L’album d’esordio del poliedrico e geniale musicista britannico è senza dubbio il punto più alto di una carriera che ha "viaggiato" costantemente su livelli eccellenti.
Siamo nel 1973, Mike
Oldfield, allora diciannovenne, rivoluziona il panorama musicale proponendo una
visione nuova in un panorama in costante evoluzione.
Sono
due i brani all’interno del “33 giri”, Tubular bells (part. I) e Tubular bells
(Part.2) entrambi sono prevalentemente strumentali, ad eccezione di
inserimenti di voci “elaborate” e cori diretti dallo stesso Oldfield.
Il
mito racconta che Mike Oldfield ha suonato da solo tutti gli strumenti nella
registrazione dell’album, mito fino ad un certo punto perché in effetti la
maggior parte della strumentazione è utilizzata da lui ma non vanno ignorati
altri musicisti che hanno collaborato alla realizzazione del disco.
L’album
inizialmente viene accolto timidamente ma l’uscita nelle sale nello stesso anno
del celebre film L’esorcista, della cui colonna sonora fa parte il primo brano
dell’album, lo proietta al primo posto nelle vendite del Regno Unito.
La musica di Tubular bells (o quantomeno l'intro del primo pezzo) porta inevitabilmente al film di William Fredkin, cosi come è innegabile che lo stesso percorso si possa fare al contrario, musica e film sono legati indissolubilmente l’uno all’altro.
Ma
“l’opera d’arte”, che da il titolo al post, non è legata solamente ai brani di
Oldfield, se si parla di capolavoro non possiamo non riferirci alla copertina realizzata
dal fotografo Trevor Key, su suggerimento dell’allora addetta stampa di Oldfield
Sue Steward (almeno per quanto riguarda lo sfondo marino).
Le
“campane tubolari” piegate a triangolo sono nate da un'intuizione di Key dopo che lo
stesso Mike ne aveva danneggiate alcune durante la registrazione dell’album, il risultato è visivamente e concettualmente perfetto.
Oggi,
nel 2023, il "tubo" di Key proietta lo sguardo al futuro, una visione
che si spinge oltre il nostro contemporaneo, se pensiamo che è stato realizzato
cinquant'anni fa ...
Sembra
che dopo aver visto la cover Oldfield abbia voluto ridurre al minimo le scritte
che citavano il titolo e l’autore dell’album, oltre ad averle volute colorate di arancione, questo per evitare di distogliere
lo spettatore dall’immagine.
In
questo caso musica e grafica viaggiano sui binari dell’eccellenza, se
aggiungiamo le suggestioni cinematografiche che ci accompagnano il triangolo
artistico è completato.
A
seguire vi propongo l’album per intero, l’intro ci porta direttamente al film
ma non dobbiamo fermarci a questo, l’intero disco è una scoperta continua, soprattutto
se sappiamo andare, con la mente, indietro nel tempo, cercando di “vedere” in
quale contesto si è inserito questo capolavoro.