martedì 30 dicembre 2014

I virtuosismi del "Lume di candela", Georges de la Tour.


La Lorena nasconde con estrema gelosia la vita misteriosa di un’artista tanto raro quanto affascinante, timido protagonista della pittura europea del seicento.

Georges de la Tour, schivo e solitario, ci lascia della sua produzione d’arte, soltanto una trentina di tele distribuite nei musei di tutto il mondo: soltanto due di esse sono datate con precisione.
Si sa dunque poco di questo artista che all'epoca doveva essere celebre (era definito “peintre du Roi”) e nonostante la fama visse tranquillamente a Lunèville, città natale della moglie.

Non risultano notizie di viaggi a Roma o più generalmente in Italia ma nei suoi dipinti appare chiara l’influenza di Caravaggio, gli evidenti studi della pittura dell’artista italiano sono una costante in tutta la carriera.

Vicini a Caravaggio i protagonisti dei primi lavori di de la Tour: zingari, mendicanti, bari, picari di strada, scene di un’umanità sbandata ed emarginata.
Ma è con il trascorrere degli anni, superata la quarantina, che il pittore individua il tema che lo renderà famoso: il lume di candela.

Scene avvolte dall’oscurità magicamente illuminate dalla fioca e ondeggiante luce dello stoppino acceso, luce che rischiara sapientemente i volti e i gesti dei protagonisti, ritratti in posizioni di quasi immobilità o impegnati in gesti lenti e pacati descritti con commossa poesia.

Non ci si deve però confondere, in molti hanno avvicinato l'opera di de la Tour a quella di Caravaggio per lo stesso utilizzo della luce,(utilizzando l'aggettivo "caravaggesco") ma, mentre il pittore italiano illumina le proprie opere con fonti di luce esterne al dipinto, l'artista francese preferisce precise illuminazioni all'interno del quadro.
Più che a un riferimento a Caravaggio, l'arte di Georges de la Tour è una naturale ed autonoma evoluzione stilistica.



Favolosa “La maddalena penitente", dove la candela viene raddoppiata dal riflesso dello specchio aumentando la luminosità della scena, luce che in questo modo copre interamente la donna intenta ad accarezzare un teschio, simbolo di vanità.




Intimo e sognante il dipinto “Il neonato”, in questo caso non si tratta di una madonna con il  bambino ma di una semplice mamma che culla con amorevole delicatezza un neonato, dando anche in questo caso un senso di poesia nella vita quotidiana della gente comune.


Lo sviluppo del tema delle candele raggiunge un eccellente livello in “L’apparizione dell’angelo a san Giuseppe”, la candela è nascosta dal braccio dell’angelo ma il pittore della Lorena riesce con un autentico virtuosismo a creare magnifici effetti che illuminano intensamente il viso della creatura celeste e avvolgono con una luce più tenue il volto e parte del corpo di San Giuseppe.

venerdì 26 dicembre 2014

Il giorno dopo la festa, Davide Van de Sfroos, Pulenta e galena fregia.

"Pulenta e galena fregia" è forse il brano più ”dolcemente malinconico” di Davide Van de Sfroos, il racconto del giorno dopo la festa (polenta e gallina fredda è il pasto di Santo Stefano dove si mangiavano i resti del pranzo di Natale).


Davide descrive il senso di solitudine ma nello stesso tempo di pace e tranquillità, il momento in cui ognuno fa i conti con se stesso, con il proprio passato e i propri “fantasmi”, all’indomani del giorno di festa, dove tutto è condiviso.

Lo fa con una poetica meravigliosa che rende al meglio nella lingua originale (il dialetto “laghee”, lingua delle zone del lago di Como), in italiano perde un po’ del senso intimo del racconto, nella traduzione si perdono a volte le combinazioni in rima presenti nella versione originale.

Bella e perfettamente cucita addosso al testo la musica, un folk dalle sfumature irlandesi vero marchio di fabbrica di Van de Sfroos.

Non mi resta che invitarvi ad ascoltare il brano con l’augurio che possiate vivere le stesse mie emozioni.

 

A seguire il testo in italiano e il video con il brano originale.






Polenta e gallina fredda

Polenta e gallina fredda
e un fantasma sulla veranda
barbera come petrolio
e anche la luna mi sembra che sbandi...

sedia che fa rumore
e bocca aperta che non dice niente,
solo la radio graffia l'aria
e i pensieri fanno un gran casino ...

