mercoledì 31 maggio 2017

L'intensità dell'attimo, Jean-François Millet.

Autore:   Jean-François Millet
(Gruchy, 1814 - Barbizon, 1875)
 
Titolo dell’opera: L’Angelus (Angelus Domini) – 1857-59
 
Tecnica: Olio su tela
 
Dimensioni: 55,5 cm x 66 cm
 
Ubicazione attuale:  Musèe d’Orsay, Paris





Opera intima e di grande intensità, una coppia di contadini interrompe il proprio lavoro al suono delle campane che annunciano l’Angelus che invita i fedeli a fermarsi un istante a ricordare il mistero dell’Incarnazione.

I due protagonisti del dipinto lasciano il lavoro e si dedicano ad un breve quanto intenso istante di preghiera.

Attorno alla coppia troviamo un tridente conficcato nel terreno, una cesta e una carriola con sopra alcuni sacchi di patate, segni evidenti del lavoro in atto.

La scena non presenta particolari che possano distogliere l’attenzione dalla donna e dall’uomo assorti in preghiera ma lascia scorrere il paesaggio alle loro spalle che si allontana fino all’orizzonte dove spicca il campanile della chiesa di Chailly-en-Bière le cui campane diffondo la chiamata dell’Angelus Domini.

Ma è l’atmosfera dai toni sommessi e magici ad emozionare l’osservatore, si prova immediatamente un senso di pace, una sensazione di “incontro” con se stessi. La luce fuori campo crea un misterioso gioco d’ombre, luce che fatica ad illuminare il “momento” lasciando allo spettatore il piacere di scoprire, negli angoli più remoti, l’essenza dell’animo umano.

 

venerdì 26 maggio 2017

L'infinitamente magico, Albrecht Dürer.


Autore:   Albrecht Dürer
(Norimberga, 1471 - Norimberga, 1528)
 
Titolo dell’opera: La grande zolla (studio delle erbe)  – 1503
 
Tecnica: Acquerello su pergamena
 
Dimensioni: 31 cm x 40 cm
 
Ubicazione attuale:  Graphische Sammlung Albertina, Vienna.





Nato come materiale di studio per la ricerca e la comprensione della natura nei suoi piccoli ma infinitamente interessanti particolari, questo acquerello è forse la prima autentica opera d’arte interamente dedicata alla natura, o quantomeno il primo disegno che lascia il suo iniziale compito e si trasforma in una "creazione" fondamentalmente artistica.

La precisione dei dettagli aggiunta alla sperimentazione con i colori e le conseguenti molteplici sfumature fanno di questo lavoro un’autentica perla.

L’angolo di osservazione è inconsueto, se non addirittura impensabile, per l’epoca, infatti il pittore di Norimberga ci trasforma in piccoli “viaggiatori” dandoci la possibilità di penetrare gli steli d’erba come se affrontassimo un sentiero all’interno di una foresta.

Altro non è che la ricerca approfondita di ciò che già conosciamo benissimo. Affrontandolo da un altro punto di vista il viaggio diviene straordinariamente magico e ci accompagna in un mondo che in fondo non comprendiamo come dovremmo.


domenica 21 maggio 2017

Suggestioni stilistiche e virtuosismi pittorici, Canaletto.


Autore:   Canaletto (Giovanni Antonio Canal)
(Venezia, 1697 - Venezia, 1768)
 
Titolo dell’opera: Capriccio con il ponte di Rialto e la basilica di Vicenza secondo il progetto del Palladio – 1742-44
 
Tecnica: Olio su tela
 
Dimensioni: 60,5 cm x 82 cm
 
Ubicazione attuale:  Galleria Nazionale, Parma.





Dipinto commissionato da Francesco Algarotti per volontà di Federico II.

Canaletto inserisce in questo scenario settecentesco l’ipotetico ponte che Andrea Palladio progettò tra il 1554 e il 1563, progetto mai realizzato perché superato dalla proposta di Antonio da Ponte per quello che tutt'ora ammiriamo come il Ponte di Rialto. Infatti l’architetto e scultore veneziano propose l’attuale architettura ad una sola arcata che venne preferita alla più costosa struttura classica del Palladio.

