All’alba del 6 giugno, al centro della Rotonda dei Mille che ospita il monumento di Giuseppe Garibaldi a Bergamo, gli abitanti della città lombarda hanno avuto una sorpresa (piacevole o meno dipende dai punti di vista).
Sulle
spalle della statua del “Re dei due mondi” appare un bambino che con la mano
destra mima una pistola, dopo i primi attimi di smarrimento ecco svelato l’arcano:
si tratta di un’installazione di Maurizio Cattelan.
Come ogni opera realizzata dall’artista padovano anche questa suscita immediatamente reazioni differenti, anche se soprattutto negative, alla mente tornano i bambini impiccati apparsi a Milano nel 2004 (ne ho parlato qui)
L’installazione
inaugura la mostra diffusa “Season” che dal 7 giugno al 26 ottobre sarà
visibile nella città “Dei Mille”.
Cos’è
che scatena il fastidio di molti? Un bambino che “spara”? Il gesto
dissacratorio che tocca uno dei simboli cittadini? O lo sdegno per qualsiasi cosa
non sia comprensibile nell’immediato?
Non
sarò certo io a scandalizzarmi per un’opera d’arte anzi, sono proprio queste
occasioni, dove al primo sguardo non si hanno le giuste coordinate, in cui
possiamo iniziare ad esplorare gli anfratti di una visione, nostra e altrui,
che rimangono in ombra.
Chi
o cosa rappresenta il bambino “armato” a cavalcioni sul monumento di una figura
simbolo della città ma non solo? La difesa o l’aggressione delle nuove
generazioni a tutto ciò che è il passato, oppure il bambino che impugna un’arma,
anche solo metaforica, ci riporta ai tristi fatti di cronaca che denunciano un
degrado morale in cui sono proprio i bambini a farne le spese (qui l’accostamento
all’opera di Milano pare evidente).
Naturalmente
non possiamo escludere l’aspetto giocoso ma sembra più legato alle generazioni
passate, semmai è il tentativo di emergere, con la forza, in un
mondo che non sembra conoscere alternative alla forza stessa.
Dietro
alle opere di Cattelan c’è sempre un messaggio anche se fatica ad emergere, la
totale assenza di riferimenti da parte dell’autore ingarbuglia ulteriormente i
tentativi di darne una definizione logica, in fondo Cattelan ha sempre fatto
della provocazione un suo cavallo di battaglia, ma solo se ci si ferma alla
superficie non si vede altro. Dai “bambini” già citati al dito medio in Piazza Affari, dal papa
colpito da un meteorite fino alla celeberrima “banana” (curioso che le opere
siano conosciute con nomi differenti dal titolo scelto dall’artista)
apparentemente sembra che l’unico obbiettivo sia provocare ma in ogni singolo
caso dietro c’è un preciso percorso, artistico, sociale e culturale.
Come
richiesto a qualsiasi un’opera d’arte anche questa fa discutere, se riuscisse
anche a far riflettere …