Non è vero che nel silenzio
dorme solo la malinconia,
non è vero che un toscanello
non è capace di fare una poesia,

in questa stanza senza orologi
balla la fata e balla la strega
in questo posto senza la luce
che dice tutto è solo l'ombra ...

Ascolta il vento che picchia alla porta
ha in testa una nuvola e in braccio una borsa
dice che ha dentro un bel regalo
mi sa che è il solito temporale ...

Ascolta gli spiriti e ascolta i folletti
che si arrampicano sul muro e saltano fuori dai cassetti
hanno i vestiti di quand'ero piccolo
vanno e vengono con il bicchiere del vino ...

E la candela non sta mai ferma
si muove come la memoria
e anche il ragno sulla balaustra
ricama il quadro della sua storia

la ragnatela dei miei pensieri
prende tutto quello che arriva qua
ma tante volte ha troppi buchi
ed è tutta da rammendare ...

La finestra sbatte le ali,
ma lo sa che non può andar via
e le stelle hanno la faccia lucida
come gli occhi della nostalgia

in questa stanza senza nessuno,
guardo lontano e mi vedo in faccia
in questa stanza di un altro tempo, 
i miei fantasmi lasciano la traccia ...





mercoledì 24 dicembre 2014

La natività, Giorgione.


Autore: Giorgione

Titolo dell’opera: Adorazione dei pastori o Natività Allendale.  1500-1505 circa.

Tecnica: Olio su tavola

Dimensioni: 90,8 cm x 105.5 cm

Ubicazione attuale: National Gallery, Washington.




L’opera viene messa all’asta nel 1845 dal cardinale Fresh, finisce a Parigi e poi in Inghilterra, dove entra a far parte della collezione dei baroni Allendale, alla quale si deve il titolo del dipinto, nel 1937 viene rimessa in vendita e passa in altre mani fino al 1939 quando viene donata alla galleria nazionale americana.
Si possono notare nell’opera due distinte ambientazioni, a destra la grotta con la Sacra Famiglia e due pastori in adorazione, a sinistra si apre un ampio paesaggio dove si nota qualche piccolo episodio di vita quotidiana, a rendere la sacralità della grotta vi è dipinto qualche cherubino.
Al contrario di molte altre opere dedicate all'adorazione, questa è ambientata di giorno, la predominanza della luce solare che illumina sia la scena davanti alla grotta sia la campagna circostante, dando la sensazione di serenità e pace come se la grazia si fosse estesa su tutto con la nascita di Gesù che “rende nuove tutte le cose”.
Giorgione dirige magistralmente la luce che illumina solo in parte le vesti di San Giuseppe dando al mantello un’intensa luminosità che si trasmette su Maria e sfuma poi sui pastori, fino a fondersi con il resto del paesaggio.
La grotta buia e la luce sui personaggi principali non delimita il tutto che continua con la profondità della campagna che si allunga prima sul lago con alcune costruzioni sulla riva, poi sulle colline dove si vede in lontananza un torre, fino a perdersi lontano sulle montagne e oltre.

sabato 20 dicembre 2014

Pace e serenità a tutti, Enya


 
Volevo augurare a tutti un buon Natale e nuovo anno pieno di soddisfazioni, ma soprattutto, un anno immerso in un mare di serenità.
Ho scelto questo brano “We Wish You a Merry Christmas” eseguito dalla voce, forse più poetica e “natalizia” del panorama musicale europeo, Enya.

E’ uno dei più celebri canti natalizi che unisce alla ricorrenza religiosa la più profana festa del capodanno.

Canto tradizionale creato in Inghilterra nei primi anni del 1500.
Esistono diverse versioni, il testo in lingua originale è stato modificato più volte,(si conoscono almeno quattro versioni), anche la traduzione in italiano ha subito alcune modifiche, si ricordano almeno due adattamenti al testo.


La voce di Enya si presta perfettamente all’atmosfera creata dal brano, con la magica vocalità che la contraddistingue, l’artista irlandese ci culla dolcemente ricreando un insieme di pace e serenità.

 
 

martedì 16 dicembre 2014

Street Art... indoor, Eron.


