domenica 8 giugno 2025

Abbandoniamo la superficie per comprendere le profondità

All’alba del 6 giugno, al centro della Rotonda dei Mille che ospita il monumento di Giuseppe Garibaldi a Bergamo, gli abitanti della città lombarda hanno avuto una sorpresa (piacevole o meno dipende dai punti di vista).



Sulle spalle della statua del “Re dei due mondi” appare un bambino che con la mano destra mima una pistola, dopo i primi attimi di smarrimento ecco svelato l’arcano: si tratta di un’installazione di Maurizio Cattelan.

Come ogni opera realizzata dall’artista padovano anche questa suscita immediatamente reazioni differenti, anche se soprattutto negative, alla mente tornano i bambini impiccati apparsi a Milano nel 2004 (ne ho parlato qui)

L’installazione inaugura la mostra diffusa “Season” che dal 7 giugno al 26 ottobre sarà visibile nella città “Dei Mille”.

Cos’è che scatena il fastidio di molti? Un bambino che “spara”? Il gesto dissacratorio che tocca uno dei simboli cittadini? O lo sdegno per qualsiasi cosa non sia comprensibile nell’immediato?

Non sarò certo io a scandalizzarmi per un’opera d’arte anzi, sono proprio queste occasioni, dove al primo sguardo non si hanno le giuste coordinate, in cui possiamo iniziare ad esplorare gli anfratti di una visione, nostra e altrui, che rimangono in ombra.

Chi o cosa rappresenta il bambino “armato” a cavalcioni sul monumento di una figura simbolo della città ma non solo? La difesa o l’aggressione delle nuove generazioni a tutto ciò che è il passato, oppure il bambino che impugna un’arma, anche solo metaforica, ci riporta ai tristi fatti di cronaca che denunciano un degrado morale in cui sono proprio i bambini a farne le spese (qui l’accostamento all’opera di Milano pare evidente).

Naturalmente non possiamo escludere l’aspetto giocoso ma sembra più legato alle generazioni passate, semmai è il tentativo di emergere, con la forza, in un mondo che non sembra conoscere alternative alla forza stessa.

Dietro alle opere di Cattelan c’è sempre un messaggio anche se fatica ad emergere, la totale assenza di riferimenti da parte dell’autore ingarbuglia ulteriormente i tentativi di darne una definizione logica, in fondo Cattelan ha sempre fatto della provocazione un suo cavallo di battaglia, ma solo se ci si ferma alla superficie non si vede altro. Dai “bambini” già citati al dito medio in Piazza Affari, dal papa colpito da un meteorite fino alla celeberrima “banana” (curioso che le opere siano conosciute con nomi differenti dal titolo scelto dall’artista) apparentemente sembra che l’unico obbiettivo sia provocare ma in ogni singolo caso dietro c’è un preciso percorso, artistico, sociale e culturale.

Come richiesto a qualsiasi un’opera d’arte anche questa fa discutere, se riuscisse anche a far riflettere …

10 commenti:

  1. Io la penso come provocazione. Comunque si tende a suscitare attenzione e, di conseguenza, pubblicità, l'anima di ogni artista che voglia sopravvivere.
    Poi c'è anche la riflessione sul bambino che spara con le dita, e di conseguenza, l'appello all'unica arma cui dovremmo avere accesso noi esseri umani, e al massimo fare PAM con la voce.
    Ma prima viene la pubblicità. Sia chiaro questo.

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    1. Se per pubblicità intendi un modo, provocatorio, per destare attenzione, sono d'accordo, d'altro canto se davanti alla statua di Garibaldi ci avessero messo il dipinto di un tramonto (è solo un esempio) non ci sarebbe stata quella risonanza mediatica che richiamava l'attenzione.
      Se invece con "pubblicità" intendi uno stratagemma atto a fare "casino" solo per fini materiali, per far parlare di sé, allora non mi trovi d'accordo, non escludo che tu abbia ragione ma non mi piace l'idea di passare oltre senza scendere nei particolari (più o meno visibili).
      grazie Franco, buona domenica.

