sabato 28 settembre 2019

Il capolavoro del "rinascimento" fiammingo, Rogier van der Weyden


Autore:   Rogier van der Weyden (Rogier de la Pastour)
(Tournai, 1399 ca. – Bruxelles, 1464)

Titolo dell’opera: Deposizione di Gesù (Discesa di Cristo dalla croce)
La datazione dell’opera va dal 1433 al 1437 (alcune fonti differiscono da altre)

Tecnica: Olio su tavola

Dimensioni: 220 cm x 262 cm

Ubicazione attuale:  Museo del Prado, Madrid






Sicuramente l’opera più famosa di van der Weyden e altrettanto sicuramente si tratta di una delle più originali “deposizioni” nella storia dell’arte.

Il pittore fiammingo rappresenta il momento in cui Gesù schiodato dalla croce viene deposto in terra, forse il momento in cui Dio è meno Dio e più uomo.

La rappresentazione avviene all’interno di un preciso confine, quasi un palco dove le pareti non permettono nessuna fuga, tutto è compresso anche se i protagonisti hanno un loro preciso spazio.

Vari sono i particolari che popolano quest’opera, a cominciare dal senso di movimento della scena, infatti tutti i presenti sono colti in un momento di difficoltà dove il corpo del Cristo con tutto il suo peso viene collocato a terra.

Il servo con una mano si aggrappa alla croce e con l’altra accompagna la deposizione del corpo di Gesù, Nicodemo lo sorregge per le braccia mentre Giuseppe d’Arimatea sostiene il corpo dalle gambe.

La scena è in movimento nonostante l’insieme sia fissato nel tempo, i piedi dei due uomini che sorreggono il corpo sono in equilibrio precario ed esprimono il movimento del gesto, anche Giovanni, sulla destra, fa lo stesso sforzo anche se per sostenere Maria che sviene per il dolore.

Ed è proprio il dolore, lo sconforto, che viene sottolineato da van der Weyden, le espressioni del viso, le lacrime, evidenziano lo stato d’animo di tutti i personaggi presenti.

Curioso come l’artista si dedichi ai particolari ( le lacrime, le barbe incolte di alcuni uomini o la vegetazione alla base della scena) con estrema attenzione mettendo in evidenza una capacità tecnica di enorme spessore ma al contempo presta poca attenzione alla prospettiva (la croce parte da un piano secondario ma la parte più alta la troviamo in primo piano).

Sono infiniti gli spunti di curiosità, il servo dietro Giuseppe d’Arimatea e di fianco a Maria Maddalena tiene in mano un vaso contenente gli unguenti che serviranno all’inumazione del corpo, ma non possiamo escludere che si tratti di un oggetto dal contenuto simbolico.

A tutte le donne cade il mantello, la Vergine svenuta non ne ha il controllo e il mantello stesso cade alle sue spalle, la “Maddalena” a destra lo lascia cadere, troppo forte il dolore che gli piega le ginocchia dandole una postura quasi innaturale, anche alla donna all’estrema sinistra scivola il mantello dalle spalle ma un preziosismo del pittore ce la mostra mentre con la mano sinistra cerca di impedirne la caduta.

La struttura narrativa, i particolari dettagliati, i simboli che popolano il dipinto, non mettono in secondo piano i colori, l’intensità cromatica cattura l’osservatore impedendogli di lasciare l’opera senza le sensazioni  e le emozioni che restano impresse nell’anima.

4 commenti:

  1. Un grande capolavoro, non c'è dubbio.
    Ciao Romualdo, giusto un saluto veloce nel tuo Sabato artistico. Buon fine settimana e ti abbraccio.

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    1. Ciao Pia, contraccambio con piacere il saluto e l'abbraccio, buona giornata.

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  2. Caro Romualdo, grazie che ci ai fotto vedere questa opera grandiosa.
    Ciao e buon fine settimana con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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    1. Ciao Tomaso, grazie a te per la visita.
      Un abbraccio e buona giornata.

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