“Rolling Stones “, chi non ha mai associato la rivista alla concezione della musica, rock in particolare, alla rivoluzione musical-culturale degli anni sessanta e dei decenni successivi?
Il
magazine statunitense nato nel 1967 prende il nome dal brano di Muddy Waters Rollin' Stone, anche se qualcuno lo associa al brano “Like a
Rolling Stones” di Bob Dylan, e diventa una sorta di bibbia per il movimento di
massa che accompagna lo sconvolgimento in atto in quegli anni.
Ma,
come tutte le cose terrene, anche un “testo sacro” (che evidentemente sacro non
è) come Rolling Stone segue la classica parabola dove all’ascesa segue il picco
seguito dalla naturale discesa (in questo caso potremmo parlare di un rovinoso tracollo).
Sono
lontani gli anni delle grandi rock band, lo stesso “genere” musicale è legato
ad un passato che, in quanto tale, non è più riproducibile, di conseguenza
anche il senso della rivista è scemato, il magazine americano dunque non ha più
ragione di esistere per quello che è stato e che vorrebbe essere.
La
musica, al contrario delle arti visive, e parzialmente del cinema, non riesce
ad uscire dai “recinti” di quei favolosi anni, cerca di riproporre sempre la
stessa cosa spacciandola per rivoluzionaria ma oltre ad essere l’esatto contrario
è anche palesemente ridicola (il cinema fa lo stesso rifacendo, con risultati
aberranti, tutto ciò che è stato fatto in passato anche se qualche “perla”, nel
mare di fango, possiamo ancora trovarla).
La
conferma di tutto ciò è nelle parole David Browne che , sulle pagine della
mitica (un tempo) rivista esalta l’ultimo album dei Maneskin come se si
trattasse di qualcosa di rivoluzionario.
I
punti sono tre: uno, Rollig stone, come è abitudine oggi nella “critica” di
ogni genere, ha avuto degli incentivi per dare un simile giudizio. Due, la
recensione entusiastica è dovuta al nulla musicale contemporaneo (ma faccio
fatica a pensare che nel mondo non ci sia qualcosa di meglio, statisticamente è
impossibile). Tre, l’incapacità di “lettura” musicale, data dalla crescente
collocazione di gente incompetente nei posti che contano, che porta a parlare
(bene) indipendentemente dal valore reale e dalla vastità del panorama musicale
mondiale.
La
motivazione delle incomprensibili celebrazioni del gruppo italiano sono sempre
le stesse: “almeno loro sanno suonare”, questo basta per far capire quanto il
resto sia avvolto nello squallore più totale, ma anche: “propongono un rock e
un look rivoluzionario”, chiamare rock quello che fanno è quantomeno azzardato,
riguardo alle “sceneggiate” … già viste decenni fa e, tra l’altro, fatte molto
meglio.
Nessun commento:
Posta un commento
Se vi va di lasciare un commento siete i benvenuti, i commenti contenenti link esterni non verranno pubblicati.
I commenti anonimi sono impersonali, conoscere il nome di chi lascia il proprio pensiero facilita il confronto, grazie.