Autore: Hedward Hopper
(Nyack, 1882 –
Manhattan, 1967)
Titolo
dell’opera: Domenica mattina presto (Mattina presto) 1930
Tecnica: Olio su tela
Dimensioni:
89 cm x 50 cm
Ubicazione attuale: Whithney Museum of America Art, New York
Il titolo è la chiave
di lettura di quest’opera (e di quasi tutte le opere di Hopper) spesso infatti
i titoli sono modificati in seguito o addirittura ricreati, il pittore
americano non dava troppo peso al “nome” del dipinto e in questo caso ha
ignorato il fatto che arbitrariamente qualcuno ne abbia cambiato il senso.
La lettura di
questo quadro cambia completamente in base a quale titolo prendiamo in
considerazione, se “Mattina presto” o solo “Mattina”, come decise lo stesso
Hopper, o “Domenica mattina presto”, titolo definitivo deciso da altri.
La città deserta,
lo scorcio di una via silente e immobile dove non c’è traccia dell’essere
umano, tutto illuminato dal primo sole mattutino, i negozi chiusi cosi come le
finestre al piano superiore, in attesa
che la comunità prenda vita.
Ma la differenza
nell’interpretazione dell’opera la fa quel “Domenica” che costituisce un bivio
di non poca importanza.
Il titolo
unanimemente conosciuto, ma che non è parte integrante del quadro, ci dice che
siamo immersi in una scena mattutina domenicale, tutto e tutti dormono, la
frenesia dei giorni feriali lascia il posto al riposo del fine settimana.
Questa “visione”
d’insieme rischia però di essere scontata, banale, scene come questa sono
usuali ovunque, difficile pensare che Hopper si sia fermato a questo.
Togliendo
“Domenica” e considerando che l’artista non l’aveva presa in considerazione,
ecco che la scena muta, è un giorno qualunque, i raggi obliqui del sole ci
confermano che è presto, ma se aggiungiamo il concetto caro ad Hopper, ne esce una
ricostruzione fedele della situazione “umana” nel bel mezzo della grande
depressione.
La luce, i colori,
niente ci porta ad immaginare una stato “depressivo” ma l’assenza di ogni
attività umana, considerando che siamo in città, e contestualizzando il dipinto,
siamo portati a prendere quella strada.
Vero è che il
pittore newyorkese ha realizzato le sue opere, raccontando il suo mondo, con
intenti che non sempre hanno combaciato con l’interpretazione postuma. L'artista viene dunque idealizzato dalla critica, dal mercato e dal pubblico, vedendo in Hopper il
cantore della solitudine umana ci siamo immersi in una dimensione artistica che
probabilmente non è quella originale.
Ad un secolo di
distanza dobbiamo ancora comprendere la profondità del lavoro di uno dei più importanti artisti americani.