giovedì 30 luglio 2015

Breve descrizione dei movimenti artistici, Arte cinetica.

 
Per arte cinetica di definisce la descrizione artistica del movimento, sia esso reale o virtuale.
Il movimento nasce negli anni venti, ma è nei primi anni cinquanta che diviene popolare, la sua influenza è preponderante e si mantiene viva almeno fino alla fine degli anni sessanta.

Tra i suoi più “presenti” componenti ci sono: Alexander Calder (con i suoi “Mobiles”, nella foto), a rappresentare l’arte cinetica semplice, e Jean Tinguely, con quella complessa.

Il termine viene applicato anche a opere che utilizzano effetti luminosi per trasmettere all’osservatore l’illusione del movimento.

I più grandi successi si ebbero nelle mostre nella ex Jugoslavia, in particolare a Zagabria, e alla mostra presso l'Olivetti a Milano nel 1962. Ma è nel 1965 che si raggiunge l'apice con la mostra "The Responsive Eye" tenutasi al MoMa di New York.

Tra gli altri segnalo, Agam, Buren, e Rafael Soto, e gli italiani Biasi, Colombo e Albani, artisti che hanno contribuito allo sviluppo del movimento.

 
(Alcune nozioni del testo sono tratte da : The art book)

martedì 28 luglio 2015

Breve descrizione dei movimenti artistici, il Barocco.


Il Barocco fiorisce a Roma nel diciassettesimo secolo e si diffonde in Europa fino a tutto il secolo successivo.

Ancora incerta l’origine del termine, pare che il derivi dal portoghese barroco, una perla con delle imperfezioni, di forma irregolare, che si è evoluto nel tempo con il significato di "curioso o bizzarro".

Nelle opere barocche sono esuberanti, teatralmente pompose, nei lavori religiosi si vedono santi e madonne con vesti e veli svolazzanti e da quel turbinio spuntano spesso, e numerosi, i cherubini.

Noti e frequenti i temi mitologici, trattati spesso in modo esasperato.

Tra gli artisti più famosi ricordiamo Bernini ( nella foto “Beata Ludovica”), Rembrandt, Reni, Velasquez, solo per citarne qualcuno.

Non tutti gli artisti di quel periodo eccedono in virtuosismi, Caravaggio ad esempio, stupì, e lo fa tuttora, con il suo drammatico realismo.

(Alcune nozioni del testo sono tratte da : The art book)
 

domenica 26 luglio 2015

L'incontro artistico tra oriente e occidente, Kawai Gyokudo.


Autore: Kawai  Gyokudo

Titolo dell’opera: Paesaggio montano con nuvole e pioggia (San’u shinsei) – 1929

Tecnica: Inchiostro e colori su seta

Dimensioni: 78,8 cm x 101,8 cm

Ubicazione attuale: Nikaido Museum, Hiji-machi.







Rispetto alla pittura Nihonga (il termine rappresenta la pittura giapponese contemporanea  che predilige le caratteristiche tecniche e di stile tradizionali) Gyokudo avvicina il proprio stile e concetto artistico alla pittura Yōga, letteralmente (洋画) pittura occidentale.

Il fenomeno è inedito in quel periodo (metà 800) ed è frutto dell’impatto che si ha con l’apertura del Giappone alle nazioni europee e nordamericane in particolare.

Qualche “contaminazione” straniera in effetti era già avvenuta tra il 600 e l’inizio dell’ottocento, alcuni artisti hanno sfidato le autorità nipponiche e si sono ispirati all’arte dell’occidente ma si tratta di casi isolati.

A ben guardare non si trovano dei confini ben definiti tra la tecnica e lo stile della pittura dei due diversi “mondi”, a dimostrare che è praticamente impossibile impedire le varie contaminazioni, semmai il contatto, seppur lieve, di diverse tradizioni, impreziosisce ed evolve l’arte nel suo insieme.

In questo dipinto si nota la “mano” della pittura giapponese, sia per i colori e le forme che per l’utilizzo della seta come supporto, come base dove stendere l’opera.

Ma non si può negare che il paesaggio montano possa ricordare le catene montuose europee, cime impervie avvolte dalle nuvole, pendii erbosi e radi alberi abbarbicati alla roccia.

A tutto questo dobbiamo aggiungere la naturale influenza della vicina (anche se poco amata) Cina, che contribuisce ad arricchire la già favolosa arte giapponese.
D’altro canto come non considerare l’impatto della tradizione pittorica del “sol levante” sugli artisti occidentali, dagli impressionisti in poi la pittura moderna fa i conti continuamente, con l’influenza orientale.


mercoledì 22 luglio 2015

L'arte di concetto rimette in discussione il concetto di arte. Marcel Duchamp.


