Spesso
mi sono trovato a discutere su un tema che mi è particolarmente caro, la
differenza tra la tecnica e la genialità, tra il pittore (o il musicista,
scultore, scrittore ecc.) e l’artista.
Quante
volte ci siamo imbattuti in funamboli della musica, pianisti, chitarristi,
batteristi, bambini e adulti che mostrano un talento naturale per ciò che fanno
e altrettante volte abbiamo ascoltato considerazioni del tipo: “questi si che
sanno suonare (o dipingere, tasto ancor più dolente) non i soliti che sono
famosi perché … (ognuno ci metta la propria considerazione).
Se
avete qualche minuto libero cercate sulla “rete” video che mostrano i vari “bambini
prodigio” che si esibiscono in virtuosismi di ogni sorta, andate oltre l’apparenza
che ci mostra una tecnica tutt’altro che modesta e concentratevi sull’anima del
musicista, vi accorgerete che dietro la ripetizione maniacale del gesto tecnico
non vi è nessuna scintilla vitale, non c’è quel trasporto, quella geniale consegna
del proprio Io all’arte della musica, in poche parole troverete il vuoto, solo
un guscio apparentemente perfetto ma senza vita.
Oppure
possiamo assistere ad inutili giochi di prestigio atti a distrarre il pubblico
che cosi non nota la pochezza musicale e artistica, un esempio è il lancio
delle bacchette da parte di un batterista che le riprende al volo tra l’acclamazione
della folla (cosa che ha un senso se il musicista ha già mostrato le sue
qualità musicale, nel caso contrario siamo di fronte ad una esibizione circense
e basta).
Bastano
pochi secondi, per l’esattezza 12, del video che voglio proporvi, per
comprendere perché certi musicisti, in questo caso Phil Collins, non sono
considerati dei grandi per un capriccio dei chicchessia (mercato, raccomandazioni
o quant’altro) ma per la capacità di andare oltre i soliti schemi mettendoci
appunto l’anima.
Siamo a Roma nel 2007, i Genesis si esibiscono con alla batteria il geniale "drummer" britannico, l'inizio di Firth of fifth (nel video troviamo anche I knoe what i like dove Collins mostra la capacità di prendere la scena coinvolgendo il pubblico senza necessariamente uscire dal percorso musicale) è l'emblema di ciò che intendo, poco più di dieci secondi dove la semplicità del gesto ci regala un "fill" semplicemente straordinario.
Chiudo citando Gary Novak: “… tutti
sappiamo suonare i nostri strumenti, ma non è cosi importante, è lo spirito, l’emozione
che metti nella musica che devono essere presenti”.
Concordo: la musica (ma l'arte in genere) è spirito e magia e così riesce ad entrare e risuonarci dentro, molto più che con la tecnica
RispondiEliminaCiao Alberto, senza quello "spirito" a cui tu accenni, anche la tecnica più sopraffina si perde.
EliminaCerto se sono presenti entrambe il risultato è eccelso ma senza il primo ...
Grazie, buona serata.