«Qualsiasi cosa guardiate, anche se
è inanimata risponde al vostro sguardo; in quel momento avviene qualche sorta
di comunicazione a cui il vostro volto reagisce cambiando espressione».
Questo
pensiero, espresso dall’architetto Daniel Libeskind, ci spinge ad una
riflessione: siamo noi dunque a determinare l’incontro con ciò che ci circonda,
questo vale per gli edifici (come sottolinea lo stesso Libeskin in quanto
architetto) che possono sostenere il nostro sguardo o girarsi dall’altra parte.
Concetto
che si accentua quando ci rivolgiamo alla “natura” che influisce sulle nostre
percezioni in quanto “essenza vivente”.
Dopo
questa “visione” come ci comportiamo davanti all’arte? E’ impensabile negare un
coinvolgimento totale, anche se per qualcuno si tratta solo di “un quadro” o
“una statua” è innegabile che cerchi di dirci qualcosa o forse siamo noi a
spingere ciò che abbiamo di fronte a “parlare”.
Nell'immagine: Imperial War Museum North, Manchester - Daniel Libeskind
Penso che nella maggior parte dei casi sia così. Vediamo ciò che l'artista non voleva né pensava di comunicare altre volte invece si comprende perfettamente il messaggio di un'opera. Forse la bravura di un artista dipende da questo. Dal saper interagire col pubblico.
RispondiEliminaBella riflessione. Ti abbraccio Romualdo.
Ciao Pia, le risposte possono essere molte, tutte hanno un fondamento, nessuna è definitiva.
EliminaL'artista sicuramente "esprime" un pensiero, difficile dire se sappiamo o meno comprenderlo, penso che la libertà di interpretazione sia il vero fulcro dell'arte.
Grazie per il tuo preziosissimo intervento.
Un grande abbraccio a te, felice serata.