13 giugno 1943, il critico del New York Time Edward Allen si definisce “turbato”
in una recensione dedicata ai dipinti di Marc Rothko e Adolph Gottlieb.
I due artisti, a cui si unisce Barnet Newmann, rispondono utilizzando la rubrica delle lettere alla
redazione della stessa testata. Il testo è a tutt’oggi considerato il
manifesto della pittura americana degli anni quaranta del novecento:
“1-Per noi l’arte è un’avventura che ci conduce in un mondo sconosciuto. Soltanto coloro che per libera volontà si assumono tale rischio possono scoprire questo mondo.
2-Questo mondo dell’immaginazione è lasciato alla fantasia e si trova in aperto contrasto con il pensiero comune dell’uomo.
3-Il nostro compito come artisti è mostrare agli uomini il mondo come noi lo vediamo e non come loro lo vedono.
4-Noi siamo a favore di una semplice espressione del pensiero complesso. Siamo per le grandi forme, perché il loro impatto è inequivocabile. Vogliamo dare nuovo valore alla superficie del dipinto. Siamo per le forme bidimensionali, perché distruggono l’illusione e sono veritiere.
5-Tra i pittori è diffusa l’opinione che ciò che si dipinge non conti, purché lo si dipinga bene. Questa è pura accademia. Non esiste un buon quadro sul nulla. Noi crediamo che il soggetto del quadro sia essenziale e che abbia valore solo quando è tragico e senza tempo. Sotto questo aspetto ci sentiamo molto legati all’arte primitiva, arcaica”.
Si può essere d’accordo o meno su parte o sull’insieme della dichiarazione ma è innegabile che si tratti di un “pensiero” moderno nonostante siano trascorsi più di settantacinque anni, concetti che dimostrano che quando si guarda al futuro si accede di diritto all’immortalità.
Nell'immagine: Adolph Gottlieb - Blast I, 1957 - Olio su tela, cm 228x114. The Museum of Modern Art, New York
(Il manifesto, virgolettato, è
tratto da “Arte Moderna” edizioni Taschen)
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