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    2. Non escludo buone intenzioni, ma non credo abbiano la precedenza su altre dinamiche.. di mercato, purtroppo.. ;)

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    3. Probabilmente tu hai ragione ma non è questo il punto focale del mio scritto, io mi chiedo perché la gente davanti ad opere come questa (che nella maggioranza dei casi non essendo pittura figurativa non viene considerata arte) si concentra esclusivamente sull'aspetto materiale e sulla convenienza invece di chiedersi cosa vuole raccontare l'autore, qual è il messaggio che emerge, e nel caso non ci sia alcun messaggio (percepito, perché non è detto che se non è palese non esiste) qual è la nostra "visione"?
      L'aspetto "pecuniario" non è da trascurare anzi, ma è slegato dal pensiero che mi ha portato a scrivere questo post, sicuramente è un'idea da sviluppare, magari a breve giro di posta.
      Ciao Franco, buon inizio di settimana😉

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  2. Ma se il significato dell'opera è di così difficile interpretazione, se alla fine quello che più arriva è l'atto provocatorio, non pensi che l'artista abbia, almeno in parte, fallito?
    E parlo in generale, più che dell'opera in questione, che mi suona pure simpatica.
    La banana invece mi richiama più che altro l'opera di Pero Manzoni... lo dico in tono assolutamente scherzoso.

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    1. Se cosi fosse Botticelli avrebbe fallito in quanto è un artista le cui opere sono difficili da comprendere anche da chi lo studia da sempre, d'altro canto tutte le opere del passato sono filtrate da interpretazioni di atri, ciò che comprendiamo, o crediamo di comprendere, è dato dalle ricostruzioni che sono state date nel tempo.
      Hai ragione, altro che tono scherzoso, la "banana" è più vicina alle "scatolette" di Manzoni di quanto pensiamo, è un attacco ad un sistema che paradossalmente è parte stessa del mondo degli artisti, è un concetto interessante ma al contempo da vita ad un cortocircuito dove si sente l'assenza della coerenza.
      Grazie mille carissimo Alberto per l'intervento, buona domenica.

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  3. Non so. Secondo me questa foto vuol solo significare un bambino che gioca, come tanti altri, a fare la guerra. Accade da sempre. Poi, con la giusta educazione, nella crescita, gli si insegna quanto essa sia sbagliata. Per ora facciamoli divertire con le loro idee e la loro ingenuità. Poteva essere su qualsiasi statua nel mondo. Per il bimbo è solo un gioco in un mondo che per lui ha il gusto della pace. E speriamo rimanga così per sempre. Non sempre l'arte deve essere spiegata, a volte conta anche ciò che noi, in essa leggiamo, le emozioni che proviamo vivendole. Il nostro tuffo nella storia e nel tempo. Abbraccio grande Romualdo e grazie per le tue riflessioni artistiche.

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    1. Tutto condivisibile ciò che dici, un'interpretazione interessante la tua, l'unico appunto riguarda: "Poteva essere su qualsiasi statua nel mondo", ma la statua di Garibaldi nella "Rotonda dei Mille" a Bergamo non è una statua qualunque, la città è legata a Garibaldi e alla spedizione guidata dallo stesso in modo particolare, ecco perché l'installazione di Cattelan ci (mi) spinge ad andare in profondità.
      Come ho scritto nel post, anch'io ho visto il gioco innocente di un bambino ma tutto è legato alla mia generazione (che è quella dello stesso Cattelan) ma troverei strano che l'autore guardi al passato, i suoi lavori sono sempre legati alla contemporaneità, messaggi che riportano a visioni attuali (nel senso di concetti inerenti al presente delle opere).
      Che l'arte non debba essere spiegata è fuori dubbio, l'arte necessita però di un contatto, di una comunicazione con l'osservatore, confronto che non può esserci se non si viaggia sulla stessa lunghezza d'onda.
      Grazie a te per l'intervento, un abbraccio.

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  4. Io guardo alla guerra sempre come fallimento. Sempre. In qualsiasi epoca e qualsiasi circostanza.
    Staremo sotto Hitler e i suoi successori a quest'ora? Magari sì, o forse no.

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    1. Non penso che quest'opera sia un inno alla guerra anzi, semmai è una denuncia della facilità con cui la violenza fa breccia nelle nuove generazioni (e non solo, ma trattandosi di un bambino ...).

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