Il dittico ha una precisa collocazione, a sinistra la tela monocroma, a destra la fotografia che ritrae il protagonista con lo sguardo rivolto al pannello dipinto di verde.
Claudio Costa – Gli occhi di Maori riflettono i colori latenti della foresta, 1973 – Fotografia e tela dipinta (Photo cm 23 x 31 – Tela cm 19,7 x 29) – Collezione Fabio e Leo Cei |
La
narrazione canonica, il nostro modo di intendere la lettura va da sinistra a
destra, ma il concetto di Costa va esattamente nella direzione opposta, l’uomo,
che rappresenta il popolo Maori incrocia lo sguardo con la tela che rappresenta
la foresta, la verginità della natura, la terra incontaminata.
Ma
il titolo è più specifico, il verde della tela è la rappresentazione del
riflesso della foresta scaturito dagli occhi dei Maori.
La
foresta nella sua essenza più pura non esiste più, rimane l’ideale visione di
un popolo che, come il “bosco” rischia di diventare un riflesso della realtà,
cancellato da un presente dove la purezza è un ricordo lontano.
Sono
bastati una tela dipinta di verde, una fotografia e … un’idea, per dare vita ad
un concetto estremamente profondo, pensiero che si è sviluppato “sul campo”,
scaturito da una realtà soffocante.
Costa
nasce a Tirana da genitori italiani, grazie ad una borsa di studio si reca a Parigi
dove viene a contatto con l’allora intenso panorama artistico. In seguito da
inizio ad una serie di viaggi in Africa e Australia dove concentra i propri
studi sulla paleontologia e, soprattutto, sulle popolazioni locali partendo
dalla loro genesi primitiva.
Quest’opera
è la sintesi dei due periodi, quello artistico nella capitale francese e quello
spirituale nei continenti africano e australe.
La
natura incontaminata e l’uomo, l’equilibrio che resiste finché è presente un
rispetto reciproco, l’uomo deve assecondare l’evoluzione naturale e difendere
il proprio spazio senza andare oltre le proprie necessità, in questo caso gli
equilibri sono mantenuti.
Oggi
sappiamo che non è cosi, i Maori hanno sempre mantenuto questo scambio con la
terra ma l’umanità va oltre il popolo Maori, l’equilibrio si spezza perché emerge
con forza lo spasmodico desiderio di sopraffazione, prepotenza subita non solo
dalla foresta ma anche da tutte quelle popolazioni, qui rappresentate dai
Maori, che ritenevano dannoso il mito del superfluo.
L’opera
di Claudio Costa è del 1973, la mia “visione” è datata 2024, mezzo secolo è un
lasso di tempo sufficiente per confermare le più nefaste previsioni, allora gli
occhi erano in grado di riflettere nitidamente il colore della foresta, oggi
quel colore rischia di apparire sbiadito, “lontano”, il colore verde della tela
sembra essere una delle poche cose ancora in grado di resistere.
È semplicemente una questione di "sguardi". Molto interessante, grazie Romualdo. Buona settimana. 😘
RispondiEliminaBellissimo Pia, "sguardi", una sintesi perfetta, sguardi che s'incrociano sempre meno, sguardi rivolti verso il basso.
EliminaGrazie, buona giornata.