Hubble ultra deep field
Quando la
“fotografia” ci racconta la più grande meraviglia dell’universo (letteralmente).
Hubble, il famoso
telescopio spaziale, da anni ci offre immagini dallo spazio sempre più
incredibili, regalandoci emozioni indescrivibili.
L’osservatorio
spaziale nel 1995 tenta un’impresa che si rivelerà estremamente affascinante,
per dieci giorni consecutivi si concentra su uno spicchio piccolissimo di
“cielo” (un astrofisico per rendere l’idea lo paragona ad un granello di sabbia
tenuto tra le dita e osservato dalla distanza di un braccio teso) il telescopio viene orientato in una delle
zone più buie, dove apparentemente non si era mai osservato nulla.
Per dieci giorni la
“lente” spaziale ha pazientemente atteso l’arrivo dei tanto attesi fotoni, ha
catturato la luce proveniente dal più remoto angolo dell’universo.
L’esperimento si ripeterà nel tempo con esposizioni più lunghe e con l’ausilio
di tecnologie sempre più avanzate.
Il risultato finale
è incredibile, lo possiamo constatare osservando questa “fotografia”, ad un
primo sguardo distratto possiamo notare dei puntini luminosi, e già questo
sarebbe sorprendente considerando che l’osservazione era diretta in una zona da
cui non erano mai arrivati segnali, ma se ingrandiamo l’immagine …
Non si tratta solo
di stelle ma di intere galassie, uno spettacolo che va oltre la più fervida
immaginazione.
“Hubble ultra deep field”, questo è il nome dell’immagine (del progetto la cui immagine ne è il risultato) “campo ultra profondo” dunque e questo apre ad un’ulteriore meraviglia, essendo appunto una “visione” profonda ci mostra astri lontani miliardi di anni luce, questo significa che stiamo vedendo una parte dell’universo in un’epoca a noi lontanissima, stiamo guardando indietro nel tempo, il nostro occhio vede ciò che succede nel passato (non è un errore, succede perché lo vediamo ora, ma è nel passato perché in questo momento quelle stelle, quelle galassie, si sono evolute, si sono trasformate in qualcosa che potremo vedere solo tra altri miliardi di anni.
Questo mio “racconto” (estremamente limitato dalla mie esigue competenze in astronomia) vuole solo mettere in luce la magia scaturita da un'immagine, volgere lo sguardo là dove ci sembrava assurdo solo pensarlo .