo arte senza se e senza ma, al contempo non posso ignorare ciò che esprime, la discussione è aperta, come sempre il tempo ci dirà qualcosa di più, risposte certe non ne avremo mai.
Grazie, il tuo intervento dice cose molto interessanti anche se un po' "nascoste".
Ciao carissima, a presto.
Ciao, l'arte ha variegate espressioni che io non giudico, mi limito a constatare se mi danno emozioni. Ho seguito un video dove la Abramovic posava nuda davanti ad un folto pubblico, la mia sola emozione e stata la tristezza al pensiero che una donna, oramai avanti con gli anni, si esibiva davanti ad un pubblico di curiosi guardoni.
RispondiEliminaCiao fulvio
Ciao Fulvio, è sempre complicato dare un giudizio su certe forme d'arte, le performance, per quanto mi riguarda, sono particolarmente complicate, andrebbero comprese partendo dalla formazione dell'idea, viste dal vivo e approfondite conoscendo il "dopo".
EliminaNon ho ben capito qual'è l'esibizione a cui fai rifermento, se si tratta di "Rhythm O" a Napoli nel 1974 (ma allora aveva 28 anni ed esclude "ormai avanti con gli anni") o di un'altra opera.
Come tutta l'arte contemporanea anche queste performance hanno bisogno di tempo per "maturare" (e non sempre maturano) mi piace parlarne non perché ho le idee chiare ma proprio per il motivo contrario, è sempre vivo il desiderio di comprendere più a fondo.
Grazie, buona serata.