lunedì 10 novembre 2025

Il dipinto premonitore

Victor Brauner ritrae sé stesso senza un occhio, non si tratta di un occhio ferito, lesionato, spento, l’occhio non c’è, è stato esportato.

Victor Brauner - Autoritratto , 1931 – Olio su tavola cm 22 x 16


Non si sa il motivo per cui Brauner si sia ritratto in queste condizioni in quanto non aveva alcun problema di vista, aveva due occhi entrambi funzionanti.

Va detto che gli occhi e la loro “posizione” decontestualizzata vengono rappresentati spesso, in un dipinto il pittore dipinge con gli occhi, in un altro sono incastonati nel palmo di una mano, atri ancora rappresentano oggetti inanimati (come un tavolo) che prendono vita in quanto in possesso di occhi vigili. Nulla però di cosi esplicito come un suo autoritratto con l’orbita oculare vuota ed il sangue che scorre a dirci che la causa di ciò è un gesto violento.

Sette anni dopo, durante una delle tante convulse serate surrealiste, dove spesso finiva in rissa a causa delle contestazioni del pubblico che non amava farsi insultare, e dall’eccesiva circolazione di bevande alcoliche, gli “scontri” vanno un po’ oltre, una persona completamente ubriaca lancia una bottiglia, il destinatario riesce a schivarla ma Brauner no, una scheggia di vetro, o la bottiglia stessa (le versioni variano) colpisce in pieno viso l’artista rumeno danneggiandogli irrimediabilmente l’occhio, la corsa all’ospedale non serve a ridargli la vista ma neppure a salvare il globo oculare che verrà espiantato. In seguito il gruppo di amici farà una colletta per acquistarne uno di vetro.

Nel dipinto del 1931 dunque il pittore aveva previsto tutto? Difficile pensare che sia cosi ma è altrettanto incredibile pensare che un incidente tanto raro e difficile da preventivare fosse il soggetto di un opera di sette anni prima.

L’occhio che indaga in profondità e la perdita dello stesso, l’incapacità dell’uomo, nel tempo, di saper andare oltre il visibile, la perdita di quell’occhio interiore che ci spinge ad accettare il fatto che ci basti quello che c’è in superficie, cosa che spesso coincide con la banalità.

Forse proprio per il dilagare di tale mediocrità spinge il pittore a rifugiarsi in montagna e a proseguire la propria esistenza in solitudine.

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