sabato 26 gennaio 2019

Viaggio alla ricerca delle origini, Emil Nolde.


Autore:   Emil Nolde (Emil Hansen)
(Nolde, 7 agosto 1867 – Seebüll, 13 aprile 1956)

Titolo dell’opera: Sole ai tropici - 1914

Tecnica: Olio su tela

Dimensioni: 71 cm x 104,5 cm

Ubicazione attuale:  Nolde StiftungSeebüll, Neuchirken






Durante un viaggio a Weimar Nolde coglie l’occasione per visitare una mostra di Gauguin, ne resta folgorato tanto da commentare: “ non ho mai visto una simile sontuosità cromatica”.

Da quel momento per il pittore tedesco, cosi come per l’artista francese, la meta ideale diviene quell’universo esotico e incontaminato che sono le isole polinesiane.

L’obbiettivo artistico e spirituale diventa la ricerca della purezza, di una concezione primordiale, esente dalla corruzione della società cosiddetta evoluta e moderna.

Una decina d’anni dopo il fatidico incontro con l’arte di Gauguin, Nolde si unisce ad una spedizione scientifica, meta i mari del sud, ed è proprio durante questo viaggio che realizza quest’opera.

Approdato in quella che oggi si chiama Nuova Irlanda e che al tempo era parte dell’amministrazione tedesca, realizza il sunto del suo essere “primigenio”.

Dalla spiaggia Nolde raffigura ciò che vede, la macchia scura che attraversa il dipinto orizzontalmente è la folta vegetazione dell’isola di Nusa Lik, la linea boschiva trova un’ideale continuità con le nuvole sospese sul mare.

In primo piano la spuma creata dalle onde che si infrangono sulla spiaggia crea un parallelo con l’isola di fronte.

Ma sono i colori che prendono il sopravvento, il sole irradia in cielo un’intensa forza cromatica, rosso, arancio e viola ci rimandano ad un mondo in formazione e non ancora “sporcato” dall’uomo moderno.

Gli stessi colori del cielo si ritrovano sulla spiaggia, l’irreale sostituisce la realtà senza però sconvolgere il paesaggio.

Il mare è lo specchio dei fenomeni atmosferici e dello stato d’animo del pittore, il verde intenso è solcato dal riflesso “cinabro” del sole e dal candore delle nuvole, un’atmosfera incantata dove possiamo trovare il nostro “profondo” o perderci in esso.

sabato 19 gennaio 2019

L'intensità delle emozioni, Ferdinand Victor Eugène Delacroix.


Autore:  Ferdinand Victor Eugène Delacroix
 (Charenton-Saint-Maurice, 26 aprile 1798 – Parigi, 13 agosto 1863)

Titolo dell’opera: Jeune orphelin au cimetiere - 1823

Tecnica: Olio su tela

Dimensioni: 65,5 cm x 54,3 cm

Ubicazione attuale:  Musèe du Louvre, Parigi, Francia.






L’opera era inizialmente “programmata” per essere inserita nel noto Massacro di Scio, il pittore in seguito ha inserito nel dipinto la figura di un giovinetto nella stessa posizione mentre la giovane donna è diventata l’assoluta protagonista di questo meraviglioso quadro.

Siamo forse davanti alla più affascinante opera dell’artista francese, è infatti lo stesso Delacoix a confermare tale ipotesi tanto da rendere protagonista quello che inizialmente doveva essere un particolare di contorno.

Curioso che quando venne esposta la prima volta il titolo era semplicemente “studio”, in quanto in quel periodo un soggetto simile non poteva, secondo i canoni accademici, aspirare ad essere il centro dell’opera.

Il diario dello stesso Delacroix ci dice che a posare come modella fu una giovanissima mendicante di origini greche, la bellezza della ragazza unita al talento del pittore creano un patos di rara intensità, appare evidenziata la profonda sofferenza che si esprime sul giovane volto.

Il quadro si concentra esclusivamente sulla giovane donna che inclinando il capo all’indietro e alzando lo sguardo trasmette angoscia, tristezza e timore, la bocca che si apre sembra trattenere il respiro in attesa, o nella speranza, che qualcosa accada.

La lunga osservazione del dipinto, se si riesce ad andare oltre l’ipnotico viso della giovane orfana, ci permette di osservare anche il paesaggio che fa da sfondo al soggetto, il cimitero in lontananza sembra trascurato, quasi abbandonato e la distanza che divide la donna dalle tombe e dalle croci disorienta lo spettatore, la donna è lontana dal cimitero, la macchia scura in basso a destra ne rimarca l’impressione, ma lo sguardo la avvicina più di quanto faccia la prospettiva.

Due i paesaggi alle spalle della protagonista, se a destra il cimitero appare abbandonato e quasi va a perdersi verso l’orizzonte, a sinistra tutto sembra riorganizzarsi, le croci e le lapidi sono al loro posto, l’ingresso, seppur spartano, ha un che di “sacro” mentre i cipressi donano un senso di pace, forse il giusto indirizzo per questo luogo eterno.


martedì 15 gennaio 2019

Un viaggio lungo cinque anni


Nel quinto anniversario di “Arteggiando s’impara”  volevo salutare e ringraziare tutti quelli che in un modo o nell’altro hanno partecipato a questo mio viaggio.

L’inizio incerto e titubante si è via via trasformato in una bellissima avventura dove la mia evoluzione nella conoscenza artistica si è accompagnata all'incontro di altre persone che mi hanno arricchito umanamente e artisticamente.

