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sabato 25 aprile 2020

Nel titolo la lettura di un'opera, Edward Hopper


Autore:   Hedward Hopper
(Nyack, 1882 – Manhattan, 1967)

Titolo dell’opera: Domenica mattina presto (Mattina presto) 1930

Tecnica: Olio su tela

Dimensioni: 89 cm x 50 cm

Ubicazione attuale:  Whithney Museum of America Art, New York






Il titolo è la chiave di lettura di quest’opera (e di quasi tutte le opere di Hopper) spesso infatti i titoli sono modificati in seguito o addirittura ricreati, il pittore americano non dava troppo peso al “nome” del dipinto e in questo caso ha ignorato il fatto che arbitrariamente qualcuno ne abbia cambiato il senso.

La lettura di questo quadro cambia completamente in base a quale titolo prendiamo in considerazione, se “Mattina presto” o solo “Mattina”, come decise lo stesso Hopper, o “Domenica mattina presto”, titolo definitivo deciso da altri.

La città deserta, lo scorcio di una via silente e immobile dove non c’è traccia dell’essere umano, tutto illuminato dal primo sole mattutino, i negozi chiusi cosi come le finestre  al piano superiore, in attesa che la comunità prenda vita.
Ma la differenza nell’interpretazione dell’opera la fa quel “Domenica” che costituisce un bivio di non poca importanza.

Il titolo unanimemente conosciuto, ma che non è parte integrante del quadro, ci dice che siamo immersi in una scena mattutina domenicale, tutto e tutti dormono, la frenesia dei giorni feriali lascia il posto al riposo del fine settimana.

Questa “visione” d’insieme rischia però di essere scontata, banale, scene come questa sono usuali ovunque, difficile pensare che Hopper si sia fermato a questo.

Togliendo “Domenica” e considerando che l’artista non l’aveva presa in considerazione, ecco che la scena muta, è un giorno qualunque, i raggi obliqui del sole ci confermano che è presto, ma se aggiungiamo il concetto caro ad Hopper, ne esce una ricostruzione fedele della situazione “umana” nel bel mezzo della grande depressione.

La luce, i colori, niente ci porta ad immaginare una stato “depressivo” ma l’assenza di ogni attività umana, considerando che siamo in città, e contestualizzando il dipinto, siamo portati a prendere quella strada.

Vero è che il pittore newyorkese ha realizzato le sue opere, raccontando il suo mondo, con intenti che non sempre hanno combaciato con l’interpretazione postuma. L'artista viene dunque idealizzato dalla critica, dal mercato e dal pubblico, vedendo in Hopper il cantore della solitudine umana ci siamo immersi in una dimensione artistica che probabilmente non è quella originale.

Ad un secolo di distanza dobbiamo ancora comprendere la profondità del lavoro di uno dei più importanti artisti americani.

sabato 18 aprile 2020

L'ordine naturale, Jacopo Bassano


Autore:  Jacopo Bassano (Jacopo da Ponte)
(Dal Ponte, 1510 ca. - Bassano)

Titolo dell’opera: Gli animali entrano nell'arca, 1590

Tecnica: Olio su tela

Dimensioni: 207 cm x 265 cm

Ubicazione attuale:  Museo del Prado, Madrid






Noè, con la collaborazione dei suoi famigliari, organizza la salita delle coppie di animali sull’Arca pochi istanti prima dell’alba che annuncia il fatidico giorno.

L’imbarcazione che salverà la famiglia di Noè e una coppia di tutte le specie animali della terra non è al centro del dipinto ma viene messa ai margini della scena.

Il patriarca, illuminato dai primi raggi del sole, è al centro del corteo che si appresta a salire sulla barca, Bassano rende con eccezionale realismo  gli animali che sembrano muoversi all’interno della tela, la grande maestria nel ritrarre l’innumerevole varietà di animali ci fa capire quanto studio e quanta attenzione abbia messo nella rappresentazione delle diversità.

Considerando l’epoca e la conoscenza limitata degli animali, in particolare quelli esotici, il pittore veneto ha l’intelligenza di dedicarsi a ciò che conosce, infatti se escludiamo i due leoni che salgono la passerella il resto è composto da fauna pressoché “locale”, questo evita, con una visione futura, di andare incontro a spiacevoli incongruenze.

Alcuni animali stanno entrando nell’Arca, altri si incamminano verso l’ingresso, altri ancora sono in fila pronti a muoversi mentre chi sta più indietro attende pazientemente il proprio turno riposando tranquillamente.

La scena mostra una fremente attività ma non c’è traccia di disordine, l’ordine naturale prende il sopravvento sapendo che con pazienza ogni cosa troverà il suo posto.

sabato 11 aprile 2020

A che ora è iniziata l'arte contemporanea?


Durante una lezione di storia dell’arte contemporanea è stata posta questa domanda: “quando comincia l’arte contemporanea?”

Una domanda a cui è impossibile dare una risposta certa, ma come tutti i quesiti complessi anche questo è decisamente affascinante.

 Il "viaggio" parte da una data precisa che, secondo i manuali di un tempo, vedeva l’inizio della modernità nel 1592, anno della scoperta dell’America e finiva questa sua fase nel 1789 l’anno della rivoluzione francese.

Dunque se il periodo moderno 
finisce nel 1789 ciò che segue è “contemporaneo”, naturalmente era una teoria valida molto tempo fa, impossibile pensare di prenderla in considerazione.

