All’interno del
Philadelphia Museun of Art, dell’omonima città americana, si trova una delle
installazioni più geniali del XX secolo.
Visitando le sale
espositive del museo si giunge in uno spazio praticamente deserto, nessun
dipinto nessuna scultura o qualcosa che attiri l’attenzione, a “rompere” la
monotonia delle nude pareti vi è solo una vecchia porta in legno murata con
dovizia, nient’altro, nessuna descrizione nessuna indicazione (in seguito venne
apposta una targhetta per evitare che tutti i visitatori se ne andassero).
Le reazioni del
pubblico sono di tre tipi, alcuni (la maggioranza) si ferma davanti alla porta,
indugia, si guarda attorno perplessa e lascia la stanza.
Altri cercano,
spingendo leggermente, di aprirla o perlomeno cercano di capire se porta da
qualche parte, la resistenza dei battenti fa pensare ad un accesso di servizio
chiuso al pubblico, anche in questo caso il visitatore se ne va senza capire il
senso di quella stanza vuota.
C’è però una parte
di curiosi che pazientemente si ferma ad osservare il vecchio portone e i più
attenti scorgono, tra i segni del tempo che hanno intaccato il legno, due fori
ad altezza degli occhi.
A questo punto ci
si avvicina e si “spia” attraverso i due pertugi ed ecco apparire l’opera del
controverso artista francese Marcel Duchamp (che firma l'opera con lo pseudonimo di Rrose Sélavy)
Dietro il massiccio
portone troviamo un paesaggio boschivo dove la figura di una donna
completamente nuda ne è la protagonista.
Il corpo appare
abbandonato fra le sterpaglie, la posizione quasi innaturale fa pensare ad una
donna senza vita, abbandonata dopo una violenza.
L’idea che siamo
noi, in quanto “profanatori” che spiano l’intimo vissuto della donna, i colpevoli è ciò che
fa di quest’opera un capolavoro assoluto, in fondo è la nostra decisione, se
osservare o meno dai due forellini, a rendere la violenza reale o meno, una
questione che ci fa riflettere, a distanza di decenni è ancora attuale.
Concetto qust'ultimo che può essere capovolto, infatti la nostra "missione" di voyeur ci rende testimoni di un fatto che, se non visto, verrebbe dimenticato.
Concetto qust'ultimo che può essere capovolto, infatti la nostra "missione" di voyeur ci rende testimoni di un fatto che, se non visto, verrebbe dimenticato.
Non si vede il
volto e nemmeno la testa, ma la donna non è totalmente inerme, infatti con la
mano destra regge una lampada a gas.
Sullo sfondo si può
notare una piccola cascata d’acqua.
Étant donnés: 1. La chute d'eau, 2. Le gaz
d'éclairage (ovvero Dati: 1. La cascata, 2. L'illuminazione a gas) è il titolo di
questa installazione su cui Duchamp ha lavorato per vent’anni fino alla sua
morte.
Sarà
la seconda moglie Alexina Sattler (che posò per il braccio che regge la lampada
mentre per il resto del corpo si pensa che la modella fu Maria Martins compagna
di Duchamp dal 1946 anno dell’inizio dei lavori sull’opera ed il 1951) a
rendere pubblico quello che è sicuramente il testamento artistico del geniale
artista francese.
Seguendo
il volere di Duchamp l’installazione viene prelevata dallo studio del pittore e
rimontata al Philadelphia Museum, Duchamp aveva lasciato anche un manuale con
la descrizione dettagliata delle istruzione per una “ricostruzione” perfettamente
in linea con il proprio pensiero.
Duchamp
lascia tutti di nuovo a bocca aperta chiudendo con quest’opera una vita fatta
di sorprendenti ribaltamenti
concettuali, dalla negazione dell’arte “retinica” ha voluto spiazzare tutti
mettendo in scena ciò che aveva rinnegato.
veramente da lasciare bocca aperta , visione magica, ricerca fantastica..
RispondiEliminaIo avrei spinto la porta e per la curiosità non avrei notato i due fori che poi mostrano quello che la porta cela..chissà..forse li avrei visti, sai Romualdo che me lo sto ancora chiedendo?
Si può pensare tutto e di più , ma a prima vista anch'io ho visto una violenza fatta alla donna in mezzo alle sterpaglie, ma quanto mistero nella lampada , nella mano che la regge...
Quante meraviglie ci fai conoscere, grazie di cuore mio caro
Un abbraccio forte
Ciao Nella, l’opera ci sorprende a più riprese, per come viene celata ad un osservatore distratto e, in seguito, per ciò che vediamo oltre la porta.
EliminaAlcune fonti raccontano che la scena sia la riproposizione di un fatto di cronaca avvenuto qualche anno prima ma non ci sono dichiarazioni in merito di Duchamp se pensiamo che finché era in vita non aveva svelato a nessuno (compagne escluse) l’esistenza dell’installazione figuriamoci del significato.
Inoltre l’opera ha abbracciato un arco di tempo di due decenni dall’ideazione alla conclusione, se Duchamp si riferiva ad un particolare avvenimento dev’essere successo prima del 1946.
Curioso che il titolo sottolinei la cascata e la lampada a gas come se questi due particolari vadano presi in considerazione più della donna, conoscendo Duchamp penso che sia la porta apparentemente insignificante, sia la scena nascosta oltre i battenti, sono una sfida all’osservatore, solo chi ha la curiosità di spingersi oltre e la fantasia interpretativa viene premiato, al contrario a chi si arrende troppo presto rimane solo la delusione di ciò che non ha compreso.
Tu hai colto perfettamente l’enigmatica lampada sorretta dalla mano di chi non potrebbe farlo, e poi c’è la cascata … un’opera che fa pensare continuamente.
Grazie a te, l’entusiasmo che mostri davanti a questo enigma mi rende felicissimo, ma non avevo dubbi, hai la sensibilità per apprezzare l’imput e per comprenderne le sfaccettature.
Un abbraccio a te, buona serata.