venerdì 27 gennaio 2023

La narrazione del dolore come terapia (e prevenzione) dell'orrore, Edit Birkin

Edit Birkin (nata Hofmann, nome con cui firma le sue opere) viene deportata nel ghetto di Lódz nel 1941, allora aveva 14 anni, successivamente viene trasferita ad Auschwitz dove vive l'orrore dell'olocausto.


L'ultimo respiro-camera a gas, 1980 cm 50,8 x 60,9  Imperial War Museum, Londra

“Auschwitz era molto spaventoso, perché c’era pieno di tedeschi”, bastano queste parole per farci comprendere quanto era radicato, nella Germania di allora, il concetto di odio.

Ancora più pesanti delle parole sono alcuni dipinti che Edit realizza più tardi, opere che raccontano l’inenarrabile e al contempo riescono ad alleviare, seppur molto parzialmente, l’angoscia che pervade chi ha conosciuto l’orrore.


Giorno della liberazione, 1980-82   cm 53,3 x 45,7   Imperial War Museum, Londra



Carretto della morte, ghetto di Łódź, 1980-82  cm 71,2 x 91,4    Imperial War Museum, Londra



Un campo di gemelli - Auschwitz, 1980-82  cm 71,2 x 91,4  Imperial War Museum, Londra



4 commenti:

  1. Davvero i quadri parlano di più delle parole. Questi quadri

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Vero Alberto, la grande pittura ha il potere e la forza di colpire in profondità, in questi casi raggiunge vette altissime.
      Grazie, buona giornata.

      Elimina
  2. Immagini come libri aperti. Grazie per la condivisione.
    sinforosa

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie a te Sinforosa, sono immagini che ti avvolgono, ti scuotono, spesso raggiungono "luoghi" preclusi alla parola.
      Buona giornata.

      Elimina

Se vi va di lasciare un commento siete i benvenuti, i commenti contenenti link esterni non verranno pubblicati.
I commenti anonimi sono impersonali, conoscere il nome di chi lascia il proprio pensiero facilita il confronto, grazie.