Canaletto immagina il canale veneziano, nella zona di Rialto, attraversato dalla "forma classica" dell’architetto padovano, ai lati del ponte inserisce altri due edifici realizzati dallo stesso Palladio a Vicenza, a sinistra Palazzo Chiericati mentre sulla destra troviamo le logge del Palazzo della Regione, palazzo definito Basilica dallo stesso Palladio per la struttura dei due loggiati aggiunti alla precedente costruzione in stile gotico.

IL pittore delle “vedute” veneziane ci mostra uno scenario idealizzato, impossibile da vedere nella realtà ma che ci lascia immaginare un’altra grandezza artistica in una città che fa dell’arte la propria essenza.

Il capriccio o “veduta ideata”, come amava deferirla Canaletto, diviene un importante strumento di promozione e propaganda culturali, Venezia com’è, come sarebbe potuta essere o anche solo cosa può rappresentare tra il paesaggio reale e i “capricci” che lasciano aperta la strada dell’immaginazione.

mercoledì 17 maggio 2017

Lo spirito libero di Paul Gauguin.


Autore:   Paul Gauguin
(Parigi, 1848 - Tahiti, 1903)
 
Titolo dell’opera: Manao tupapau (Lo spirito dei morti veglia) – 1893
 
Tecnica: Olio su tela
 
Dimensioni: 73 cm x 92 cm
 
Ubicazione attuale:  Albright-Knox Art Gallery, Buffalo




 

Gauguin non lascia alcuna indicazione riguardo ad uno dei suoi dipinti più intensi e, proprio per l’assenza di indicazioni, forse il più enigmatico.
Il titolo, dipinto in alto a sinistra, sembra spiegare la scena ma lo fa solo in apparenza.
Tupapao è il nome dello spirito dei morti polinesiano, lo spettro che con l’avvento dell’oscurità fa visita alle persone e le accompagna nel regno dei morti.
Il dipinto ci mostra una giovane donna, si tratta dell’amante dello stesso pittore, sdraiata completamente nuda sul letto.
La fanciulla appare evidentemente spaventata, in secondo piano troviamo il motivo della preoccupazione, in attesa vediamo un Tupapao figura coperta di nero che mostra solamente il volto.
L’artista francese con il titolo ci spinge ad interpretare l’insieme è a porci alcune domande: è la ragazza che col calare del sole pensa allo spirito al punto di spaventarsi solo immaginandone la possibile presenza o è lo spirito stesso in paziente attesa che veglia sulla ragazza?
Molti testi di storia dell’arte, molte biografie di Gauguin concordano che la figura vestita di nero è un Tupapau ma non posso trascurare la, forse improbabile ma interessante, lettura della storica dell’arte Boile-Turner che vede nelle piccole luci che fluttuano in alto a destra del dipinto i veri spiriti Tupapau mentre la figura a sinistra sembra essere solamente una donna del villaggio che veglia sulla ragazza.
A risolvere quest’ultimo quesito ci pensa lo stesso Gauguin nel dipinto Cavalieri sulla spiaggia, dove inserisce, per sua ammissione, due Tupapau.
Resta il fascino esotico di quest’opera che ci trasporta in un universo magico, lontano dalle opprimenti “certezze” del nostro mondo.
 
Paul Gauguin - Cavalieri sulla spiaggia 1902, Olio su tela.  Folkwang Museum Essen
 

 

sabato 13 maggio 2017

Lo sguardo oltre la finestra, Pierre Bonnard.

Autore:   Pierre Bonnard
(Fontenay-aux Roses, 1867 - Le Cannet, 1947)
 
Titolo dell’opera: La finestra aperta – 1921
 
Tecnica: Olio su tela
 
Dimensioni: 118 cm x 96 cm
 
Ubicazione attuale:  Collezione Philips, Washington.





La ragazza che dorme e il piccolo gatto nero sono appena visibili, le due figure sono ai margini del quadro e di conseguenza non hanno una parte importante nella scena.

Protagonisti assoluti del dipinto sono i colori, una vastissima gamma cromatica avvolge l’intera opera, poco incisivo l’impatto prospettico, infatti l’interno non appare ben definito al punto che lo sguardo inevitabilmente (forse è proprio questo l’obbiettivo del pittore francese) si posa sugli alberi posti all’esterno.

La luce stessa, che illumina la stanza, invece di sottolineare ciò che avviene all'interno sembra voler catturare l'osservatore e spingerlo ad uscire, celando concettualmente ogni azione "umana" e paradossalmente mette al centro del quadro ciò che nel quadro non ce. 

