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martedì 5 dicembre 2023

Un'altra occasione sprecata?

Yayoi Kusama, l’artista giapponese definita dai media “la più amata al mondo” (come sempre l’importante è esagerare, se pensiamo che questa definizione sarebbe un valido sostegno ad una tesi contraria ...) dal 17 novembre è “presente” a Bergamo nell’ambito di: “Bergamo-Brescia capitali della cultura 2023”.


Il successo di pubblico è stato immediato, già nei primi giorni di maggio, quando ha preso il via la prevendita, i biglietti sono andati a ruba al punto che la prevista conclusione della mostra (?) prevista per il 14 gennaio 2024, è stata posticipata al 24 marzo.

Anche in questo caso il tagliandi d’ingresso, all'inizio c'erano a disposizione più di 22 mila e con la proroga sono diventati il triplo, sono andati esauriti.

Tutto bene e tutto bello, almeno secondo gli organizzatori, ma di artistico e culturale in questa … mostra, che mostra non è, non vi è traccia.

All’interno del Palazzo della Ragione troviamo solamente un’installazione, che di per se è tutt’altro che insignificante, ma che è la sola opera esposta, cosa che viene volutamente tenuta nascosta, o perlomeno relegata in secondo piano (altrimenti come giustificare il prezzo d’ingresso?)

E non è la quindicina di euro a spostare gli equilibri di un bilancio economico famigliare, ma a lasciare perplessi è il fatto che all’interno dell’installazione ci si può rimanere solo per 60 secondi.

Sicuramente interessante il lavoro della Kusama, “ Fireflies on the Water”, un’esperienza intima e profonda ma che necessita di molto più tempo.

All’interno della sala ci si trova in un ambiente buio circondato da specchi, al centro uno specchio d’acqua che vuole trasmettere il senso di quiete, appese al soffitto 150 luci a rappresentare le lucciole del titolo, un ambiente dove i riflessi dell’acqua e degli specchi moltiplicano le luci. Tutto poeticamente magico ma che non può essere tale se il tempo a disposizione è di un misero minuto.

Ogni visitatore entrerà nello spazio creato dall’artista giapponese ma non riuscirà nemmeno a guardarsi attorno che verrà invitato ad uscire per permettere ad altri di vivere la stessa (inutilmente vuota) esperienza.

Cultura zero, arte poca, business tanto, si ha la sensazione di essere al cospetto di un’occasione buttata al vento, un evento messo in atto esclusivamente a fini di lucro.

A confermare l’assenza di ogni pretesa che vada oltre il “parco a tema” ci sono gli articoli di alcune testate, nazionali e locali, che galleggiano in superficie, un esempio  sono queste righe che svelano il valore di questo avvenimento: ”un’occasione di vivere un’esperienza intensa da poter poi condividere sui social”.

Il sindaco di Bergamo, Gori, ha dichiarato, riguardo alla corsa al biglietto: “non si era mai vista una cosa simile per una manifestazione d’arte”, peccato che quella messa in scena a Bergamo sia si una manifestazione ma di “arte” c’è poco o nulla.

Peccato perché Yayoi Kusama ha moltissimo da dire, artista a tutto tondo che, ha saputo dirigere il proprio pensiero cavalcando l’onda lunga del “pop” ma evitando di ripetere metodo e concetti cari alla Pop Art dei decenni scorsi.

Philippe Daverio ha sempre insistito sul fatto che per godere di un’opera d’arte fosse necessario tutto il tempo utilizzato normalmente per visitare un’intera mostra, pensare che siano sufficienti 60 secondi per entrare nel mondo creato dalla Kusama è un’assurdità.

Ma forse oggi è questo che vuole il visitatore medio, una mostra celebre (se i biglietti sono introvabili meglio perché il vanto sui social acquisisce valore) un tempo ridotto che non richiede impegno intellettuale e la possibilità di scattare qualche foto (da alcune ricerche sembra che le mostre dove è vietato fare selfie sono meno appetibili) ingredienti che permettono di dare vita a “piatti” multicolore ma senza alcun sapore.

6 commenti:

  1. Sessanta secondi e poi tutti al centro commerciale per tutta la giornata...
    Che vita!!!

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    1. In effetti qualcosa devono pur fare tutti quelli che accorrono per vedere la mostra, penso che ottimizzeranno il viaggio, il centro commerciale è un'ipotesi tutt'altro che remota (la monetizzazione dell'evento continua).
      Grazie Alberto, buona serata.

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  2. Certo è che se vuoi conoscere qualcosa di particolare bisogna rischiare. Il nome dell'artista non lo ricordavo, poi guardando la sua foto ho capito di chi stavi scrivendo.
    Non so, credo che puntare solo al guadagno danneggi l'artista e la cultura artistica.
    Poi come Davverio, preferisco l'arte a cielo aperto e per di più aggratis.
    Non sapevo di tutto ciò, per cui ti ringrazio Romualdo. Buona giornata.

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    1. Ciao Pia, non penso che l'artista, in particolare quello già affermato, come nel caso di Kusama, ne esca danneggiato, sono d'accordo con te invece sul fatto che il danno è alla cultura artistica e non solo.
      Daverio non si riferiva alle opere all'aperto ma proprio a quelle custodite nei musei.
      Aveva sempre insistito che i musei promuovessero una sorta di abbonamento annuale (secondo lui un ottimo regalo di Natale) che permettesse agli appassionati d'arte di entrare più volte nello stesso luogo, questo consentirebbe di fermarsi davanti ad un'opera per mezz'ora, un'ora o due, a seconda dei tempi di ognuno, per poterla studiare a fondo.
      Durante il percorso tra l'entrata e la sala dove è esposta l'opera, e conseguente ritorno, il visitatore avrebbe adocchiato un altro dipinto (scultura o altro) da mettere in agenda per la visita successiva.
      Si tratta certamente di un'ipotesi estrema ma rende l'idea di quello che Daverio auspicava, ridurre al minimo la frenesia entrando, con tutto il tempo necessario, in contatto con l'opera. E questo è esattamente il contrario della manifestazione in atto a Bergamo.
      Grazie a te, buona giornata.

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  3. Daverio era avanti in tante cose. Culturalmente al di sopra di tanti che si dicono esperti. Devo essere sincera, mi manca tantissimo. Se fosse ancora qui forse avrebbe aiutato indirizzando secondo tante sue autentiche e geniali indicazioni.
    Ancora grazie a te Romualdo.

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    1. Aveva una concezione dell'arte non elitaria (al contrario di altri "fenomeni" mediatici che la utilizzano esclusivamente per promuovere se stessi) naturalmente non ero d'accordo su alcune cose ma in quanto divulgatore sapeva raggiungere chiunque (parlo del Daverio storico e critico d'arte, il resto non mi interessa).
      Non so come si sarebbe comportato in questa occasione, ricordo che si era opposto fermamente all'installazione di Christo sul lago d'Iseo (Floating piers) sostenendo che "questa non è arte", tutti prima o poi "scivolano", l'importante è non farlo spesso 😉
      Un abbraccio.

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