“Eron e uno dei più grandi esponenti della Street Art italiana, definirlo Street Artist è riduttivo perché ha uno stile che va oltre, quasi iperrealista, in questa occasione si è spinto anche oltre realizzando  un meccanismo psicologico chiamato “pareidolia”, quel meccanismo per cui tendiamo a dare un senso a quelle cose che non hanno senso, forme dove non ci sono delle forme precise, per esempio guardando le nuvole troviamo qualche somiglianza con delle forme, oppure nei fondi del caffè.
Nella sala di casa mia ho uno smog che cola dalle griglie dell’aria condizionata che prende una forma che è assolutamente emblematica del concetto della contaminazione fra le categorie artistiche”.

Alessio Bertallot.



Voglio mostrare quest’opera dipinta da Eron su una parete di casa Bertallot per mostrare la forma più raffinata ed elaborata della Street Art, forma che va oltre i graffiti murali che vediamo nelle strade, su muri e recinzioni, (escludiamo naturalmente scarabocchi e scritte varie che imbrattano e abbruttiscono le nostre città, quella non è arte, è maleducazione).

In questa fotografia, tratta dal programma televisivo “Variazioni Bertallot", si nota come l’opera sembra scaturire naturalmente, “colando” dalle griglie e trasformandosi in un’immagine reale, compiuta. Da notare la raffinatezza a destra, anche dalla piccola griglia in alto appare un’ombra di smog che completa l’impressione generale del lavoro di Eron.  


venerdì 12 dicembre 2014

Il realismo "industriale", Johann Erdmann Hummel


Autore: Johann Erdmann Hummel

Titolo dell’opera: Lucidatura della vasca di granito – 1830-31

Tecnica: Olio su tela

Dimensioni: 45 cm x 75cm

Ubicazione attuale: Alte Nationalgallery di Berlino






 
Autore: Johann Erdmann Hummel

Titolo dell’opera: Vasca di granito presso il Lustgarten di Berlino  – 1831

Tecnica: olio su tela

Dimensioni: 65,5 cm x 87,5cm

Ubicazione attuale: Stiftung Stadtmuseum di Berlino
 
 



Con Menzel, Hummel è uno dei maggiori esponenti del realismo tedesco, queste opere sono l’inizio delle raffigurazioni “industriali”.

Il primo dipinto mostra in modo iperrealistico le fasi finali della lavorazione con la fresa di una grande vasca di granito proveniente delle montagne della Rauen, e destinata a decorare la piazza antistante l’Altes Museum di Berlino.

Nel secondo quadro la scultura è al suo posto, e spicca anche in questo dipinto il realismo della vasca stessa quasi ad estraniarsi dal resto dell’opera, con lo sfondo ed i personaggi dipinti in modo più “lieve” quasi a fare in modo che tutto resti semplice corollario al monumento.
 

lunedì 8 dicembre 2014

Alla ricerca dell'assoluto, Franco Battiato.



All’uscita di questa canzone, nel 1989 estratta dal bellissimo album “Fisiognomica”, si pensa ad una canzone d’amore.
L’autore lascia libera l’interpretazione, non si sa se volutamente o meno, la mia impressione è che si tratti di una dichiarazione "spirituale".

Battiato inizia il brano in modo leggero, più “terreno” spiegando che la ricerca è dovuta al solo desiderio di “vederti o parlare”, per soddisfare il bisogno della presenza che permette di capire se stessi.
La canzone va via via aumentando l’intensità quando dichiara di subire un “rapimento mistico e sensuale” che imprigiona il proprio io legandolo alla figura “ricercata”. La melodia e il testo continuano un lento ma inesorabile moto ascensionale con la consapevolezza di dover cambiare l’obbiettivo dei desideri rinunciando ad accontentarsi delle piccole gioie terrene, e fare il primo passo verso l’”alto” rinunciando a se stessi.

Prosegue dichiarando apertamente il piacere dell'ascolto oltre alla presenza  “Perche mi piace ciò che pensi e che dici” per scoprire il passato, ma soprattutto l'inizio della propria esistenza, “le mie radici”.

La condotta morale del momento "saturo di parassiti senza dignità", è motivo di ulteriore impegno controcorrente, spingerci a "essere migliori con più volontà", come ad essere un esempio positivo che possa trascinare ciò che è negativo.

