sabato 25 settembre 2021

L'abbandono, il congedo, l'addio. Edward Hopper

      

Edward Hopper – Two comedians (Due attori) 1966

Olio su tela - cm 73,7 x 101,6

Collezione privata


Universalmente riconosciuto come testamento pittorico dell’artista americano questo dipinto rivela l’idea artistica di Hopper permettendoci di uscire definitivamente dal fraintendimento che la sua pittura ha causato.

La conferma di una lettura quantomeno superficiale è venuta con gli avvenimenti di quest’ultimo anno e mezzo dove le città deserte sono state “accostate” alle opere di Hopper.

Non solo non ha mai confermato la teoria della “solitudine” nei suoi dipinti ma ha spesso ribadito il contrario, la rappresentazione dell’essenziale, l’unicità soggettiva più importante della “moltitudine che inevitabilmente soffoca l’individualità.

Two comedians, ultimo lavoro del pittore americano che morì l’anno dopo, è l’epilogo di una vita dedicata all’arte, un’esistenza che, grazie alla pittura, ha tracciato un sentiero che altri hanno cercato di percorrere cadendo però nella trappola della malinconica solitudine.

I due attori sul palco si accingono a salutare il pubblico, a ringraziare chi ha partecipato alla commedia, i volti dei personaggi sono quelli di Hopper e della amata Jo, vestiti da pierrot, un omaggio alla commedia dell’arte, svelano quella che è stata la loro vita artistica: recitazione.

La struttura del dipinto è semplice, lo sfondo scuro, anonimo, da risalto alle due figure che salutano la platea, il verde laterale costituisce l’allestimento scenografico, le due linee orizzontale e verticale delimitano il palco.

L’attore-Edward si rivolge al pubblico presentando l’attrice-Jo, riconoscendone i meriti maggiori nella riuscita dello spettacolo, al contempo lei, quasi intimidita si approccia al proscenio timidamente come se temesse di togliere spazio al compagno.

L’intimo atteggiamento della donna è l’ennesima  rappresentazione della concezione artistica di Hopper, l’essenziale che si distingue dalle masse, l’unicità e la grandezza del singolo che emerge nel silenzio.


sabato 18 settembre 2021

Semplice goliardia o concetto basilare?

Una domanda fondamentale che non trova (mai) una risposta definitiva.

A volte i “social” ci ripropongono notizie e relativi commenti del passato più o meno recente, in questo caso viaggiamo a ritroso nel tempo per un solo lustro e comprendiamo quanto lentamente scorre il tempo (culturalmente) non potevamo che aspettarci la contemporaneità di questa notizia.

Siamo nel 2016 e all’interno del Museum of Modern Art di san Francisco va in scena quello che all’apparenza sembra uno scherzo atto a mettere alla berlina la considerazione che il pubblico “museale” ha dell’arte ma che invece tiene aperta la questione “arte concettuale”.

Molti ricorderanno l’idea di due giovani californiani che hanno semplicemente posato per terra un paio di occhiali in corrispondenza della targhetta che indicava il tema artistico della sala.

La reazione per molti è stata sconvolgente (in modo negativo) mentre per altri è sembrata meno sorprendente e soprattutto meno “stupida” di quanto la si volesse far passare.

I visitatori del museo davanti al paio di occhiali si sono comportati come se fossero davanti ad un’opera d’arte, alcuni con scetticismo, altri con curiosità, altri con entusiasmo.

I media di allora hanno commentato la vicenda limitandosi a schernire il pubblico “incapace di capire cosa sia arte e cosa non lo sia” ignorando quello che è, a tutt’oggi, il quesito fondamentale: cosa è arte e cosa non lo è?

All’interno del Museum of Modern Art di San Francisco i due giovani “creano” la scena per un semplice scherzo (posteranno sui social la reazione dei visitatori).

Non so quanto sia “ricercata” questa azione, probabilmente seguivano solo la moda della trappola in video per poi deridere chi ci casca(cosa che hanno fatto in molti). A distanza di cinque anni (comunque troppo pochi per avere un primo resoconto storico) si ribaltano le gerarchie, allora i ragazzi erano i “furbi”, i visitatori del museo gli idioti, i media i “professoroni” che deridono gli ingenui appassionati d’arte.

A distanza di tempo, secondo il mio personale pensiero, i ragazzi ne escono senza infamia e senza lode, i media e tutti quelli che hanno deriso chi si è lasciato coinvolgere hanno fatto la solita figuraccia da “sapientoni” senza competenza alcuna, mentre i visitatori hanno lasciato aperto un argomento che molti (quelli che “portano” i paraocchi) vorrebbero chiudere.

Continuo a pensare che la reazione del pubblico ci ha mostrato una visione dell’arte sempre più ampia e che non ci si ferma, come spesso accade, ai concetti del IXX secolo, periodo che purtroppo resta basilare per i canoni odierni.

Dopo cinque anni l’idea, che potrebbe essere considerata geniale se solo fosse nata con questo obbiettivo, si è rivelata “illuminante”, ha svelato la sensibilità di certo pubblico capace di incuriosirsi davanti all’apparente banalità, il rischio di sembrare ingenui è un prezzo minimo da pagare se ci permette di guardare oltre.

sabato 11 settembre 2021

L'arte racconta la follia umana

Sicuramente una delle “esibizioni” artistiche più controverse e inquietanti, Marina Abramovic ha raggiunto profondità che nessuno aveva mai osato pensare, ha rischiato oltre il lecito.

Siamo a Napoli nel 1974 nella Galleria Morra, la performer serba mette in scena quella che possiamo definire la follia artistica per eccellenza, una performance che ha sconvolto il mondo intero.

