sabato 13 marzo 2021

La "lettura" postuma dell'opera d'arte

Autore:   Franz Marc

(Monaco di Baviera, 1880 – Verdun, 1916) 

Titolo dell’opera: Capanne di fango nella palude di Dachau, 1902

Tecnica: Olio su tela

Dimensioni: 43,5 cm x 73,6 cm

Ubicazione attuale:  Franz Marc Museum, Kokhel am See



Prendo questa tela, di un poco più che ventenne Franz Marc, come esempio di quanto un’opera muti il proprio “aspetto” a seconda di quanto conosciamo tutto ciò che ne è correlato, in questo caso le nostre impressioni possono essere stravolte da ciò che è successo più di trent’anni dopo.

Ad un primo sguardo ciò che vediamo è un paesaggio immerso nel verde, una capanna circondata dagli alberi situata in prossimità o al centro di una zona acquitrinosa.

Tutto sembra immobile, tranquillo, traspare un vago senso di pace, il titolo ci da alcune informazioni, “capanne di fango” anche se l’originale in tedesco sembra concentrarsi sulla capanna ignorando la sostanza di cui è composta, ma questo  non aggiunge o toglie granché.

E’ sempre il titolo a confermarci che siamo nei pressi di una palude (cosa che avevamo intuito) e questo particolare può modificare la nostra percezione, le paludi sono vissute come luoghi malsani, tutt’altro che ameni, il senso di pace dunque potrebbe svanire.

Ma cosa ribalta la nostra visione del dipinto? Soprattutto perché dovrebbe farlo qualcosa che succederà in futuro?

La risposta sta ancora nel titolo, il luogo rappresentato da Marc è nei dintorni della cittadina di Dachau.

Quello che per l’umanità di inizio novecento non è altro che un grazioso paesaggio, per l’osservatore del terzo millennio (con una minima conoscenza storica) è un luogo dove si è vissuto uno dei momenti più terribili della storia dell’umanità.

Chi sa cosa sia successo a Dachau non può ignorare quei fatti e non può esimersi dall’associare la palude naturale di Marc con la palude marcescente dell’animo umano.

Si tratta di un complicato modo di leggere un dipinto ma penso che non possiamo ignorare il fatto che le nostre esperienze, le nostre conoscenze, fatalmente “contaminano” il nostro sentire, la comunicazione con l’opera subisce (o si arricchisce) il nostro subconscio, è doveroso e soprattutto salutare, lasciare che “escano” tutte le sensazioni, anche quelle che apparentemente non hanno nulla in comune con il dipinto, lascandole fluire potremo costruire una visione , sicuramente personale, ma decisamente più completa.  

  

6 commenti:

  1. Concordo. Un'opera d'arte entra in risonanza con quello che abbiamo dentro, che consciamente o inconsciamente conosciamo. È anche questo che ce la fa diventare "nostra", in qualche modo nostra

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    1. Ciao Alberto, l'arte riflette il nostro "sentire", spesso vediamo ciò che siamo più di quanto siamo in grado di "vedere" il punto di vista dell'autore.
      Grazie, buona giornata.

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  2. guardando il dipinto sinceramente non ho avuto, senza leggere poi la tua spiegazione, una sensazione di pace e anche il titolo stesso , non mi ha tranquillizato.Mi arriva una sensazione di abbandono, di rustico abbandonato e marcescente, adatto per accogliere qualcosa di arcano e misterioso. Leggendo poi la tua risposta, mi vengono in mente tutte le persone uccise nel campo di sterminio che vagano urlando, anche sommessamente in questa palude intorno a questa casa che sembra anche non solida, ma stia marcendo come la natura che la circonda. Romualdo un quadro che non metterei in casa....
    Un forte abbraccio

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    1. Ciao Nella, interessante il fatto che sin dall'inizio quest'opera ti ha trasmesso sensazioni negative.
      Lo stato d'animo del momento, le esperienze, il personalissimo punto di "visione", sono tutti ingredienti fondamentali nella lettura di un dipinto, se poi il titolo ci porta in luoghi nefasti...
      Grazie per aver condiviso il tuo pensiero, contraccambio l'abbraccio, buona serata.

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  3. Anche a me non ha trasmesso la serenità che hai descritto tu Romualdo. Ma, come spesso accade, ho guardato l'opera prima di leggere titolo e descrizione, quindi non ho fatto collegamenti coi fatti storici o con la malsanità della palude (senza indicazioni può non essere chiaro che si tratti di palude).
    Forse io e Nella siamo state condizionate dalla presenza di tanti colori scuri insieme alla lettura "postuma" ma che riguarda la storia personale, attuale: ora la maggior parte delle costruzioni simili che si vedono passeggiando per le campagne sono come minimo abbandonate se non dei ruderi o sull'orlo di diventare tali, quindi anche se l'ambiente naturale può essere rilassante non è difficile che in alcuni emergano sensazioni poco rasserenanti.

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    1. Ciao Anna, questo dipinto, che non ho ammirato dal vivo ma solo da una riproduzione all'interno di un libro, è parte del percorso artistico (siamo agli inizi) di Franz Marc, l'evoluzione stilistica e concettuale della sua pittura ci porta ai celeberrimi "cavalli", partendo da questi ultimi sono andato a ritroso nel tempo e forse questa sensazione viene dai suoi dipinti più famosi.
      Inoltre ho una percezione delle paludi non proprio negativa, le vedo come un "abitat" dove l'acqua "ferma" costituisce fondamentale "unicum" per alcune specie animali e vegetali, un mondo circondato dall'immobilità e dal silenzio (da qui la presunta serenità).
      Il resto prende una strada quasi obbligata ...
      Grazie carissima, buona serata.

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