L’intensità del brano aumenta quando il desiderio si fa più elevato  Emanciparmi dall'incubo delle passioni, cercare l'Uno al di sopra del Bene e del Male, essere un'immagine divina di questa realtà”, l’obbiettivo si fa decisamente più “mistico” avvicinarsi il più possibile all’essere perfetto
E’ alla fine con la frase “E ti vengo a cercare perché sto bene con te perché ho bisogno della tua presenza” eseguita con grande enfasi, che la canzone raggiunge l’apoteosi “spirituale” per poi scemare lentamente lasciando spazio ad un coro quasi “celestiale” come a dirci che la meta è vicina.

 

E ti vengo a cercare. (testo)
E ti vengo a cercare
anche solo per vederti o parlare
perché ho bisogno della tua presenza
per capire meglio la mia essenza.
Questo sentimento popolare
nasce da meccaniche divine
un rapimento mistico e sensuale
mi imprigiona a te.
Dovrei cambiare l'oggetto dei miei desideri
non accontentarmi di piccole gioie quotidiane
fare come un eremita
che rinuncia a sé.
E ti vengo a cercare
con la scusa di doverti parlare
perché mi piace ciò che pensi e che dici
perché in te vedo le mie radici.
Questo secolo oramai alla fine
saturo di parassiti senza dignità
mi spinge solo ad essere migliore
con più volontà.
Emanciparmi dall'incubo delle passioni
cercare l'Uno al di sopra del Bene e del Male
essere un'immagine divina
di questa realtà.
E ti vengo a cercare
perché sto bene con te
perché ho bisogno della tua presenza...
 

giovedì 4 dicembre 2014

Il sogno sul mare, Claude Monet


Autore: Claude Monet

Titolo dell’opera: Terrazza sul mare a Sainte-Andresse – 1866

Tecnica: Olio su tela

Dimensioni: 98,1 cm x 129,9 cm

Ubicazione attuale: Metropolitan Museum of Art, New York






Monet ci porta con estrema delicatezza e grande poesia, tra i fiori di questa meravigliosa terrazza.
Lo stupendo panorama descrive il mare che lambisce il giardino mentre sullo sfondo sfilano piroscafi e velieri.

L’apparente libertà e immediatezza della scena ci rivela un accurato studio cromatico: tutto il dipinto si basa sugli accordi di colore (Giallo-rosso, blu-bianco-rosso) delle due bandiere che sventolano.

Per le due figure sedute che guardano il mare posarono il padre ed una zia di Monet, mentre per i personaggi in piedi di fronte al mare fecero da modelli, una cugina e un amico di famiglia.


domenica 30 novembre 2014

La mitologia "noir", Goya.


Autore: Francisco Goya y Lucientes

Titolo dell’opera: Crono che divora i suoi figli – 1819- 1823

Tecnica: Olio su intonaco

Dimensioni: 146 cm x 83cm

Ubicazione attuale:  Museo del Prado, Madrid






Una delle immagini più spaventose dell’intera storia dell’arte. Il dio Kronos, divora i propri figli.
Rappresenta un tema mitologico: il dio Crono (greco, o Saturno presso i Romani), essendogli stato profetizzato che uno dei suoi figli lo avrebbe soppiantato, era solito divorarli al momento stesso della loro nascita.

Goya trasforma il riferimento letterario in un incubo visionario, un mostro spaventoso e gigantesco che si avventa sulla misera spoglia umana, dilaniata e sanguinante.

L’opera fa parte della serie “Pitture nere”, tredici dipinti realizzati da Goya sulle pareti della propria casa, “Quinta del Sordo”, nei pressi di Madrid.
Varie le interpretazioni dell’opera: l’eterno conflitto tra gioventù e vecchiaia, il tempo che divora ogni cosa, la Spagna che dilania i propri figli tra guerre e rivoluzioni, o più in generale il degrado della condizione umana nei tempi moderni.

Il dipinto, decorava la sala da pranzo dell’abitazione. Il titolo, come nel caso di tutte le tredici opere della serie, fu dato da altri dopo la morte del pittore spagnolo. 
 
Tra i pochi elementi del dipinto spicca un sapiente uso degli effetti della luce, che risalta il contrasto tra i colori scuri della figura del dio e il rosso acceso del sangue del figlio.

Nel 1874, la casa è in possesso del Barone di Erlander che, a causa del deterioramento delle pitture, fa trasferire le opere su tela e nel 1878 li dona allo stato spagnolo.
 
 

mercoledì 26 novembre 2014

L’elefante e la farfalla, Michele Zarrillo.


