"Un tempo per la meraviglia alzavamo al cielo lo sguardo sentendoci parte del firmamento, ora invece lo abbassiamo preoccupati di far parte del mare di fango".
(da
Interstellar)
René Magritte – I misteri dell’orizzonte, 1955 –
Olio su tela cm 50 x 65
Quando pensiamo al film di Nolan, Interstellar appunto, andiamo con la memoria al pianeta di Man e alle sue gigantesche onde, al tempo che scorre lentamente nei pressi di un buco nero rispetto a ciò che succede sulla terra, pensiamo a Gargantua, forse la più realistica rappresentazione dei giganteschi Black Hole.
Ma è proprio la frase sopra citata che rivela il “limite” umano, sia nel film che nella nostra quotidiana realtà.
Cooper esclama quelle parole dopo che l’insegnante della figlia stigmatizzava il fatto che la giovane ragazza sostenesse la tesi della veridicità dell’allunaggio del programma Apollo.
L’insegnate sostiene che le missioni sono state una finzione atta a mettere in crisi l’Unione Sovietica, e denuncia il fatto che la ragazza si azzuffasse con i compagni per: “questa assurdità dell’Apollo”.
Queste assurdità, una teoria che ha molti seguaci oggigiorno, e che, se stiamo all’esito raccontato nel film, non ci condurranno molto lontano.
Tornando
alla frase iniziale, non possiamo non accorgerci che stiamo abbassando sempre
più la testa, sono pochi quelli che hanno ancora il coraggio di guardare in
alto, o forse sembrano pochi perché lo fanno in silenzio, in contrapposizione
dei cultori del nulla che non fanno altro che urlare.