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sabato 20 gennaio 2024

Ridiamo di noi stessi (ma pensiamo che si tratti di qualcun altro)

Penso che in molti conoscano il celebre sketch di Aldo Giovanni e Giacomo dedicato all’arte contemporanea, una divertente parodia dei “personaggi” che possiamo trovare in una galleria o un museo in qualsiasi città del modo.

È naturalmente tutto portato all’estremo o … forse non cosi lontano da quello che ci immaginiamo.


Giacomo è l’appassionato, l’esperto d’arte che cerca di divulgare il proprio sapere, gli altri due sono i visitatori della galleria, Giovanni, pur senza molte conoscenze cerca quantomeno di imparare qualcosa, anche se in fondo non sembra particolarmente interessato.

Aldo invece sembra capitato lì per caso, più che ascoltare si limita a “sentire” senza assimilare alcunché.

I tre personaggi sono l’estremizzazione di quello che vediamo ogni giorno in qualsiasi luogo deputato all’arte, l’esperto un po’ saccente, spesso eccessivamente “poetico” dove la poesia è soprattutto in chi guarda con un certo pensiero interiore, inoltre non manca un briciolo di snobismo verso chi l’arte la “vede” un tantino superficialmente.

I due visitatori, con obbiettivi, interessi e capacità differenti si limitano ad osservare e a vedere le opere per ciò che appaiono, l’idea di scendere in profondità non è considerata, l’arte “parla da sola senza bisogno di conoscenze, se non la capisco significa che non è arte”.

Si tratta di due mondi, di due modi di vedere che nonostante i tentativi di avvicinarsi non riescono quasi mai ad incontrarsi, entrambi gli schieramenti mantengono le proprie posizioni, l’uno vive in un mondo tutto suo, gli altri non sanno guardare oltre il proprio naso.

Tutti hanno ragione, gli addetti ai lavori spesso si nascondono dietro a barriere linguistiche complesse (molte volte volutamente incomprensibili) i visitatori occasionali si trincerano dietro a convinzioni personali che non hanno nulla da dividere con il concetto artistico.

Aldo Giovanni e Giacomo mettono in scena i difetti di queste due categorie, Giacomo eccede con i toni, ha ragione quando si sofferma sulle singole opere mettendo in risalto i concetti che vanno oltre la visione “retinica”, ma lo fa senza nascondere un certo fastidio per la carenza degli amici.

La stessa cosa vale per Aldo e Giovanni, che faticano, senza per altro impegnarsi particolarmente, a comprendere ciò che gli viene raccontato.

Quello che il terzetto comico mette in scena è lo specchio fedele della realtà, lo fa con maestria divertendo il pubblico al punto che lo stesso non riesce a comprendere che si sta parlando proprio di lui.



6 commenti:

  1. Vabbè mi hai fatto ridere appena mattina, grazie Romualdo!
    Però forse hanno un tantino esagerato dai. 😁😉
    Buon fine settimana, ciao.

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    1. Ciao Pia, mi fa piacere l'averti rallegrato la mattinata, che abbiano esagerato è scontato ma il loro compito è quello di portare all'estremo la realtà, non inventano nulla, è tutto forzato ma non campato in aria.
      Grazie, buona giornata.

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  2. Non di rado - in qualche mostra di arte moderna estrema - ho controllato per bene che vicino ad un estintore, ad una sedia di custode del museo, ad una porta del wc, non ci fossero targhette che li catalogassero come opere e non come servizi.
    E c'è poco da ridere.

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    1. E invece è proprio questo il bello dell'arte contemporanea, se visitiamo un museo al cui interno troviamo opere antecedenti al primo dopoguerra sapremo immediatamente quali sono i dipinti e le sculture in mostra, il resto è parte della struttura museale.
      Oggi, in un museo d'arte contemporanea, questa certezza non l'abbiamo più, siamo obbligati ad alzare ulteriormente le "antenne" per comprendere cosa abbiamo davanti, da spettatori passivi ci trasformiamo in parte integrante con le opere.
      Ho parlato tempo fa, nel blog, di due occasioni in cui non era chiaro ciò che lo spettatore aveva davanti.
      Il paio di occhiali abbandonati a terra, appositamente, da due ragazzi sono stati scambiati da alcuni visitatori del museo per un'opera d'arte, allora tutti hanno deriso gli ingenui spettatori ma a distanza di quasi otto anni gli stessi sono i soli ad aver compreso l'infinita vastità del concetto artistico qui il post
      Cosa diversa ma al contempo simile l'installazione di Duchamp Philadelphia dove una porta poteva essere sé stessa o qualcosa d'altro qui il post
      Non hai torto quando sostieni che un estintore potrebbe essere un elemento essenziale per la sicurezza di un museo mentre in un altro contesto si trasforma in opera d'arte, quello che tu, non senza ragione, ritieni un'assurdità, per me è uno stimolo a scoprire che cosa c'è dietro, spesso dietro non c'è nulla, ma il "viaggio" ha avuto inizio, è questo che rende l'arte contemporanea meravigliosa e imprevedibile.
      L'arte è una cosa seria non seriosa.
      Grazie Franco, buona serata.

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  3. Come fare, dopo avere letto il tuo post, a non pensare all'episodio del film "Dove vai in vacanza?" in cui la coppia di fruttivendoli veraci (interpretati da Alberto Sordi e Anna Longhi) vengono spediti in vacanza dai figli nel vano tentativo di accrescere la loro conoscenza e cultura e finiscono per essere scambiati per opere d'arte alla Biennale di Venezia:-) I difetti di tutti, competenti e non ci fanno apparire per quelli che siamo: un popolo che sbanda, non sapendo bene come identificarsi e in cosa identificarsi. Mentre la cultura arretra e arranca, preparando un futuro fatto di desolante ignoranza.

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    1. Il film che hai citato, un capolavoro, non può non palesarsi quando pensiamo all'arte contemporanea e ai suoi "prodotti", Salce, in anticipo sui tempi, ha raccontato con ironia e realismo, quello che, in modo meno elaborato, hanno narrato Aldo Giovanni e Giacomo.
      Nel film del 1978 due persone "comuni" si cimentano in qualcosa che non avevano scelto di fare ma lo fanno con il massimo impegno, pur senza le dovute conoscenze, gli "esperti" e gli artisti della Biennale vengono rappresentati come dei noiosi predicatori del nulla, ancora oggi rivedendo il film fatico a reggerli, il loro parlare piatto spegnerebbe l'entusiasmo di qualsiasi appassionato, figuriamoci quello di chi vive la cosa con distacco.
      Ma è proprio la scena che vede Augusta, stanca e assetata, scambiata per opera d'arte (o parte della stessa) al punto che un collezionista è pronto a comprarla per una cifra considerevole, che ci dice quanto il concetto di arte è soggettivo, Augusta non è parte della "scultura" ma il visitatore la vede come tale per il semplice motivo che pensa sia il volere dell'artista, è questo il confine, estremamente labile che non riusciamo ad identificare.
      La cultura arretra e arranca (purtroppo temo che nel suo arretrare nemmeno arranchi😉) non so a cosa tu ti riferisca in particolare ma penso che il vero problema stia nel limitare la nostra "visione" pensando che ciò che conosciamo sia sufficiente, da qui il prospetto di una "desolante ignoranza".
      Grazie mille Mariella per lo spunto e la citazione cinematografica, quella si che è arte.
      Un abbraccio, buona serata.

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