martedì 20 maggio 2025

Il genio non ha confini

28 giugno 2009, Stephen Hawking, all’interno di una sala dell’università di Cambridge, siede in attesa degli invitati ad un party che lo stesso fisico aveva organizzato, nessuno si presenta, è a questo punto che Hawking decide di spedire gli inviti ...

Immagine dal web

Evidentemente in questa narrazione c’è qualcosa che non quadra, a provare chiarire l’enigma ci pensano le parole scritte sugli inviti stessi: “Ecco l’invito che ti fornisce le coordinate esatte nel tempo e nello spazio per partecipare alla festa. Sei cordialmente invitato ad un ricevimento per i Viaggiatori del tempo. Spero che copie di esso, in una forma o nell’altra, sopravvivano per molte migliaia di anni. Forse qualcuno che vive nel futuro troverà le informazioni e userà una macchina del tempo o un warmhole per venire alla mia festa, dimostrando che viaggiare nel tempo un giorno sarà possibile”.

Il geniale matematico inglese dunque ha potuto constatare che in futuro non ve certezza che si possa viaggiare nel tempo. Questo però non dice il contrario, possono essere molte le cause che hanno impedito ai visitatori di giungere al party quel giorno, gli inviti potrebbero essere scomparsi prima della costruzione di un “veicolo” che conduca indietro nel tempo, oppure che le macchine del tempo possano trasportare l’uomo non più indietro della data di costruzione delle stesse, naturalmente è valida la tesi che viaggiare nel tempo sia impossibile.

Ma quest’idea, per assurda che possa apparire, è semplicemente geniale, se al posto di Hawking ci fosse stato qualcuno con lo scopo di mettere in scena una performance, potremmo definire il tutto un’opera d’arte?

Possiamo condurre questo avvenimento al movimento dadaista? Chi mi conosce sa già quale sia la mia risposta: assolutamente si!

L’organizzazione di questo party privato, dove tutti sono invitati ma a posteriori, è stata inserita in un contesto scientifico (o fantascientifico, dipende dai punti di vista) se lo togliamo da quella cornice e lo inseriamo in un ambito museale non è possibile non prendere in considerazione la realizzazione di un’opera di stampo artistico.

Inconsapevolmente, o forse no, Hawking realizza un capolavoro concettuale che, in quanto strettamente legato alla fisica, è ignorato dai più.

Un’opera, se realizzata per scopi differenti, viene sottratta dal suo contesto naturale e inserita in una sfera “artistica” diventa arte, a chi ci rimanda tutto questo?

4 commenti:

  1. In qualche modo mi ricorda il mio post programmato tra dieci anni, magari non esattamente "opere" queste, chiamiamole pure esperienze, ma un tocco d'arte ce lo vedo, un guardare oltre, un plasmare l'insplasmabile e sfidare l'arido convenzionale. Geniale sì, e dove c'è genio, c'è arte. ;)

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    1. Ciao Franco, opere o esperienze non fa differenza nel momento in cui l'idea è geniale e viene proiettata sul "muro" del concetto artistico, dove l'emozione, la sensazione di euforica meraviglia prende il sopravvento.
      L'arte è incasellabile, è ovunque là dove muore la banalità, il vero problema non sta nel fatto che l'arte sia dappertutto ma che venga confusa con la marea di ovvietà che popolano il nostro quotidiano.
      Grazie, buona giornata.

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  2. Non so se è arte, certo che è certamente una bellissima nonché geniale performance.
    Però sono abbastanza stupito della mancanza della Marina Abramovic. Lei ci sarebbe proprio dovuta essere a questa rappresentazione di "scienza irreale".
    Ma al di là di tutto è uno spunto davvero interessante

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    1. Ciao Alberto, in effetti la Abramovic non ci sarebbe stata male anche se questa è una performance più concettuale (dietro all'idea poteva esserci Duchamp) mentre l'artista serba ama la presenza, mette in scena il proprio corpo come medium per esprimere un concetto.
      "scienza irreale" bellissima definizione, il tutto e il suo contrario.
      Grazie, buona giornata.

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