sabato 27 giugno 2020

Il tempo muta le nostre convinzioni

“The Floating Piers, una grande opera concettuale, l’idea utopistica di superare le barriere naturali, andare oltre le leggi della fisica.
Permettere ai visitatori un contatto diretto con l’installazione è il fulcro del pensiero di Christo e Jeanne Claude, che ha costruito un ponte (passatemi il termine) tra loro stessi e gli appassionati di tutto il mondo.

Visivamente l’impatto è rilevante, completata dalla cornice del lago l’opera appare armoniosa ed elegante nella sua maestosità, l’effetto cromatico si nota a grande distanza e il fascino che trasmette si percepisce maggiormente quando calano le ombre crepuscolari e le luci disposte sulla “passerella” danno origine ad una sensazione di profonda intimità.La grande delusione è sicuramente l’aspetto sensoriale, il tanto esaltato effetto “sarà come camminare sull’acqua” è inesistente, si è cercato di creare la sensazione tattile con il tessuto, ma in fondo ci si ritrova a camminare su un pontile di plastica.
Alla fine credo che la manifestazione artistica sia riuscita nel suo insieme ma è mancata in quello che doveva essere il suo punto di forza, il contatto con il lago, contatto che è avvenuto visivamente ma che è mancato ad un livello spirituale”.

Questo è quello che ho scritto il 26 giugno del 2016, il giorno dopo il mio “incontro” con l'installazione che quattro anni fa ha portato un milione e mezzo di visitatori sul lago d’Iseo.

Il tempo trascorso da allora però mi ha permesso di modificare la mia “lettura” di quella che a tutti gli effetti si è dimostrata un’opera che ha segnato un passo importante nella storia dell’arte contemporanea.

Che si trattasse di un’opera d’arte lo pensavo già allora, ho seguito con interesse i preparativi nei mesi precedenti, ho seguito le presentazioni al pubblico e alla stampa, Christo ha insistito molto sulla sensazione tattile che il visitatore avrebbe provato camminando sulla “passerella”, e forse è proprio per questo motivo che la mia attenzione, e quella di molti altri, si è posata proprio sull’aspetto che allora mi deluse, il contatto fisico con il lago.

Ripensandoci dopo quatto anni mi sono reso conto che il contatto “spirituale” con l’opera, che pensavo fosse mancato, c’è stato eccome, non nel passeggiare sopra il “ponte” ma nell’impatto visivo che ho avuto avvicinandomi all’installazione a bordo di un traghetto, l’opera si palesava come un’apparizione dalla genesi indecifrabile, un’ondata di emozioni intense che hanno segnato il mio modo di “confrontarmi” con l’arte, la ricerca di ciò che va al di là del “visibile”.

Molto è cambiato da allora, Christo se ne è andato e ha raggiunto Jeanne Claude e con lui anche Germano Celant, l’organizzatore dell’evento. L’opera, nonostante non esista più materialmente, è presente nel nostro immaginario e aumenta la propria forza con il trascorrere del tempo.

Cosa rimane dei proclami di certi critici (televisivamente famosi) che passarono quelle due settimane di giugno a ripeterci che quella non era arte e che tutto si sarebbe sgonfiato nel giro di poche settimane?

Il tempo, come sempre, è il giudice supremo, magari tra qualche lustro anche lui cambierà idea.

sabato 20 giugno 2020

Provocazione e realismo, Maurizio Cattelan

Autore:   Maurizio Cattelan

(Padova, 1960) 

Titolo dell’opera: L.O.V.E - 2010 

Tecnica: Scultura in marmo di Carrara

Dimensioni: 460 cm. (a cui vanno aggiunti 640 cm. del piedistallo) 

Ubicazione attuale:  Piazza degli Affari, Milano





Opera che lascia infinite opzioni interpretative, inequivocabile il “simbolo” derivante dal dito medio alzato (da qui il nome con cui l’opera è conosciuta “Il Dito”) ma aperti a svariate letture altri particolari come il titolo (l’acronimo L.O.V.E. sta per Libertà, Odio, Vendetta, Eternità) o il fatto che le altre quattro dita sono mozzate.