Un abbraccio ed un grazie agli amici che dall’inizio mi sono stati vicini, mi hanno incoraggiato nei momenti di difficoltà e hanno, con le loro critiche precise e sempre educate, reso più ampio il mio orizzonte interpretativo.

Ringrazio e saluto chi è passato qui per caso,  chi mi segue silenziosamente, chi lascia sporadicamente un commento o chi lascia un gradito saluto.

Non era, e non è mia intenzione, dare alcuna lezione d’arte ma al contrario ho iniziato a scrivere nel blog per condividere il mio punto di vista sapendo che questo mi avrebbe permesso di accrescere le mie conoscenze, oltre alla possibilità di conoscere nuove persone, nuove idee, nuovi punti di vista.



(Nell'immagine: Charles Demuth - I Saw the Figure 5 in Gold, 1928 – Olio su tela, cm. 90,2 x 76,2 – Metropolitan Museum of Art New York)

venerdì 11 gennaio 2019

Il manifesto della pittura americana, Adolph Gottlieb, Mark Rothko, Barnett Newmann.


13 giugno 1943, il critico del New York Time Edward Allen si definisce “turbato” in una recensione dedicata ai dipinti di Marc Rothko e Adolph Gottlieb.

I due artisti, a cui si unisce Barnet Newmann, rispondono utilizzando la rubrica delle lettere alla redazione della stessa testata. Il testo è a tutt’oggi considerato il manifesto della pittura americana degli anni quaranta del novecento:


“1-Per noi l’arte è un’avventura che ci conduce in un mondo sconosciuto. Soltanto coloro che per libera volontà si assumono tale rischio possono scoprire questo mondo.

2-Questo mondo dell’immaginazione è lasciato alla fantasia e si trova in aperto contrasto con il pensiero comune dell’uomo.

3-Il nostro compito come artisti è mostrare agli uomini il mondo come noi lo vediamo e non come loro lo vedono.

4-Noi siamo a favore di una semplice espressione del pensiero complesso. Siamo per le grandi forme, perché il loro impatto è inequivocabile. Vogliamo dare nuovo valore alla superficie del dipinto. Siamo per le forme bidimensionali, perché distruggono l’illusione e sono veritiere.

5-Tra i pittori è diffusa l’opinione che ciò che si dipinge non conti, purché lo si dipinga bene. Questa è pura accademia. Non esiste un buon quadro sul nulla. Noi crediamo che il soggetto del quadro sia essenziale e che abbia valore solo quando è tragico e senza tempo. Sotto questo aspetto ci sentiamo molto legati all’arte primitiva, arcaica”.

Si può essere d’accordo o meno su parte o sull’insieme della dichiarazione ma è innegabile che si tratti di un “pensiero” moderno nonostante siano trascorsi più di settantacinque anni, concetti che dimostrano che quando si guarda al futuro si accede di diritto all’immortalità.

Nell'immagine: Adolph Gottlieb - Blast I, 1957 - Olio su tela, cm 228x114. The Museum of Modern Art, New York

(Il manifesto, virgolettato, è tratto da “Arte Moderna” edizioni Taschen)

sabato 5 gennaio 2019

Orgoglio ed eleganza femminili, Mary Cassatt


Autore:   Mary Cassatt
 (Pittsburgh,1844 – Château de Beaufresne, 1926)

Titolo dell’opera: Dama con collana di perle in un palco - 1879

Tecnica: Olio su tela

Dimensioni: 81,3 cm x 59,7 cm

Ubicazione attuale:  Museum of Art, Philadelphia






Mary Cassatt, poco più che ventenne, si trasferisce a Parigi e lascia la madrepatria spinta dalle difficoltà che gli Stati Uniti creano ad una donna alla ricerca di una carriera artistica, infatti nella capitale francese riesce ad esprimere senza troppi ostacoli il proprio talento, non che a Parigi per una donna fosse più facile che in America ma l’essere straniera rendeva più “agili” i movimenti diminuendo, anche se non azzerando, i pregiudizi.

L’incontro e la successiva amicizia con Degas gli permette di inserirsi nella cerchia impressionista, già nel 1868, a tre anni dal suo arrivo in territorio francese, partecipa alle mostre degli impressionisti, unica partecipante d’oltreoceano.

Quest’opera, esposta alla quarta mostra impressionista, fu una delle poche vendute.
Il tema del teatro la accomuna all’amico Degas ma mentre l’uomo si concentrava sul palco o sull’orchestra la Cassatt preferiva rappresentare il pubblico, in particolare quello femminile.

Le donne dell’artista americana sono consapevoli della loro avvenenza e bellezza e non fanno nulla per nasconderla anzi, fanno in modo di esprimere al massimo la propria femminilità con fare distinto ed elegante.

La dama protagonista di questo dipinto appare sicura di se, il ventaglio, spesso utilizzato per celare parzialmente il proprio corpo, è chiuso e lo sguardo non è indirizzato verso il palco ma verso il pubblico, diventando così la protagonista della serata.

Il meraviglioso effetto di luce è dato dal grande specchio alle spalle della donna che proietta il palco in una dimensione infinita, anche il lampadario di cristallo sembra fluttuare tracciando una scia luminosa che si riflette sulla giovane.

La collana di perle, perno centrale dove “gira” tutta la scena, sembra splendere di luce propria.

Questa apoteosi cromatica realizzata in modo armonioso da all’insieme un’aura di magia sospesa nel tempo.