domenica 22 settembre 2024

E se ...

Cercando qualcosa da vedere sulla piattaforma streaming di Amazon, scorrendo tra le pellicole catalogate nella categoria “Shi-fi”, mi sono imbattuto, casualmente, in un film del 2007 il cui titolo “L’uomo venuto dalla terra” non invogliava certo alla visione.


Sarà il destino, sarà il caso, fatto sta che ho iniziato a guardarlo e posso dire di dover ringraziare suddetta scelta.

Di fantascientifico ha poco, niente alieni, niente astronavi, nessun viaggio spaziale, assenza totale di effetti speciali.

Con un budget di soli 200 000 dollari il regista newyorkese Richard Schenkman da vita ad un viaggio nel tempo, nella storia, nella filosofia.

Praticamente tutto il film è girato in una stanza, solo alcune scene iniziali e finali sono all’esterno, otto i personaggi che dividono lo spazio, null’altro.

Il film inizia con il protagonista, John Oldman, che si appresta a caricare degli scatoloni su un pik-up, pronto evidentemente a lasciare l’abitazione alle sue spalle, in quel frangente arrivano alcuni amici, docenti accademici come John, che giungono per un ultimo saluto, un biologo, una teologa, Sandy una dottoressa innamorata del protagonista e un antropologo.

Mentre gli amici, che hanno portato cibo e bevande per celebrare la partenza, stanno aiutando John a caricare i bagagli a Edith non sfugge un quadro che ricorda lo stile di Van Gogh ma il cui soggetto è sconosciuto, dietro il dipinto una dedica: “Al mio amico Jaques Borne”. Il dottor Oldman sostiene di averlo acquistato da un rigattiere.

Il gruppo entra in casa per consumare le vettovaglie e brindare alla partenza del collega, poco dopo vengono raggiunti da Art, un archeologo accompagnato da una giovane studentessa.

Tra una battuta ed un’altra gli amici di John insistono per sapere il motivo di questa sua partenza improvvisa, inizialmente nega che ci siano problema particolari che lo portano ad andarsene in fretta ma dopo una pressante insistenza John svela il motivo che lo induce ad andarsene e lo fa con una domanda: “e se supponessimo che un uomo del paleolitico fosse sopravvissuto fino ai giorni nostri?”.

Pensando che l’amico si stia divertendo, magari impostando una futura scrittura di un romanzo di fantascienza, il gruppo inizia ad avanzare alcune tesi, più o meno plausibili, quando però John sostiene che quell’uomo è lui …

Come dicevo niente effetti speciali, solo un dialogo serrato tra i membri della compagnia, discussioni accese, qualche litigio al punto che Art, in un momento di distrazione di John, chiama al telefono un altro insegnate loro amico, uno psicologo che a breve, si unirà alla compagnia.

Ottanta minuti dove le più svariate teorie, confutate o avvalorate dall’uomo millenario, scorrono davanti allo spettatore che viene catturato dall’impostazione filosofica del viaggio, dove il tempo diviene relativo e la concezione della storia e del presente perdono alcune delle certezze che sembravano assodate.

La pellicola certamente è tutt’altro che perfetta, se la sceneggiatura è superba non si può dire lo stesso della fotografia e anche la scenografia non è eccelsa.

La recitazione è buona, in caso contrario il film sarebbe stato inguardabile, con punte più elevate di altre, probabilmente il doppiaggio italiano ha abbassato leggermente il livello anche se è comunque accettabile.

Il concetto alla base del film è il vero punto di forza, certo era difficile portare questa storia sullo schermo senza rischiare la noia, pericolo scongiurato proprio grazie agli attori.

La storia nasce dalla mente di Jerome Bixiby, che pensò a questo racconto fin dagli anni sessanta e che dettò al figlio nel 1998 poco prima di morire, Bixiby è anche l’autore della serie “Ai confini della realtà”, scrisse quattro episodi della serie originale “Star Treek” (citata nel finale del film) e a quattro mani l’opera che diede vita al film cult del 1966 “Fantastic voyage” (conosciuto da noi con il nome di “Viaggio allucinante”).

Questa è la copertina del film nel formato DVD (non è mai stato proiettato in sala) non rispecchia minimante ciò che la pellicola vuole raccontare, ma forse la legge del marketing impone queste scelte …



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