sabato 24 novembre 2018

Un universo dentro l'universo artistico, Domenico Gnoli


Autore:   Domenico Gnoli
(Roma, 1933) 

Titolo dell’opera: Shoulder - 1969

Tecnica: Acrilico e sabbia su tela

Dimensioni: 160 cm x 140 cm

Ubicazione attuale:  Collezione privata





Incoraggiato dai genitori, il padre storico dell’arte e la madre pittrice e ceramista, Gnoli si avvicina all’arte in punta di piedi e senza l’impeto naturale che spinge “da dentro”.

La formazione si limita alle lezioni di disegno che però gli aprono la strada ad una concezione che lo porta a studiare scenografia dove trova l’immediato successo a teatro, sia a Roma che a Londra.

A New York lavora come illustratore per riviste come Sport Illustrated ed è proprio in quei giorni che inizia la ricerca che lo porterà a trovare il proprio percorso.

Lo studio e l’ispirazione di artisti come l’incisore Collot e il pittore Hogart che lo portano a cercare “il dettaglio”, sottilmente ammantato da una puntuale caricatura.

I dettagli come base di partenza o come punto d’arrivo, uno stile che va controcorrente rispetto alle tendenze prevalenti negli anni 50 del novecento.

Un punto di vista che si isola dall’insieme creando cosi un universo a sé stante.

sabato 17 novembre 2018

Il vento divino, John William Waterhouse.


Autore:   John William Waterhouse
 (Roma,1849 – Londra,1917)

Titolo dell’opera: Boreas – 1902 (1903)

Tecnica: Olio su tela

Dimensioni: 68 cm x 94 cm

Ubicazione attuale:  Collezione privata






Il mito e la religione.

Waterhouse è sempre stato “legato” artisticamente alla mitologia, al ciclo Arturiano, caro al movimento preraffaellita, e alle influenze poetiche di Shakespeare.

Boreas è tratto dalle narrazioni di Ovidio che racconta del vento del Nord, Boreas appunto, che con il proprio soffio seduce la ninfa Orizia.

Il titolo non da nessuna possibilità di altre interpretazioni, più o meno fantasiose, ma non impedisce alcuni interessanti spunti.

Uno di questi è la lettura in chiave religiosa, la vergine Maria concepisce il figlio di Dio per mezzo dello Spirito Santo.

Luigi Senise, divulgatore e storico dell’arte, mette in relazione un particolare interessante, all'orecchio della giovane donna  troviamo un giglio che notoriamente rappresenta la purezza, l’orecchio è il “varco” attraverso il quale Maria  accoglie il dono divino tramite lo Spirito Santo, il cerchio si chiude citando L’infanzia di Gesù che sottolinea la “conceptio per aurem”.

Il vento gonfia l’abito che prende la forma di un grembo materno dal cui apice sinistro spunta la sagoma di un corvo, quest'ultimo è un simbolo nefasto, portatore di notizie negative, di lutto e cordoglio, il che può far pensare al terribile futuro del figlio appena concepito.

Queste interpretazioni sono legate anche al fatto, tutt’altro che secondario, che il pittore è nato a Roma e le influenze, artistiche e religiose, hanno sicuramente svolto un ruolo fondamentale, Waterhouse ha sempre ammesso lo stretto legame che lo univa all'Italia nonostante il ritorno in Inghilterra quando era ancora bambino.

Uscendo dalle affascinanti interpretazioni e concentrandoci sull'aspetto visivo dell’opera, non possiamo non ammirare il meraviglioso “gioco” cromatico, il blu del vestito spicca tra il turbinio dell’erba e dei fiori scossi dal vento e fa da cornice allo stupendo viso della donna (è solamente la manica ma è questo particolare che le"illumina" il volto)

Naturalmente è proprio il volto a catturare l’attenzione, l’espressione della fanciulla è un’infinita rappresentazione degli stati d’animo che la donna vive nell’incontro con lo spirito superiore.

La data del dipinto non trova l’unanimità, alcune fonti parlano del 1902 altre, la maggioranza, verte sul 1903. Quest’opera di Waterhouse è tornata alla luce negli anni novanta dopo un lunghissimo oblio ed è stata battuta all’asta per una cifra superiore al milione e duecentomila euro.

Tutt’ora è parte di una collezione privata.

sabato 10 novembre 2018

La magia dell'essere umano, la risposta a chi ci vuole divisi, Yann Arthhus-Bertrand


Opera del regista francese Yann Arthhus-Bertrand, Human, è uno dei documenti più interessanti e intelligenti degli ultimi anni.

Arthhus-Bertrand, con i suoi collaboratori, ha intervistato centinaia di persone in ogni angolo del pianeta, ad ogni individuo sono state poste una serie di 40 domande con la libertà di esprimersi ognuno a modo suo.

Il regista ha inoltre voluto l’assenza di uno sfondo, per concentrare l’attenzione sulla persona, non appaiono inoltre ne il nome ne la provenienza, l’artista francese sperava che la rimozione di qualsiasi punto di riferimento personale avrebbe focalizzato l’attenzione su ciò che ci unisce nonostante le distanze e le esperienze personali.

Le interviste sono alternate da riprese aeree che “raccontano” la bellezza e la magia dei luoghi del nostro pianeta e la meravigliosa presenza della natura.

Bellissimi i primi piani che riescono a commuovere, si compie cosi un approfondito viaggio nell’intimo umano svelando un universo vario ed infinito ma che ci accomuna più di quanto pensiamo.

