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domenica 30 luglio 2023

Fontana (Jimmy) vs. Jones (Tom)

1968, Tom Jones “esce” con un singolo che scala immediatamente le classifiche di mezzo mondo, Delilah ottiene un successo immediato nonostante il testo, che probabilmente oggi verrebbe censurato.


Nello stesso anno esce in Italia La nostra favola, Jimmy Fontana riprende il brano di Jones riproponendolo in modo identico per quanto riguarda la musica ma stravolgendolo totalmente nelle parole.

Mi hanno sempre lasciato perplesso queste due canzoni, per i versi accostati alla melodia nella versione originale e per lo stravolgimento concettuale in quella di Fontana.

Premetto che musicalmente le trovo stupende, i testi invece meritano un approfondimento.

Ma andiamo in ordine, perché il brano di Jones mette assieme un tema tragico come l’omicidio con una melodia tutt’altro che tragica? Infatti se andiamo a vedere i vari video delle esibizioni di Tom Jones notiamo che durante il brano la gente balla allegra e felice, il che stride con ciò che dice il cantante.

Un’altra domanda che mi sono sempre fatto è: perché Fontana ripropone una cover cambiando completamente il senso? Anche se forse la leggerezza dei versi italiani più si confà al ritmo della ballata.

Sono cresciuto con la versione del Jimmy nazionale, allora ero un bambino, mentre il testo del cantante gallese l’ho appreso molto più tardi, devo ammettere che la storia originale è veramente “forte”.

Ascoltata oggi, in particolare come viene interpretata da Jones, lascia straniti, si racconta di un giovane innamorato che non accetta di essere messo da parte, pur rifiutato non demorde, si sente legato alla donna come se fosse stato ammaliato (Delilah altro non è che la celebre Dalida) non riuscendo a veder ricambiati i propri sentimenti da parte della giovane amata, in un momento di rabbia, (anche se non possiamo escludere la premeditazione) la uccide, riconosce l’errore, chiede perdono ma non si pente di un’azione che ritiene l’unica via percorribile.

Al contrario La nostra favola è una banalissima, scontata e oggi un tantino patetica, storiella d’amore, sicuramente più adatta alla musica, ballabile, “cantabile”, leggera.

A distanza di anni continuo a chiedermi il perché di questi brani, probabilmente non ha importanza, si tratta di canzoni che hanno fatto la storia della musica e questo può bastare … per il momento.

A seguire i due testi e i video dei rispettivi brani.








martedì 25 luglio 2023

I soliti confini tra arte e talento (concetto ripetitivo ma spesso ignorato)

Spesso mi sono trovato a discutere su un tema che mi è particolarmente caro, la differenza tra la tecnica e la genialità, tra il pittore (o il musicista, scultore, scrittore ecc.) e l’artista.


Quante volte ci siamo imbattuti in funamboli della musica, pianisti, chitarristi, batteristi, bambini e adulti che mostrano un talento naturale per ciò che fanno e altrettante volte abbiamo ascoltato considerazioni del tipo: “questi si che sanno suonare (o dipingere, tasto ancor più dolente) non i soliti che sono famosi perché … (ognuno ci metta la propria considerazione).

Se avete qualche minuto libero cercate sulla “rete” video che mostrano i vari “bambini prodigio” che si esibiscono in virtuosismi di ogni sorta, andate oltre l’apparenza che ci mostra una tecnica tutt’altro che modesta e concentratevi sull’anima del musicista, vi accorgerete che dietro la ripetizione maniacale del gesto tecnico non vi è nessuna scintilla vitale, non c’è quel trasporto, quella geniale consegna del proprio Io all’arte della musica, in poche parole troverete il vuoto, solo un guscio apparentemente perfetto ma senza vita.

Oppure possiamo assistere ad inutili giochi di prestigio atti a distrarre il pubblico che cosi non nota la pochezza musicale e artistica, un esempio è il lancio delle bacchette da parte di un batterista che le riprende al volo tra l’acclamazione della folla (cosa che ha un senso se il musicista ha già mostrato le sue qualità musicale, nel caso contrario siamo di fronte ad una esibizione circense e basta).

Bastano pochi secondi, per l’esattezza 12, del video che voglio proporvi, per comprendere perché certi musicisti, in questo caso Phil Collins, non sono considerati dei grandi per un capriccio dei chicchessia (mercato, raccomandazioni o quant’altro) ma per la capacità di andare oltre i soliti schemi mettendoci appunto l’anima.

Siamo a Roma nel 2007, i Genesis si esibiscono con alla batteria il geniale "drummer" britannico, l'inizio di Firth of fifth (nel video troviamo anche I knoe what i like dove Collins mostra la capacità di prendere la scena coinvolgendo il pubblico senza necessariamente uscire dal percorso musicale) è l'emblema di ciò che intendo, poco più di dieci secondi dove la semplicità del gesto ci regala un "fill" semplicemente straordinario.     

Chiudo citando Gary Novak: “… tutti sappiamo suonare i nostri strumenti, ma non è cosi importante, è lo spirito, l’emozione che metti nella musica che devono essere presenti”.

giovedì 20 luglio 2023

L'astrazione ... figurativa, David Bomberg

David Bomberg – Il bagno di fango, 1914 – Olio su tela cm 152,4 x 224,2 – Tate Modern, Londra


Ad un primo sguardo non riusciamo a scorgere nulla di “figurativo”, forme bidimensionali che cercano, in un vortice in perenne movimento, di raggiungere la terza dimensione, i colori, numericamente ridotti al minimo, non sembrano andare in un’altra direzione.

Ma, al contrario di ciò che possiamo pensare, Bomberg rappresenta qualcosa di estremamente reale, di tangibile, siamo infatti all’interno di un bagno pubblico.