Autore:   Marcel Duchamp
(Blainville-Crevon, 28 luglio 1887 – Neuilly-sur-Seine, 2 ottobre 1968) 

Titolo dell’opera: Fontana – 1917-64

Tecnica: Porcellana

Dimensioni: 33,5 cm

Ubicazione attuale:  Indiana University Art Museum, Bloomington.






Questa è una replica dell’orinatoio in porcellana che l’artista ha acquistato nel 1917.

Duchamp decide di acquistarlo da un idraulico con l’unico intento di esporlo ad una mostra e decide di firmare l’opera con lo pseudonimo di R. Mutt.

L’idea è quella di rimuovere un oggetto dal proprio contesto per inserirlo in uno nuovo, facendo in modo che la nuova collocazione sia perlomeno inconsueta.

Nel 1917 Duchamp difende la sua originale “creazione” contrattaccando i critici, la sua è una presa di posizione contro la concezione tradizionale dell’arte.

Afferma che non è importante che l’opera sia realizzata dal signor Mutt con le proprie mani, ma ritiene che l’importanza sta nel fatto che lui l’ha scelta e collocata in un ambito differente da quello per cui è nata.
Di conseguenza, l'importante non è l'atto creativo in se, quanto l'idea e la scelta.
Vieni spontaneo chiedersi: l'arte ha confini ben definiti oltre i quali un'opera non può definirsi tale o l'universo artistico è pressoché illimitato al punto che qualsiasi lavoro può ergersi ad opera d'arte?
Naturalmente io non posso dare una risposta, ma se qualcuno vuole lasciare una sua opinione sarà piacevole discuterne insieme.

sabato 18 luglio 2015

Le provocazioni shock che ci riportano alla realtà, Oliviero Toscani.

Penso che tutti conoscano Oliviero Toscani, il fotografo milanese noto al grande pubblico per le controverse e spesso scioccanti campagne pubblicitarie per Benetton.


Molte e certamente non banali le immagini proposte da Toscani per “scuotere” l’opinione pubblica, muovere le coscienze su problemi sociali come il razzismo, l’anoressia e l’omofobia.

Ha portato avanti la battaglia per la consapevolezza femminile del proprio corpo, denunciando l’eccessiva leggerezza nell’utilizzo della chirurgia estetica che “riduce la donna ad un manichino senz’anima, senza una propria identità”.



Di grande impatto visivo l’immagine di tre cuori praticamente uguali appartenuti a persone di diversa razza e colore, a dimostrarci che in fondo siamo tutti uguali.


Durante la settimana della moda a Milano, nel 2007, compaiono per le strade di tutto il paese, grandi manifesti che riproducono la modella francese Isabel Caro, la giovane donna, allora venticinquenne, posa senza veli per mostrare al mondo gli effetti dell’anoressia, Isabel pesa 31 kilogrammi e ci tiene a far sapere alle giovani di tutto il mondo a cosa può portare questa terribile malattia, che la condurrà alla morte tre anni dopo.

Toscani sottolinea: “ho voluto mostrare il dramma di una ragazza come tante altre, nella settimana della moda, questa fotografia ha scioccato tutti, ma quando questi esili corpi sfilano in passerella “coperti” da abiti d’alta moda allora la questione è considerata normale, anzi, queste forme sono ricercate e prese ad esempio”.


  

Solo altre due righe per l’immagine che vede due coppie omosessuali e il desiderio di un figlio, l’immagine è stata usata da un partito politico, senza il consenso dell’autore, per uno spot contro l’adozione di bambini da parte di coppie gay, quella che era nata come una manifestazione pro adozione è stata ribaltata, Toscani ha sporto querela, tardive le scuse dei vertici del partito che fa marcia in dietro.


Molte le denunce subite da Toscani (accusato di oscenità per la foto a favore di una più profonda conoscenza dell’AIDS) ma nonostante tutto è sempre andato per la sua strada uscendo dai vari processi – mediatici e non – a testa alta.

Non voglio dare un giudizio morale, e soprattutto non intendo giudicare le intenzioni di Toscani, resta il grande impatto mediatico che risveglia, anche se solo per un momento, le coscienze facendo luce su problematiche che normalmente vengono taciute.

lunedì 13 luglio 2015

La svolta cubista, Georges Braque.