La Abramovic ha voluto dimostrare cosa succede se ci affidiamo completamente agli altri, lasciando assoluta libertà d’azione, lo ha fatto mettendo in gioco sé stessa come artista e affidando a degli sconosciuti la propria vita.

Il “gioco”, dalla durata di sei ore, consisteva nell’interazione tra l’artista ed il pubblico, da una parte la Abramovic stessa perfettamente immobile, dall’altra un tavolo su cui erano posati alcuni oggetti (esattamente 72) che andavano da una rosa ad un profumo, da un bastone ad una lametta, una mela, delle forbici, un coltello, una medaglia, del vino ecc. fino ad una pistola con un colpo in canna.

Il pubblico poteva utilizzare qualsiasi oggetto sul corpo della Abramovic, poteva semplicemente accarezzarla o ferirla, lei stessa aveva affermato che: “il pubblico può uccidermi”.

All’inizio i presenti hanno iniziato timidamente a rapportarsi con lei, qualche carezza, qualcuno che le porge la rosa, altri si limitano a parlarle.

Col passare del tempo il pubblico si rende conto che può andare oltre senza che la performer decida di reagire, ecco che cominciano a tagliarle i vestiti, le carezze innocenti si trasformano in palpeggiamenti più “intimi”, qualcuno conficca le spine della rosa nella pelle arrivando a succhiarne il sangue, l'a tensione sale febbrilmente finché una persona mette in mano all’artista la pistola carica mettendole il dito sul grilletto mettendola in condizione di sparare, a quel punto è intervenuto il gallerista che infuriato ha gettato la pistola fuori dalla finestra.

Allo scadere delle sei ore la Abramovic, ferita nel corpo ma forte nello spirito, si è immediatamente diretta verso il pubblico che a sua volta si è frettolosamente allontanato non essendo in grado di reggerne lo sguardo.

Marina Abramovic (andando oltre ogni logica, secondo il mio pensiero) ha voluto dimostrare: «…  che se ti affidi e ti abbandoni al pubblico, loro possono arrivare ad ucciderti …».

Secondo alcune testimonianze dell’epoca sono stati soprattutto i maschi ad infierire sul corpo della donna ma hanno notato quanto il pubblico femminile li abbia incitati ad agire, questo evidenzia il fatto che nessuno si può ergere a moralizzatore.

Non deve ingannare l’atteggiamento della Abramovic che non ha battuto ciglio durante le sei ore fatidiche, la giovane donna ne è uscita sconvolta e terribilmente spaventata, a confermare tutto questo il ricordo indelebile di quello che è successo (dello stato d’animo in quelle ore) una ciocca di capelli bianchi è apparsa a sottolineare l’evidente shock emotivo oltre che fisico.

Non so cosa abbia spinto l’artista a osare oltre ogni limite del buon senso, se fiduciosa che non ci si potesse spingere cosi in basso o, spinta da “ideali” a noi sconosciuti, sperando che la dimostrazione raggiungesse l’obbiettivo.

Siamo abituati, o perlomeno lo erano fino ad allora, ad una concezione dell’arte legata alla sfera visiva e fatichiamo tutt’ora a comprendere ciò che è andato in scena quel giorno, quale sia il livello artistico raggiunto non sta a me deciderlo ma il livello umano ha toccato una profondità "oscura" non indifferente.

Un'altra considerazione va fatta, che esula parzialmente dalla performance in questione, quello che è successo quel giorno (ribadiamo che siamo nel 1974) sarebbe potuto andare in scena oggi? dubito fortemente che in una galleria aperta al pubblico nel 2021 ne avrebbero permesso la realizzazione, se sia un bene o meno ...

sabato 4 settembre 2021

Scontri, incontri e confronti

La melodia che si unisce alla poesia del testo, l’interpretazione di due voci apparentemente lontane che si fondono in modo naturale, l’accostamento di questo brano con la pittura, non so se il “quadro” si compone, se il cerchio riesce a chiudersi o lascia un varco pronto ad accogliere un’altra forma d’arte o se, al contrario, stride fino a sfaldarsi.

Le contaminazioni possono annullarsi o dare vita a nuove strade, per saperlo dobbiamo provarci.

Il testo e la musica di Perhaps love di John Denver, in questo caso in un duetto con Placido Domingo, affiancate dal dipinto di Giovanni Segantini, punti di partenza differenti ma che convergono verso il medesimo obbiettivo (o almeno cosi potrebbe essere)

Giovanni Segantini – L’amore alla fonte della vita (Gli amanti alla fonte della vita) 1896

Olio su tela - cm 69 x 100  Galleria d’Arte Moderna, Milano



(Perhaps love - John Denver)

 

Forse l'amore è come un luogo di riposo un rifugio dalla tempesta
esiste per darti conforto è lì per tenerti al caldo
e in quei momenti di difficoltà, quando sei più solo
il ricordo dell'amore ti porterà a casa.


Forse l'amore è come una finestra forse una porta aperta
ti invita ad avvicinarti vuole mostrarti di più
e se ai perderai te stesso e non saprai cosa fare
il ricordo dell'amore ti aiuterà a superare le difficoltà.


Oh, l'amore per alcuni è come una nuvola per alcuni forte come l'acciaio
per alcuni un modo di vivere per alcuni un modo di sentire
e alcuni dicono che l’amore è in possedere, altri lasciare liberi

alcuni dicono l’amore è tutto altri dicono che non lo sanno.


Forse l'amore è come l'oceano pieno di conflitti, pieno di dolore
Come il fuoco quando fuori fa freddo, quando tuona e piove
Se dovessi vivere per sempre e tutti i miei sogni si realizzassero
I miei ricordi d'amore saranno di te