Le figure bianche e blu sono i bagnanti che si ammassano attorno alla vasca, in rosso, un andirivieni frenetico che racconta il frequentatissimo luogo londinese caro alla comunità ebraica, tutto ruota attorno al pilastro marrone, questo e forse l’unico particolare meno chiaro, anche se potrebbe trattarsi di un semplice sostegno della copertura.

L’utilizzo di figure astratte è dovuto alla necessità del pittore di raccontare il XX secolo fatto di dinamismo ed effervescente vivacità, è la sintesi di un periodo in grande evoluzione dove lo sviluppo industriale la fa da padrone, non si sapeva ancora che gli eventi che stavano per scatenarsi avrebbero condotto da tutt’altra parte.

sabato 15 luglio 2023

Non conta ciò che è accaduto se il pensiero comune va in un'altra direzione

Quando chiedete a qualcuno chi è Giotto di Bondone le risposte sono alquanto bizzarre, se poi chiedete qual è l’opera più celebre realizzata dal pittore toscano ecco che emerge la teoria (tutt’altro che campata in aria) che la fantasia supera quasi sempre la realtà.

Giotto di Bondone ( e bottega) – Crocifissione 1308-10 ca. – Basilica Inferiore, Assisi


Chi è dunque Giotto? Al netto di chi non lo ha mai sentito nominare o, peggio ancora, di quelli che: “è quello dei pennarelli” (vi garantisco che questi esseri esistono) sono moltissimi quelli che rispondono “è il pittore del cerchio perfetto”.

Non importa se Giotto ha realizzato capolavori come i crocefissi lignei che possiamo ammirare a Padova, Rimini e Firenze, è superfluo ricordare i cicli di affreschi nella Basilica di San Francesco ad Assisi o la meravigliosa cappella degli Scrovegni a Padova, per moltissima gente è quello che ha disegnato un cerchio perfetto e basta, il resto non conta.

Il problema e ancor più grave per il fatto che la storia del cerchio non è supportata da fonti attendibili, dunque la fama di Giotto è dovuta a qualcosa che non è mai avvenuto.

Altri aneddoti si sono aggiunti nel tempo, si racconta che Cimabue fu colpito dal talento di Giotto quando vide un disegno di una pecora su una roccia (scena rappresentata sulle scatole dei sopracitati pennarelli) fino alla mosca che per scherzo il giovane Giotto aveva dipinto sul naso di una persona a sua volta dipinta dal maestro Cimabue che prima di accorgersi che l’insetto non era reale aveva più volte cercato di scacciarlo dalla tela.

Ma facciamo finta per un istante che questi fatti siano realmente accaduti, perché per molte persone sono cosi importanti? Il cerchio perfetto, la pecora rappresentata perfettamente cosi come la mosca, nessun concetto innovativo, solo una, alquanto inutile, esibizione di talento, soprattutto se proviamo a pensare cosa è significato il pensiero artistico di Giotto in quel periodo.

Giotto è senza ombra di dubbio l’artista che da una svolta epocale all’arte nel suo insieme, forse ha dato vita al più grande stravolgimento nella storia dell’arte, avvicinato, nel secolo scorso, da un'altra rivoluzione artistico-concettuale  senza precedenti (quantomeno da Giotto stesso) per mano di Duchamp.

Pensare che una mente artistica di questo livello venga ricordata per una esibizione tecnica (per giunta mai accaduta) invece di essere ricordato per quello che effettivamente ha realizzato, un pensiero talmente profondo e rivoluzionario da essere alla base dell’arte che oggi conosciamo.

lunedì 10 luglio 2023

L'ingresso dell'umano pensiero

 

La porta dell’inferno in  un’illustrazione di Gustave Doré  



«Per me si va ne la città dolente,

per me si va ne l'eterno dolore,

per me si va tra la perduta gente".

 

“Dante Alighieri – La Comedìa, canto III

mercoledì 5 luglio 2023

Quando la rappresentazione dell'ordinario diviene straordinaria

Giacomo Favretto - El difeto xe nel manego (Il difetto è nel manico) non datato

 Olio su tela cm. 71 x 106,5 – Collezione privata


Fondatore del movimento verista veneto, Favretto prende lo spunto dal concetto caro al realismo francese per raccontare la vita quotidiana, l’esistenza della gente comune inserita in un altrettanto comune contesto.

Questo dipinto ci mostra uomini e donne lontani che non appartengono alle classi privilegiate, persone che vivono una quotidianità che fino ad allora non era presa in considerazione come soggetto artistico.

Questi quadri però rappresentano la popolazione più umile senza però la ricerca della denuncia sociale, senza sottolineare le difficoltà quotidiane che la maggior parte della gente deve affrontare.

I soggetti raffigurati vestono abiti logori ma portati con elegante dignità, non ci sono segni di sofferenza o tristezza, al contrario viene evidenziata l’allegria e la spensieratezza, anche lo scorcio della città, siamo a Venezia città natale dell’artista, è lontano dai canonici luoghi veneziani, non c’è San Marco, non ci sono Rialto, il Palazzo Ducale e tutto ciò che ha reso Venezia celebre in tutto il mondo.

Favretti avrebbe potuto semplicemente rappresentare un gruppo di persone lasciando sospeso il resto, ma va oltre, il titolo non lascia dubbi, “El difeto xe nel manego” che tradotto dal dialetto locale ci dice che l’ombrello, che viene analizzato dall’uomo e dalla donna a sinistra, ha dei problemi di stabilità, il difetto dunque è nel manico, impossibile non andare al significato che questa metafora porta con sé, se è difettata la base, se non è solida la struttura portante, tutto il resto vacilla, spesso siamo portati a guarda al risultato finale, ma quasi sempre le storture sono la conseguenza di un’errata fase iniziale.