Autore: Francisco de Zurbarán
(Fuente de Cantos, 1598 – Madrid, 1664)
Titolo dell’opera: Agnus Dei, 1635-40
Tecnica: Olio su tela
Dimensioni: 38 x 62 cm
Ubicazione attuale: Museo del Prado, Madrid
Un paio di anni fa una carissima amica mi ha mandato un messaggio d’auguri in occasione della Pasqua, ad accompagnare il testo c’era questo dipinto di Zurbarán (la riproduzione fotografica del dipinto).
Lo
pensavo allora e lo penso oggi, si tratta di un autentico preziosismo artistico
ma soprattutto culturale.
Certo
in un’epoca, quella attuale, dove l’ipocrisia buonista la fa
da padrona, molta gente storcerà il naso per il solo fatto di contestualizzare
il soggetto nel periodo sbagliato.
Non si
tratta dell’agnello destinato alla tavola pasquale ma del simbolo assoluto
della Pasqua, “ l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”, il sacrificio
supremo per la salvezza dell’umanità.
Solo
chi ha una conoscenza artistica e della storia delle religioni può pensare di
accompagnare l’augurio di una Pasqua serena con un’opera di questo spessore.
“Agnus
Dei” di Zurbarán è un capolavoro assoluto, non tanto per la qualità tecnica
(che è indiscussa) ma per il livello concettuale altissimo, l’agnello
sacrificale incarna il figlio di Dio ma non viene rappresentato con i crismi
divini, è un innocente animale che viene sacrificato per la causa suprema.
Non
voglio entrare in una discussione puramente teologica, non è questo il luogo,
non è questo il senso del mio scritto e soprattutto non ne ho le competenze, la
cosa fondamentale è: cosa può spingere qualcuno a scegliere questo dipinto (che
innegabilmente mette a disagio) per augurare una buona Pasqua quando ci sono
migliaia di immagini festose (colombe e uova colorate su tutti) che sembrerebbero
più adatte allo scopo?
Per
prendere coscienza di quest’opera ai giorni nostri serve la capacità di
prendere le nostre conoscenze, le nostre sensazioni e proiettarle alla metà del
diciassettesimo secolo, contemporaneamente dobbiamo immedesimarci con il
“sentire” popolare o aristocratico (o entrambi) del 1640 e trasmettere il tutto
al 2021, un percorso di andata e ritorno, ripetuto all’infinito, che permetta
una “costruzione” antica ma attuale o attuabile.
Se
osserviamo l’agnello con le zampe
legate, adagiato su una tavola, evidentemente pronto al sacrificio, non
possiamo che esserne turbati, traspare la violenza, l’inaccettabile fatto che
qualsiasi essere indifeso possa pagare per le colpe o i piaceri altrui, se ci
limitassimo a queste considerazioni tanto vale prendere il dipinto e chiuderlo
in un magazzino.
Ma è il
concetto di base del pittore spagnolo che deve essere preso in considerazione,
l’agnello protagonista del dipinto non è il cucciolo di una pecora ma la
rappresentazione del sacrificio di Gesù (la Pasqua ha origini ebraiche ma
Zurbarán ne fa una lettura cristiana) nessuno obietterebbe alcunché davanti ad
un quadro che rappresenti la passione e la crocifissione del Cristo, il
soggetto del dipinto è proprio questo, la particolarità dell’opera di Zurbarán
sta nel fatto che riesca a scuotere le coscienze con l’utilizzo di un, apparentemente "semplice" animale.
Il
percorso che ho menzionato non è per niente facile, guardare al passato con gli
occhi del presente e al contempo guardare il dipinto nel terzo millennio
utilizzando lo sguardo di quattrocento anni fa è complicatissimo, se non
impossibile, ecco perché reputo un preziosismo augurare una Pasqua serena e
felice con un’opera che di “sereno e felice” non ha nulla.
Hai ragione, la vista di questo quadro può turbare gli animi di molti. Ed io ti ringrazio per averne spiegato il senso in modo semplice e quanto mai comprensibile.
RispondiEliminaCaro Romualdo, ti abbraccio e ti auguro una Pasqua serena.
Ciao Mariella, è innegabile che l'immagine non può lasciare indifferenti, per questo motivo è complicato concentrare l'attenzione sul significato simbolico andando oltre l'apparenza.
EliminaGrazie a te per le belle parole, contraccambio con estremo piacere l'abbraccio e l'augurio di una Pasqua felice.