La mano aperta quasi a rappresentare il saluto romano vede erose dal tempo tutte le dita eccetto il medio, l’accostamento tra il saluto romano e il palazzo di Mezzanotte, costruzione architettonica del ventennio, vanno di pari passo.

Siamo davanti alla sede della Finanza italiana, centro nevralgico dei destini economici del paese, luogo vissuto tutt’altro che con favore dai comuni cittadini.

Una versione, mai confermata dall’artista padovano, vuole la scultura come una critica al mondo della finanza, un mondo dove pochi decidono il destino di molti, ma c’è un particolare che può sfuggire allo sguardo superficiale e spesso infastidito, la direzione del dorso della mano, se guardiamo con attenzione notiamo che l’invito irriguardoso è rivolto alla città e non al centro degli “affari”.

Cattelan, come detto, non ha mai confermato o smentito qualsiasi ipotesi lasciando totale libertà interpretativa.

Le indicazioni del titolo sono vaghe e in conflitto tra loro, odio, vendetta, libertà ed eternità, oltre ad amore, ci conducono su sentieri a doppio senso di marcia, difficile scegliere una specifica direzione.

Per quanto possa sembrare una semplice e banale provocazione l’opera ha il potere di smuovere le acque e quasi obbligare l’osservatore a reagire, come spesso capita ai lavori dell’artista veneto la prima reazione della gente non è mai positiva, si va dall’insulto alla derisione, ma se ci fermiamo a riflettere ci accorgiamo che al di là dei gusti estetici (che troppo spesso sono l’unico canone di riferimento limitandone la lettura) l’opera ha molto da “raccontare”.



sabato 13 giugno 2020

La profondità del cielo a metà tra la tradizione e la modernità, Eugène Boudin


Autore:   Eugène Boudin
(Honfleur, 1824 – Deauville, 1898)

Titolo dell’opera: La spiaggia di Trouville, 1864

Tecnica: Olio su tela

Dimensioni: 26 cm x 48 cm

Ubicazione attuale:  Musée d’Orsay, Parigi






Il piccolo dipinto si rivela una preziosa istantanea del tempo, fedele cronista ma illuminato anticipatore della modernità.

La località marina di Trouville in Normandia era in quel periodo la meta più alla moda per la borghesia parigina, su questa spiaggia infatti un numeroso gruppo di turisti proveniente dalla capitale francese assapora i raggi del sole vestita in modo elegante.

Paesaggista “di spiagge” Boudin fece di questi soggetti il filo conduttore della propria carriera, sapeva riprodurre con maestria il comportamento della gente in questo contesto.

Fonte d’ispirazione per il futuro movimento impressionista era al contempo legato alla visione del paesaggio olandese del diciassettesimo secolo, quest’opera combina perfettamente le due lontane realtà artistiche.

Il cielo ha un’importanza fondamentale,  occupa gran parte del dipinto e spinge l’osservatore a concentrarsi sulla parte bassa dell’opera anche se lo sguardo tende a risalire attirato dalla prorompente sensazione di libertà.

La scena dunque occupa il lato inferiore in primo piano, gente che si gode il calore del sole o, riparata da un ombrellino, si ascia accarezzare dalla brezza marina, i bambini giocano, altri chiacchierano, ma fondamentalmente il comportamento delle persone sulla spiaggia sembra passare in secondo piano, i  protagonisti sono, naturalmente il mare che appare solo in uno scorcio a sinistra, la scogliera a destra dove spiccano delle case e soprattutto il cielo, pur senza particolari fenomeni naturali cattura l’occhio con la sua infinita profondità.

sabato 6 giugno 2020

E se l'opera ... Philippe Parreno


Premesso  che in un museo o all’interno di esposizioni e fiere d’arte se in una sala non viene esposto niente quest’ultima viene inevitabilmente chiusa.

 Se entrate in uno spazio e non vedete null'altro che una stanza vuota allora iniziate ad incuriosirvi, guardatevi attentamente attorno e, se notate solo le nude pareti, cominciate a prendere in considerazione che l’opera d’arte siete voi.

L’arte contemporanea apparentemente senza senso coinvolge lo spettatore al punto che in sua assenza l’opera non esiste.

 

Philippe Parreno – Sonic Grid (opera esposta alla biennale di Venezia del 2017)