Cercando qualcosa da vedere sulla piattaforma streaming di Amazon, scorrendo tra le pellicole catalogate nella categoria “Shi-fi”, mi sono imbattuto, casualmente, in un film del 2007 il cui titolo “L’uomo venuto dalla terra” non invogliava certo alla visione.
Sarà il destino, sarà il caso, fatto sta che ho
iniziato a guardarlo e posso dire di dover ringraziare suddetta scelta.
Di fantascientifico ha poco, niente alieni, niente
astronavi, nessun viaggio spaziale, assenza totale di effetti speciali.
Con un budget di soli 200 000 dollari il regista newyorkese Richard Schenkman da
vita ad un viaggio nel tempo, nella storia, nella filosofia.
Praticamente tutto il film è girato in una stanza,
solo alcune scene iniziali e finali sono all’esterno, otto i personaggi che
dividono lo spazio, null’altro.
Il film inizia con il protagonista, John Oldman, che
si appresta a caricare degli scatoloni su un pik-up, pronto evidentemente a
lasciare l’abitazione alle sue spalle, in quel frangente arrivano alcuni amici,
docenti accademici come John, che giungono per un ultimo saluto, un biologo,
una teologa, Sandy una dottoressa innamorata del protagonista e un antropologo.
Mentre gli amici, che hanno portato cibo e bevande per
celebrare la partenza, stanno aiutando John a caricare i bagagli a Edith non
sfugge un quadro che ricorda lo stile di Van Gogh ma il cui soggetto è sconosciuto,
dietro il dipinto una dedica: “Al mio amico Jaques Borne”. Il dottor Oldman
sostiene di averlo acquistato da un rigattiere.
Il gruppo entra in casa per consumare le vettovaglie e
brindare alla partenza del collega, poco dopo vengono raggiunti da Art, un
archeologo accompagnato da una giovane studentessa.
Tra una battuta ed un’altra gli amici di John
insistono per sapere il motivo di questa sua partenza improvvisa, inizialmente
nega che ci siano problema particolari che lo portano ad andarsene in fretta ma
dopo una pressante insistenza John svela il motivo che lo induce ad andarsene e
lo fa con una domanda: “e se supponessimo che un uomo del paleolitico fosse
sopravvissuto fino ai giorni nostri?”.
Pensando che l’amico si stia divertendo, magari
impostando una futura scrittura di un romanzo di fantascienza, il gruppo inizia
ad avanzare alcune tesi, più o meno plausibili, quando però John sostiene che
quell’uomo è lui …
Come dicevo niente effetti speciali, solo un dialogo
serrato tra i membri della compagnia, discussioni accese, qualche litigio al
punto che Art, in un momento di distrazione di John, chiama al telefono un
altro insegnate loro amico, uno psicologo che a breve, si unirà alla compagnia.
Ottanta minuti dove le più svariate teorie, confutate
o avvalorate dall’uomo millenario, scorrono davanti allo spettatore che viene
catturato dall’impostazione filosofica del viaggio, dove il tempo diviene
relativo e la concezione della storia e del presente perdono alcune delle certezze
che sembravano assodate.
La pellicola certamente è tutt’altro che perfetta, se
la sceneggiatura è superba non si può dire lo stesso della fotografia e anche
la scenografia non è eccelsa.
La recitazione è buona, in caso contrario
il film sarebbe stato inguardabile, con punte più elevate di altre,
probabilmente il doppiaggio italiano ha abbassato leggermente il livello anche
se è comunque accettabile.
Il concetto alla base del film è il vero punto di
forza, certo era difficile portare questa storia sullo schermo senza rischiare
la noia, pericolo scongiurato proprio grazie agli attori.
La storia nasce dalla mente di Jerome Bixiby, che
pensò a questo racconto fin dagli anni sessanta e che dettò al figlio nel 1998
poco prima di morire, Bixiby è anche l’autore della serie “Ai confini della
realtà”, scrisse quattro episodi della serie originale “Star Treek” (citata nel
finale del film) e a quattro mani l’opera che diede vita al film cult del 1966 “Fantastic
voyage” (conosciuto da noi con il nome di “Viaggio allucinante”).
Questa è la copertina del film nel formato DVD (non è mai stato proiettato in sala) non rispecchia minimante ciò che la pellicola vuole raccontare, ma forse la legge del
marketing impone queste scelte …
L'ho visto anche io.. peccato vada esagerando fino ad un finale ancora peggio, perché le basi per intrigare ancor più, innescando tesi che solo un millenario avrebbe potuto sviscerare, c'erano tutte ma le ho trovate sollecitate solo superficialmente.. comunque un bella visione considerando la pochezza del cinema attuale. ;)
RispondiEliminaSul fatto che in alcuni frangenti abbiano esagerato (vedi Gesù) non ci sono dubbi, il finale poteva essere fatto meglio ma in quel caso hanno voluto chiudere in modo chiaro, senza lasciare zone "grigie".
EliminaCome dici benissimo tu consideriamo "di livello" anche ciò che non è perfetto proprio perché lo paragoniamo al cinema attuale, la filmografia contemporanea (con le dovute eccezioni) è quella che riabilita le pellicole del passato che allora erano considerate spazzatura.
Grazie Franco, buona serata.
Blog interessante.Se vuoi seguirmi sarò felice.
RispondiEliminaBenvenuta Olga, grazie.
Eliminaio non l'ho visto, ma detto così sembra interessante.
RispondiEliminaMagari mi capita sott'occhio
A me me non è dispiaciuto, oggi si predilige l'azione e l'effetto scenico a scapito, spesso, della storia e della recitazione, se dovessi un giorno avere l'occasione di guardarlo mi piacerebbe ascoltre il tuo punto di vista.
EliminaGrazie Alberto, buona giornata.