Autore: Georges Braque

Titolo dell’opera: Clarinetto e bottiglia di rum su un camino– 1911

Tecnica: Olio su tela

Dimensioni: 81 cm x 60 cm

Ubicazione attuale: Tate Gallery, Londra.





Triangoli e rettangoli, linee e lettere sono impressi sulla tela in modo apparentemente casuale, il primo sguardo ci riporta ad un’opera astratta.

L’immagine pare, prima scomposta e successivamente ricomposta con un criterio diverso dall’originale.

Il dipinto, in verità, è stato attentamente ponderato, e raffigura un caminetto sulla cui mensola sono appoggiati una bottiglia e lo strumento musicale che da il nome al quadro.

Invece di ricreare l’illusione di uno spazio reale sulla tela bidimensionale, Braque utilizza la prospettiva delle luci e delle ombre per mostrarci la profondità della tridimensionalità, rappresentando gli oggetti da tutti i lati.

Le sfumature di bruni e grigi contribuiscono a dare alle forme, in verità completamente piatte, un’immagine cubista: il modo rivoluzionario di reinventare il mondo artistico inventato dallo stesso Braque e da Pablo Picasso nei primi anno del novecento.

Sono proprio loro a modificare radicalmente la percezione dell’arte che si aveva da più di cinquecento anni. Con il cubismo la pittura va oltre la rappresentazione reale del mondo.

 

mercoledì 8 luglio 2015

Non arrenderti mai, resisti. R.E.M.- Everybody urst.

 

Il brano fa parte  dell’album “ Automatic for the people” pubblicato nel 1992, “Everybody urst” diventa nel corso degli anni, una delle canzoni simbolo del gruppo statunitense dei R.E.M.

Il testo all’apparenza semplice, è un messaggio di speranza, una “trasmissione” di coraggio a chi si sente deluso dalla vita, a chi trova quasi impossibile affrontare il presente, a chi ad un certo punto decide di farla finita.

Il messaggio è chiaro, con l’aiuto delle persone care, i famigliari e gli amici, si può uscire dal tunnel delle difficoltà quotidiane.


Questo inno contro l’arrendevolezza del suicidio o più semplicemente un riconoscimento prezioso alla solidarietà, trova il suo apice, prima con “non sei solo” ma soprattutto con la insistita frase che troviamo durante tutto il brano ma sottolineata nel finale “Hold on” (resiti) un’emozionante crescendo dove le chitarre sono affiancate da un accompagnamento d’archi.








venerdì 3 luglio 2015

L'impero delle luci, Renè Magritte.


Autore:   Renè Magritte

Titolo dell’opera: L’impero delle luci – 1953-54

Tecnica: Olio su tela

Dimensioni: 195,4 cm x 131,2 cm

Ubicazione attuale:  Peggy Guggenheim Collection, Venezia.







«Nell' "Impero delle luci" ho rappresentato due idee diverse, vale a dire un cielo notturno e un cielo come lo vediamo di giorno. Il paesaggio fa pensare alla notte e il cielo al giorno. Trovo che questa contemporaneità di giorno e notte abbia la forza di sorprendere e di incantare. Chiamo questa forza poesia».

(Renè Magritte)


Difficile aggiungere altro alle parole del pittore francese, se non l’incredibile effetto che l’insieme della notte e del giorno creano agli occhi dell’osservatore.

In primo piano un laghetto antistante una casa illuminata dalla tenue luce di un lampione, due finestre con le persiane aperte mostrano l’interno illuminato mentre fuori il buio avvolge parzialmente il maestoso albero posto davanti alla casa e il boschetto dietro l’abitazione.

Spicca il contrasto tra questo scorcio notturno è il cielo azzurro cosparso di leggere nuvole bianche, è evidente che il paesaggio sullo sfondo è diurno anche se il confine non appare definito soprattutto al primo sguardo.

L’artista fonde le due sensazioni: più positiva quasi radiosa quella dovuta alla luminosità del sole che si contrappone al sentimento di turbamento e angoscia che quasi naturalmente è associato all’oscurità.

Quella descritta qui è una delle quattro versioni della serie “L’impero delle luci”, una è precedente realizzata nel 1950 e conservata nel Museum of Modern Art di New York, l’altra è esposta al Musèe Royaux des Beaux-Arts in Belgio ed è datata 1954, la quarta è realizzata nel 1967 e fa parte di una collezione privata.

Magritte fa suo il metodo conosciuto come ossimoro, cioè l’utilizzo di una figura retorica che mostra nello stesso istante due concetti opposti, la costruzione dell’opera raffigura la tipica composizione dei sogni, dove il sogno stesso rappresenta l’essenza dell’animo umano.