Un’opera che scompiglia le carte nel mondo artistico del tempo, una visione che decide di andare oltre l’armonia dei canoni umanistici che permeavano la pittura in quel periodo storico ricordato come il Rinascimento.
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| Rosso
Fiorentino (Giovanni Battista di Jacopo) – Deposizione dalla croce (Deposizione
di Volterra) 1521 | 
La
realtà non è più raffigurata come l’artista la vedeva ma ad emergere è ciò che
il pittore “sente”, concetto che torna prepotentemente agli inizi del 900.
Le
forme, i movimenti, il colore, tutto sembra irreale in un contesto
riconoscibilissimo, la prospettiva non è più rigorosa, gli abiti, le vesti e i
corpi che li indossano non rispettano le proporzioni, la sensazione prende il
posto della "visualizzazione".
La
croce, dalle fattezze “pesanti” è al centro della scena ma non ne è la
protagonista, la sua grave presenza ad un tratto sembra svanire, i bracci
stessi escono dalla tela.
Tre
sono le scale utilizzate per schiodare Gesù, qui l’artista cogli l’attimo
concitato dove, staccati i chiodi, ci si accinge a deporre il corpo morto.
La
scena si divide in due, in alto la narrazione della deposizione, in basso lo
sconforto e la tragedia vissuta da chi gli era più vicino.
Il
personaggio più in alto, Nicodemo, si sporge con decisione e sembra avvertire
gli altri che il modo in cui agiscono non è quello ideale, dall’espressione
allarmata sembra chiedere cosa stiano combinando.
L’aiutante
sotto Nicodemo si sobbarca tutto il peso e, facendo leva sulle gambe appoggiate
sui pioli della scala riesce nel difficile intento, a sinistra Giuseppe D’Arimatea
appare addirittura infuriato, in equilibrio precario allunga il braccio
cercando di bloccare la caduta del Cristo, cosi facendo però con il ginocchio
destro urta l’atro aiutante che sembra perdere l’equilibrio, con il serio
rischio di finire addosso a quelli in basso. Da segnalare il giovane ragazzo,
il cui compito è quello di reggere la scala, che si distrae incurante di ciò
che succede sopra di lui.
Maria
ai piedi della croce crolla dal dolore perdendo i sensi, è sorretta dalle due
pie donne che le stanno accanto, Maria Maddalena invece si dispera gettandosi
ai piedi della madre di Cristo anche lei privata delle forze dall’intensità del
dolore.
Voltato
dall’altra  parte troviamo San Giovanni
Evangelista che in solitudine si abbandona alla disperazione. Alcune fonti
critiche sostengono che Giovanni, rappresentato con un’insolita capigliatura rossa,
sia un autoritratto dell’artista, infatti il pittore, che di nome fa proprio
Giovanni, è chiamato “Rosso” proprio per il colore dei capelli.
Il
paesaggio quasi assente, l’estrema vivacità cromatica, sono alcuni dei
particolari che mostrano una visione che nessuno, fino ad allora aveva messo in
scena, il colore stesso della carnagione del Cristo morto è una fuga dalla
realtà, di allora, rimanendo ancorati ad un chiaro realismo. 
 
 
Una pittura che riempie, il rosso che apre e chiude in basso e in alto, tutte le figure che partecipano attive alla deposizione di un Cristo dal colore anomalo a sottolinearne la centralità nonodtante giochi di scale quasi escheriani. E i chiodi errati, come un'infinità scuola rimarcherà per secoli.
RispondiEliminaCiao Franco, la modernità, lo sguardo ad un futuro inimmaginabile, il coraggio di osare, un tassello essenziale per la "costruzione" della storia dell'arte.
EliminaInteressante l'accostamento a Escher e le sue scali "infinite".
Grazie, buona giornata.