Quest’opera ha suscitato, e suscita tutt’ora, reazioni contrastanti, sdegno, ammirazione, fastidio, curiosità. Qualsiasi sia la risposta del pubblico non è comunque di indifferenza.
Vanessa Beecroft è
famosa per i suoi “tableau vivant” (quadri viventi) dove il malsano rapporto
con il cibo dell’età giovanile è predominante sotto forma di impersonali
soggetti, spesso svestiti, che sottolineano il rapporto contrastante tra il
corpo e la sua rappresentazione.
Quest’opera però
prende una strada completamente diversa, sia stilisticamente che
concettualmente, cambia anche il rapporto con l’opera in sé, non si tratta più
di una performance ma di un attimo fermato dalla macchina fotografica, ma è la
presenza della stressa Beecroft come protagonista della scena a ribaltarne i
concetti.
Questo lavoro del
2005 ha nel titolo il suo senso assoluto “Madonna bianca con gemelli”, dalla
sua prima esibizione pubblica non ha ricevuto molti apprezzamenti, è stata
tacciata di buonismo, accusata di voler andare controcorrente in un paese,
l’Italia, che si scontra sul tema dell’immigrazione.
Se ci limitiamo ad
uno sguardo superficiale o anche più attento senza la ricerca del perché di
questa opera, ne riceviamo delle forti sensazioni, magari contrastanti, legate
al solo aspetto visivo, al contrario la consapevolezza e la conoscenza dei
“passi” che hanno dato vita all’idea ci aiutano a capire cosa l’artista
genovese vuole raccontarci.
Il viaggio in
africa in una missione, l’incontro con i due gemelli ospitati in uno dei
moltissimi orfanatrofi fino al tentativo, non riuscito di adottarli.
Questo incontro
viene immortalato ma non basta una semplice fotografia che ne racconti
l’incontro con estremo realismo, la Beecroft vuole uscire dalla sfera
emozionale personale, cerca di tramutare l’insieme in un simbolo universale.
Il tema della
distinzione-indistinzione delle razze è evidente, cosi come traspare il lato
umano, dove la condivisione è la regola e non l’eccezione.
E’ decisamente difficile
trasmettere questo messaggio in un’epoca complessa dove l’intolleranza da una
parte e la falsa compassione dall’altra creano un monopolio di dove l’interesse
personale la fa da padrone, anche nel fingersi compassionevoli.
Non ci resta che
metterci in silenzio davanti a questa immagine e lasciarci trasportare dalle
emozioni svuotandoci di ogni pregiudizio, l’immagine della “Madonna” che tiene
in braccio i due bambini nutrendoli e difendendoli dalle inevitabili difficoltà
è di una forza estrema, la crepa nel muro alle spalle ci dice che tutto è
relativo, che nonostante l’intervento della donna i due bambini non sono al
sicuro.
L’ultimo
particolare riguarda l’orlo della veste bianca, non è sporco o stracciato, è
bruciato , tutto dunque è destinato a consumarsi inesorabilmente.
La fotografia è
parte della collezione della Fondazione San Patrignano ospite a tempo
indeterminato del PART di Rimini.