Victor Brauner ritrae sé stesso senza un occhio, non si tratta di un occhio ferito, lesionato, spento, l’occhio non c’è, è stato esportato.
Victor Brauner - Autoritratto , 1931 – Olio su tavola cm 22 x 16
Non
si sa il motivo per cui Brauner si sia ritratto in queste condizioni in quanto
non aveva alcun problema di vista, aveva due occhi entrambi funzionanti.
Va
detto che gli occhi e la loro “posizione” decontestualizzata vengono
rappresentati spesso, in un dipinto il pittore dipinge con gli occhi, in un
altro sono incastonati nel palmo di una mano, atri ancora rappresentano oggetti
inanimati (come un tavolo) che prendono vita in quanto in possesso di occhi
vigili. Nulla però di cosi esplicito come un suo autoritratto con l’orbita
oculare vuota ed il sangue che scorre a dirci che la causa di ciò è un gesto
violento.
Sette
anni dopo, durante una delle tante convulse serate surrealiste, dove spesso
finiva in rissa a causa delle contestazioni del pubblico che non amava farsi
insultare, e dall’eccesiva circolazione di bevande alcoliche, gli “scontri”
vanno un po’ oltre, una persona completamente ubriaca lancia una bottiglia, il
destinatario riesce a schivarla ma Brauner no, una scheggia di vetro, o la
bottiglia stessa (le versioni variano) colpisce in pieno viso l’artista rumeno
danneggiandogli irrimediabilmente l’occhio, la corsa all’ospedale non serve a
ridargli la vista ma neppure a salvare il globo oculare che verrà espiantato.
In seguito il gruppo di amici farà una colletta per acquistarne uno di vetro.
Nel
dipinto del 1931 dunque il pittore aveva previsto tutto? Difficile pensare che
sia cosi ma è altrettanto incredibile pensare che un incidente tanto raro e difficile
da preventivare fosse il soggetto di un opera di sette anni prima.
L’occhio
che indaga in profondità e la perdita dello stesso, l’incapacità dell’uomo, nel
tempo, di saper andare oltre il visibile, la perdita di quell’occhio interiore
che ci spinge ad accettare il fatto che ci basti quello che c’è in superficie,
cosa che spesso coincide con la banalità.
Forse
proprio per il dilagare di tale mediocrità spinge il pittore a rifugiarsi in
montagna e a proseguire la propria esistenza in solitudine.
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