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sabato 18 luglio 2020

La lunga strada della civiltà, Judy Chicago

Un’opera definita epocale, viene considerata la prima opera d’arte femminista, il titolo è “The Dinner Party”, l’autrice è Judy Chicago, è esposta permanentemente al Brooklyn Museum di New York.

L’installazione è composta da tre tavoli disposti a formare un triangolo, ogni tavolo è apparecchiato per tredici persone (in riferimento all’ultima cena dove Gesù sedeva circondato dai dodici apostoli).

Ogni posto è assegnato ad una donna che, secondo la Chicago, ha scritto “pagine” indelebili nella storia, donne che sono cadute quasi sempre nel dimenticatoio, ad ogni posto troviamo un telo ricamato con il nome della donna accompagnato da simboli che la ricordano, oltre alle posate e a un calice vediamo un piatto di ceramica dalle diverse raffigurazioni, alcune legate al vissuto delle donne stesse altre raffigurano farfalle e fiori, questi ultimi sono spesso un evidente riferimento alla sessualità femminile.

La struttura poggia su una base costituita da centinaia di piastrelle dove sono scritti i nomi di altre 999 donne dal vissuto altrettanto fondamentale e che sono correlate alle 39 commensali.

I tre tavoli comprendono ognuno un differente periodo storico, il primo tavolo va “Dalla preistoria all’impero Romano” e ospita nomi come La dea della fertilità, Giuditta, Saffo e Ipazia, il secondo “Dagli inizi del cristianesimo alla Riforma” tra i nomi troviamo Santa Brigida, Isabella d’Este e Artemisia Gentileschi, il terzo tavolo “Dalla Rivoluzione americana al femminismo” ospita figure come Sojourner Truth, Emily Dickinson, Virginia Woolf e Georgia O’Keeffe.

Realizzata tra il 1974 e il 1979 quest’opera com'era naturale, ha fatto molto discutere. Se possiamo metterne in discussione il lato puramente estetico è più difficile ignorare ciò che ha dato vita all’idea, riportare alla luce la figura femminile volontariamente ignorata dalla storia.

Quando si cerca di rappresentare qualcosa di universalmente “elevato” succede che ci si dimentichi di qualcuno, la Chicago ha premesso di essersi concentrata sulle donne della cultura occidentale, questo fa da scudo alle critiche di chi chiede il perché dell’assenza quasi totale delle donne non bianche e non europee.

Altre discussioni sono nate naturalmente per i piatti in porcellana che alluderebbero, nemmeno troppo velatamente, al sesso femminile, il contesto storico deve però essere sottolineato, siamo nel periodo del movimento femminista che negli anni settanta ha messo al centro il corpo femminile e la sua sacralità.

Dopo quarant’anni vediamo l’insieme con un occhio diverso da quello di allora, siamo ormai abituati alle installazioni, ad una forma d'arte che in quel periodo era solo agli inizi, cosi come siamo abituati al concetto di corpo femminile anche se sembra che in quest’ultimo caso la visione appaia spesso distorta.

L’idea di base di Judy Chicago è oggi attualissima, lo sguardo verso un futuro più “rosa” era ed è rimasto prerogativa di pochi, c’è sempre tempo per imparare a guardare avanti, ma per farlo dobbiamo volerlo.


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