Una risposta a chi vuole il “tutti contro tutti”, se sapremo leggere l’anima di chi ci sta intorno sapremo anche, finalmente, assaporare quella serenità e pace che tanto ci manca.

Ad accompagnare le immagini c’è la bellissima colonna sonora del compositore israeliano Armand Amar.

Il film, uscito nel settembre del 2015, viene presentato in anteprima nella sala delle Assemblee delle Nazioni Unite.

La versione in DVD dura 188 minuti mentre quella proposta su YouTube (visibile alla fine dell’articolo) è divisa in tre parti per un totale di più di cinque ore.

Una "visione"dalla durata non trascurabile ma che ci da la possibilità di “entrare” in una nuova dimensione





sabato 3 novembre 2018

L'intervento divino in aiuto al popolo eletto, i pennacchi della volta della Cappella Sistina. Michelangelo Buonarroti.


Tra le molteplici raffigurazioni bibliche rappresentate negli affreschi di Michelangelo Buonarroti, che troviamo nella Cappella Sistina e che la storia ha impresso nella mente di ogni amante dell'arte nella sua veste più splendente, un piccolo spazio meritano senz’altro i pennacchi che troviamo negli angoli laterali della volta.

Vengono rappresentati gli interventi di Dio in aiuto al popolo eletto, quattro episodi raccontati nell’antico testamento che mostrano l’intervento, indiretto ma decisivo, di Dio che muta il destino del suo popolo, quando tutto sembra perduto arriva l’aiuto dal cielo a rimettere sulla giusta via un popolo alla ricerca di sé. 



Giuditta e Oloferne



Posto nell’angolo superiore a sinistra, dove la volta incontra la parete d’entrata della Cappella Magna, questo affresco racconta della decapitazione di Oloferne, il tiranno che voleva la distruzione del popolo d’Israele.

La scena, pur essendo unica, si divide in tre precise sezioni: Giuditta e l’ancella, al centro, sono “catturate” nell'istante in cui fuggono dalla tenda del tiranno immediatamente dopo la decollazione, Michelangelo non ci mostra il volto di Giuditta che da una parte lancia un ultimo sguardo al cadavere di Oloferne e dall’altro sembra voler coprire la testa posta su un vassoio a sua volta posato sul capo della giovane complice.

Ai lati delle protagoniste vediamo, a destra, il corpo mutilato di Oloferne che orridamente appare in preda agli ultimi spasmi dove il movimento del braccio destro e della gamba sinistra rendono ancor più drammatica la scena.

 A sinistra, avvolta in una coltre innaturale, troviamo una guardia addormentata, anche se questo particolare sembra passare inosservato è forse proprio qui che appare evidente l’intervento divino atto a permettere a Giuditta di operare senza essere vista.


Davide e Golia




A destra in alto, guardando l'ingresso della cappella viene raffigurata la celeberrima scena dello scontro tra il giovanissimo Davide e il gigantesco ed esperto guerriero Golia.

Lo scontro è in atto, il gigante è caduto colpito dalla pietra scagliata da Davide con la fionda, che vediamo abbandonata a terra in primo piano.

Il futuro re d’Israele si appresta a tagliare la testa all’avversario.

La scena è resa più intensa dalla prospettiva che mette la base della tenda in alto dando l’impressione che i duellanti “cadano” verso lo spettatore che così viene coinvolto in questo momento storico di estrema importanza.

L’affresco viene messo in relazione con quello di fronte, Giuditta e Oloferne, che vede una giovane donna ed un ragazzino artefici della sconfitta dei tiranni nemici.

Un messaggio della Chiesa che sottolinea l’umiltà vincente contro la prepotenza della forza fisica.



Punizione di Aman




Dalla parte opposta, sopra l’altare e di conseguenza sopra il Giudizio Universale, vediamo a sinistra la Punizione di Aman.

In questo caso le scene sono effettivamente tre, a destra Assuero invia Aman, che è rappresentato nelle tre scene con una veste gialla, a prendere gli abiti regali per Mardocho, a sinistra Ester con uno stratagemma rivela ad Assuero la congiura di Aman verso il suo popolo che porterà il re persiano a condannare a morte lo stesso Aman.


Al centro l’esecuzione della sentenza, Michelangelo sostituisce l'impiccagione, nominata nella Bibbia, con la crocefissione, un’immagine che riporta inevitabilmente alla passione e morte di Cristo.



Il Serpente di bronzo



A destra per chi guarda l’altare maggiore l’ultimo dei “pennacchi”, il Serpente di bronzo.

Qui l’intervento di Dio non avviene per sconfiggere i nemici “esterni” che vogliono distruggere il popolo ebraico ma il nemico “interno”, lo stesso popolo va salvato da sé stesso e dalle sue derive.

Colpevoli di aver messo in dubbio la grandezza di Dio sono condannati da quest’ultimo ad un pena terribile, l’invio di serpenti velenosi con l‘incarico di uccidere i peccatori.

Mosè, che colto dall’ira chiede l’intervento divino per punire il suo popolo, si pente e forgia un serpente di bronzo che ha il potere di guarire chiunque lo guardi, mette così fine a quella che poteva essere la fine del suo popolo.

La metà destra dell’affresco è occupata dalle persone attaccate dai serpenti, si nota il drammatico turbinio scatenato dal terrore di chi viene morso.


La parte sinistra, più piccola, mostra il serpente di bronzo e chi, pentito di avere dubitato di Dio, guarisce, fisicamente e spiritualmente, volgendo lo sguardo verso il simbolo di salvezza.