Tipica del gruppo dei “Nabis” l’idea di coinvolgere l’osservatore non tanto tramite il soggetto dell’opera quanto attraverso la forma utilizzando spesso piatte superfici monocromatiche.

lunedì 8 maggio 2017

Allegoria della Calunnia, Sandro Botticelli.


Autore:   Sandro Botticelli (Alessandro di Mariano di Vanni Filipepi)
(Firenze, 1445 - Firenze, 1510)
 
Titolo dell’opera: Calunnia di Apelle – 1494 ca.
 
Tecnica: Tempera su tavola
 
Dimensioni: 62 cm x 91 cm
 
Ubicazione attuale:  Galleria degli Uffizi, Firenze.





Botticelli si rifà all’opera perduta del pittore greco Apelle nota  per essere stata descritta da Luciano nei suoi Dialoghi, anche Leon Battista Alberti ne parla in De pictura.

Apelle era stato accusato dal rivale Antifilo di cospirare contro l’allora re Tolomeo IV. A nulla servì proclamare la propria innocenza, quando sembrava imminente la condanna uno dei veri congiurati svelò la dinamica dei fatti scagionando Apelle.

Il pittore greco, ricordando la calunnia subita, dipinse un’opera allegorica a cui affidare il racconto dell’episodio da tramandare ai posteri.

Botticelli ricostruisce la scena inserendo delle figure  che ne risaltano l’aspetto allegorico.

Da destra notiamo re Mida, rappresentato con le orecchie d’asino attorniato da Ignoranza e Sospetto.

Il monarca tende la mano al Livore che trattiene per un braccio la Calunnia che a sua volta trascina il povero calunniato per i capelli, il giovane è rappresentato senza vesti, in balìa della calunnia stessa.

Invidia e Frode sono impegnate ad acconciare i capelli della Calunnia per renderla più bella e credibile.

A sinistra troviamo una vecchia ammantata di nero, quasi nascosta nella sua tunica, impersona il rimorso che volge lo sguardo alla Verità che, nuda, a dimostrazione che non deve nascondere niente, alza il braccio verso il cielo ad indicare la giusta strada morale da seguire.

La scenografia architettonica, ricca di sculture e bassorilievi, rimanda alle opere dello stesso Botticelli, tra le altre alle spalle del re vediamo la statua di Giuditta con ai piedi la testa di Oloferne.
 
Re Mida, Ignoranza e Sospetto.
 
Invidia e Frode acconciano i capelli a Calunnia che trascina il calunniato.
A destra il Livore strige il braccio alla "Calunnia" mentre si rivolge a Re Mida.
 
Verità e Rimorso, l'epilogo morale del "racconto".
 

giovedì 4 maggio 2017

Jazz Band, Jean Dubuffet


Autore:  Jean Dubuffet
(Le Havre, 1901 - Parigi, 1985)
 
Titolo dell’opera: Jazz Band (Dirty Style Blues) – 1944
 
Tecnica: Olio su tela
 
Dimensioni: 97 cm x 130 cm
 
Ubicazione attuale:  Collezione privata.





Un’orchestra jazz è schierata in primo piano, l’unico oggetto in secondo piano è il pianoforte suonato comunque dal primo musicista a sinistra allineato in modo innaturale con il resto del gruppo.

L’effetto graffito è creato in modo inconsueto con un pennello, successivamente la superficie viene macchiata, sgommata e incisa “creando” il contorno dei musicisti.

Dubuffet ha sempre sostenuto che la vera e autentica arte creativa apparteneva più ai dilettanti e ai malati di mente che ai professionisti, sosteneva che la malattia mentale, incompresa dai cosiddetti sani, è in grado di esprimere un pensiero artistico puro, non contaminato dai canoni prestabiliti.

Il pittore francese coniò il termine Art Brut (arte cruda, grezza) per descrivere le opere artistiche di bambini, pittori alle prime armi o appunto psicotici.

I lavori di Dubuffet sono stati spesso derisi, mentre all’autore erano dedicati gli insulti più svariati. Critica e pubblico si sono accaniti contro l’artista e le sue opere, in un’occasione, durante una mostra parigina, si è giunti addirittura allo sfregio.

Nonostante i continui rifiuti e le immancabili polemiche Jean Dubuffet è riuscito a ritagliarsi un importante spazio nel mondo dell’arte.