Brano struggente ed intenso, Michele Zarrillo nel 1996 presenta al festival della canzone italiana di San Remo una delle sue più intense interpretazioni.

“L’elefante e la farfalla” racconta la sofferenza e l’emarginazione, il sentirsi inadeguati nell’epoca dove sopra ogni cosa conta l'apparire.

Con eleganza e discrezione il cantante romano mostra i limiti della società moderna, la dove l’amore diventa impossibile per una differenza esteriore al punto che l’elefante, pur mostrando sinceramente il proprio amore, non osa esternarlo perché sa già che non ne sarà ricambiato.

Triste metafora sulla condizione attuale dove l’apparenza diventa sempre più importante, a discapito dell’”essere”.

La melodia fa perfettamente da cornice a questa, se pur triste, meravigliosa canzone.

 
 

sabato 22 novembre 2014

Poesia sulla spiaggia, Peter Severin Krøyer


Autore: Peter Severin Krøyer

Titolo dell’opera: Serata d’estate sulla spiaggia meridionale

Tecnica: Olio su tela

Dimensioni: 100 cm x 150cm

Ubicazione attuale:  Museo di Skagen
 
 
 


Due eleganti signore passeggiano lungo una spiaggia deserta.
I toni blu del mare e del cielo che si fondono insieme all’orizzonte, e la sabbia grigia creano una luminosa atmosfera di pace e tranquillità.
 
I pittori scandinavi da sempre studiano e ricreano sulla tela gli effetti della luce nordica, scegliendo spesso semplici soggetti raffigurati con freschi toni pastello sotto il sole artico, evitando i colori forti e ombre profonde.
Nato a Stavanger, Norvegia, Krøyer è particolarmente affascinato dai cambiamenti di luce nelle diverse ore del giorno e dalla combinazione di luce naturale e artificiale.

Influenzato agli inizi dalla pittura dello spagnolo Velasquez, dipinge scene realistiche di lavoratori italiani e spagnoli, note per il loro pathos.
Più tardi diventa il maggior esponente della colonia di Skagen in Danimarca e i suoi quadri si fanno più animati.

Purtroppo gli ultimi anni di vita sono turbati da disturbi mentali che impediscono all’artista di continuare la sua “storia” artistica.


martedì 18 novembre 2014

Il Viaggio dell'arte, Carla Colombo.


Autore:  Carla Colombo

Titolo dell’opera:  La strada è ancora lunga – 2011

Tecnica:  Olio a spatola su tela

Dimensioni:  70 cm x 30 cm

Ubicazione attuale:  Collezione privata




Forse non è questa l'opera che, per prima, viene in mente quando si parla di Carla Colombo, ma è questo il dipinto che più di altri "racconta" il percorso artistico della pittrice.
Autrice di poetici acquarelli e paesaggi di estrema delicatezza che raccontano la sua terra e l’Adda l’amato fiume che lambisce il luogo dove è nata e vive attualmente.

Colombo spazia fra le varie tecniche pittoriche senza mai fermarsi. I paesaggi, i cui colori coprono il passare delle stagioni, lo scorrere delle ore del giorno, catturando il gioco di luci che le condizioni atmosferiche e il riflesso dal fiume proiettano continuamente e in modo sempre diverso.

Ma queste non sono che uno dei passaggi artistici di Carla, le opere “materiche”, informali, astratte, lasciano l’osservatore in uno stadio di sospensione, etereo, fluttuante, confondendosi con le forme espresse dalle tele, opere che trovano compimento nella serie “Costanti presenze aleggiano nel cosmo dell’invisibile”.

Questo dipinto racchiude il passaggio, in entrambe le direzioni del talento artistico ed emozionale di Carla Colombo, sia la tecnica, dove i “tratti” appaiono a volte delicati e nel contempo decisi e perentori, sia  metaforicamente (parere strettamente personale) la strada, tracciata con decisione, ma impervia e tutt’altro che di facile percorso, racconta il continuo viaggio nella pittura, quasi un portale che conduce ad esperienze artistiche sempre nuove, la possibilità di sondare nuove dimensioni, per poi tornare alle origini.

Nel totale silenzio che solo la neve riesce a creare, l’occhio dell’osservatore si perde con la via nella foschia che unisce la strada ai boschi innevati fino a raggiungere le cime delle montagne senza sapere cosa ci si aspetta ma consapevoli che il ritorno ci porterà nuove conoscenze.