Qualche
anno fa, in occasione di una visita ad una mostra itinerante dedicata alla
follia, mi sono imbattuto in un dipinto che si inseriva benissimo nel contesto
della manifestazione, il quadro ci mostra due persone una seduta, l’altra
appoggiata allo stipite di quella che sembra una porta d’accesso ad una
dimensione “altra”, l’entrata era solo una delle tante che si susseguono
costruendo cosi un corridoio quasi infinito, il tema della mostra, la follia o
la pazzia, ci indirizza verso una direzione precisa, quella del viaggio della
mente.
Il
dipinto non è certo un’opera di grande valore tecnico, ho visto decisamente di
meglio ma c’è in giro anche di peggio.
Al
di là della sensazione di disagio, di un claustrofobico fastidio, la tela non
ci dice molto, non entra nell’anima dell’osservatore, si limita a dirci
qualcosa ma lo fa senza convinzione.
Superato
il primo approccio visivo vado con lo sguardo sulla targhetta che descrive l’opera,
il titolo è “Untitled”, l’autore Adolf Hitler.
Inutile
dire che la percezione del dipinto non può essere la stessa se lo accostiamo ad
un nome che è l’incarnazione della pazzia nella sua versione più tragica,
conoscendo il nome del pittore non muta il giudizio estetico e tecnico, il
concetto che sta dietro (o dentro) al quadro prende un’altra forma.
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Il cortile della vecchia residenza di Monaco, 1907 |
Oltre a quel quadro ne propongo un altro dello stesso autore, un acquerello dai toni meno opprimenti, un’opera che se realizzata da qualcun altro potremmo anche definirla gradevole. Ma sapendo che anche questo paesaggio è opera di Hitler le ombre sulla parete della costruzione prendono forma trasformandosi in qualcosa di malvagio?
Quanto
siamo condizionati dal nome di un artista? Quante volte davanti ad una tela la
nostra interpretazione e il nostro apprezzamento non muta, anche solo in minima
parte, nell’istante in cui conosciamo l’autore?
Un
grande artista innalza un’opera in quanto siamo propensi ad approfondire il perché
è stata realizzata in quel modo, non dico che cambiamo opinione ma le
conoscenze di chi la realizza ne moltiplica i punti di osservazione.
Nel
caso specifico delle opere di Hitler è praticamente impossibile scindere l’oggetto
dal suo creatore, cosi come è impossibile separare l’artista dall’uomo, al
punto che in moltissimi hanno chiesto la rimozione del dipinto in quanto realizzato
da tale essere e non per ciò che voleva rappresentare.
Lo
stesso curatore della mostra, Vittorio Sgarbi, disse che il quadro era un’autentica
porcheria (ha usato altri termini ma il senso è quello) ma che ha deciso di
inserirlo in quanto lo steso pittore era parte integrante della narrazione
della mostra.
Questo
dimostra che non solo l’uomo dietro l’artista, e a sua volta dietro il quadro,
riesce ad influenzare la percezione ma addirittura è l’aspetto umano a prendere
il sopravvento.
Non
so se sia più o meno giusto ma la tela non era esposta perché rappresentava la follia,
era parte della mostra in quanto il suo autore ne ere un tragico e sconvolgente
esempio.
Quando è la firma a diventare opera.
RispondiEliminaVerissimo Franco, qui nasce un'altra considerazione, spesso si definisce arte quello che non ci lascia indifferenti, un'opera che ci colpisce per il soggetto, per qualcosa che ci scuote nel profondo, le opere di Hitler (o meglio i dipinti con la sua firma) lasciano inevitabilmente una traccia del passaggio, questo per l'associazione precedente ci porta a considerarli arte?
EliminaSiamo noi ad elaborare ciò che vediamo, spesso andando oltre quello che le varie opere vogliono raccontarci, tutto affascinante e complicato.
Grazie carissimo, buona giornata.
C'è tutta una serie di considerazioni - non secondarie - per cui si titilla il richiamo, la curiosità, l'indiscrezione. Questione di marketing ovviamente, lontanissime da ogni interesse artistico e culturale.
EliminaIo penso che inserita in quel contesto l'opera abbia rilevanza culturale (non so se artistica ma non posso escluderla a priori anche se ho molti dubbi) quella mostra non poteva escludere un personaggio che della "follia" ne è il sinonimo, partire da quella che era una sua, innocua, passione, ci mostra dove ci può portare la vita indirizzata dagli innumerevoli bivi davanti ai quali dobbiamo scegliere dove andare.
EliminaSicuramente il nome dell'artista fa parte dell'opera e spesso trovo difficile distinguere quanto è completezza di informazione e quanto è suggestione. Nella fattispecie direi che è più sensazionalismo, specialmente considerando il curatore della mostra che aul sensazionalismo c'ha fatto una vera e propria carriera. Ma anche questa mia considerazione, alla fine, potrebbe essere dettata dalla mia personale considerazione di questo personaggio. Quindi mi pare di poter dire che non se ne esce, e forse è anche bene così. In fondo forse non è così sbagliato se anche l'arte è mediata dalla nostra sensibilità, sensibilità verso l'opera e sensibilità verso l'autore. O no?
RispondiEliminaIn questo caso la suggestione prende il sopravvento, il curatore non ha utilizzato l'opera di Hitler come richiamo alla mostra anzi, solo durante il percorso si scopre la presenza del dipinto, e del suo autore, Sgarbi, come sottolinei tu, è sempre stato sensazionalista ma non ha corso il rischio di pubblicare tale presenza, le polemiche sarebbero esplose più numerose di quelle che che in realtà ci sono state.
EliminaCome ho già scritto nella risposta al commento di Franco penso che un personaggio come Hitler entri di diritto in questa mostra, forse più come uomo (???) che come artista.
Grazie Alberto, buona giornata.
PS La casualità ha portato questo post proprio in questi giorni, il 25 aprile ricorda la liberazione di tale mostruosità, è bene ricordare quell'evento, ma non dobbiamo dimenticare che la follia di certi personaggi è sempre presente, ecco perché certe mostre (e il loro contenuto) hanno un senso.