Tutto dunque si sposta in avanti fino alla seconda metà dell’ottocento quando gli impressionisti rivoluzionano l’arte esprimendo una visione fino ad allora inimmaginabile, ma pensare che Monet e compagni siano artisticamente "contemporanei" lascia molto perplessi.


Il novecento cambia completamente il modo di pensare, le avanguardie storiche nel primo decennio vanno nella direzione che auspichiamo ma mantengono un legame con il passato nonostante cerchino il futuro.

Il movimento "Dada"e il surrealismo, sono sicuramente il momento della  svolta, irrompono nuove idee, appaiono nuovi materiali, i ready made di Duchamp (in particolare il celeberrimo orinatoio) scombinano l’ideale artistico e culturale, il senso di contemporaneità è dato dal fatto che il pensiero prodotto da “Fontaine” è tutt’ora controverso e non totalmente assorbito nella sua complessità.

Non possiamo però ignorare che è passato più di un secolo da allora e il termine ”contemporaneo” richiede qualcosa di più vicino al nostro sentire.

Non dimentichiamo Bauhaus, la scuola d’arte che in Germania tra il 1919 e il 1933 ha fatto incontrare le arti “alte” con le arti applicate dando inizio alla moderna idea di design.

La quasi totalità dei testi d’arte contemporanea inizia però dal secondo dopoguerra, quando l’arte, spinta negli anni precedenti dalle dittatura che hanno devastato l’Europa, si è trasferita oltreoceano, Parigi abdica e la nuova capitale mondiale dell’arte diviene New York.

Mentre negli Stati Uniti irrompe prepotentemente l’Espressionismo Astratto con le sue novità “tecniche”, un nome su tutti Pollock, è in Europa che nasce il termine Pop Art (arte popolare) per definire l'arte americana, che in seguito travolgerà l’intero pianeta.

Che sia proprio la Pop Art il nuovo confine, l’accesso dell’arte nel contemporaneo? 

Oggi, nel 2020, se pensiamo a ciò che è contemporaneo pensiamo a tutto quello che è accaduto dal duemila in poi ma artisticamente, tecnicamente e concettualmente cosa può fungere da ponte tra gli anni cinquanta e sessanta e l’inizio del nuovo millennio?

Oggi l’arte guarda ad oriente, Cina,  Giappone, Sud Corea, Vietnam, gli artisti più innovativi vengono da quelle culture, è la nuova strada proposta dal nuovo millennio.


Se siamo lontani, in termini di tempo, da Warhol e Liechtenstein cosa collega l’arte Pop alla nuova proposta degli ultimi anni? E’ proprio in quel frangente che possiamo inserire la nuova data d’inizio dell’era contemporanea?

Come dicevo all’inizio non c’è una risposta certa, si possono avanzare le più disparate interpretazioni e a volte anche idee che rasentano l’assurdo.

E a proposito di teorie assurde, se il concetto di contemporaneo proiettato ai giorni nostri avesse il volto di Basquiat?




Nelle immagini dall’alto:
Jackson Pollock - Untitled, 1948-49. Inchiostro e vernice su carta, cm. 56,8 x 76,2
Andy Warhol - 32 Campbell’s Soup Cans. 1962. Polimero sintetico su tela, 32 tele di 41 x 51 cm. ciascuna

Jean-Michel Basquiat - Notary, 1983. Pastello e acrilico su tela, cm. 180,5 x 401,5

sabato 4 aprile 2020

Gli albori inconsci dell'astrattismo, Vassilij Kandinskij


Autore:   Vasilij Kandinskij
(Mosca, 1886 – Neuilly sur Seine, 1944)

Titolo dell’opera: Chiesa della Natività della Vergine a Mosca, 1886

Tecnica: Inchiostro di china su carta

Dimensioni: 19,9 cm x 15,1 cm

Ubicazione attuale:  Centre Georges Pompidou, Parigi





“In quelle straordinarie dimore sperimentai per la prima volta la meraviglia che in seguito divenne elemento costruttivo della mia opera. Là imparai a non contemplare un dipinto dall’esterno, ma a muovermi nel dipinto, a vivere in esso.”

A vent’anni Kandinskij realizza questo disegno quando nel tempo libero visita le chiese della capitale russa restando affascinato da ciò che vi trovava all’interno, paragona le sensazioni provate a quelle che sperimenta entrando nelle case dei contadini (a cui si riferisce la citazione in alto) povere materialmente ma ricche di "colore".

Non va esclusa l’idea che il disegno sia ripreso da una cartolina, che ai tempi era particolarmente diffusa, con lo stesso angolo visivo.

Mosca, “la madre Mosca” come amava definirla, è stata al centro delle opere giovanili di Kandinskij, e proprio questo disegno sarà l’inizio della “narrazione”.

Pensando al pittore e alle sue opere, che di li a un ventennio apriranno la strada all’astrattismo, non possiamo evitare un confronto che ci mostra l’eccellente livello tecnico e una visione apparentemente celata della geniale capacità di raccontare il suo tempo al di fuori dello stesso.

D’altro canto la ricerca di una spiritualità dell’arte e nell’arte non poteva che partire da questa visione figurativa e dirigersi verso l’essenza dello spirito che in pittura si riconosce maggiormente nell’astrazione più pura.