Giorgio Gost, artista parmense celebre per le sue Capsule del tempo, ha “incapsulato” accendini, bottiglie di liquore, penne, bottiglie di vino, stemmi di case automobilistiche, generi alimentari confezionati, dichi in vinile, riproduzioni di opere d’arte moderna e contemporanea, fino ai Bossoli, di cui voglio parlare.
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Giorgio Gost - Bossoli, 2019 |
Inseriti
in scatole di plexiglass i vari oggetti, sono frutto di un’economia, quella del
secondo novecento, che ha fatto del consumo di massa il suo vessillo.
L’opera
Bossoli è del 2019, posteriore agli anni citati in precedenza e in leggero
anticipo ad oggi dove i bossoli portano immediatamente alla cronaca di questi giorni.
IL
titolo completo di queste opere è Capsula
del tempo per l’anno 6000, un tentativo di lasciare ai posteri degli oggetti di
uso quotidiano, in memoria di un’umanità che di memoria non ne ha molta e che
forse all’anno 6000 non ci arriverà neppure (ho la vaga sensazione che ce ne
andremo molto prima).
Ma
perché i bossoli, tracce di armi già utilizzate, specchio della folle miopia
umana, colpiscono lo spettatore nonostante siano stati presenti quotidianamente
da quando sono stati inventati?
La
risposta è che non ci si abitua alla violenza, e questo è motivo di speranza,
ma allora perché le cose continuano ad accadere?
L’arte
(che al contrario di ciò che siamo abituati a credere non è solo bellezza) ha
il potere di scuotere gli individui che ancora hanno voglia di essere scossi,
persone che andando in profondità subiscono gli urti del male (rappresentato
appunto dalle armi) ma non cedono al fascino che emana, pur sapendo che tutto
ciò non è esclusiva dei nostri giorni ma è un’eredità lasciata dal passato e
che, purtroppo, lasceremo al futuro.
Non
so se la scatola del tempo servirà a spronare gli abitanti del tempo che verrà
ad evolversi finalmente o se sarà solo un monito, come è già successo, che
verrà bellamente ignorato.
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