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mercoledì 5 aprile 2023

Nella mente dell'artista, Vincent Van Gogh

Entrambi i genitori si vergognavano di lui. Si vergognavano di ciò che faceva, ma peggio ancora, della sua persona.

Vincent Van Gogh - Caffè di notte, 1888  Olio su tela cm 72 x 92, Yale University Art Gallery, New Haven


“Tu mi uccidi, tu mi avveleni la vita”, questo è solo un esempio di quello che Van Gogh si sentiva continuamente dire dal padre. La madre si sentiva in imbarazzo davanti ai suoi disegni e non mancava di farlo presente al figlio, al punto che, quando per la prima volta Vincent lascia la casa dei genitori per trasferirsi a Parigi dal fratello Theo, distrugge tutti suoi dipinti e disegni.

Basterebbe questo per comprendere quali e quanti problemi, e soprattutto questi ultimi dove vedono la luce, lo hanno accompagnato nella sua breve e tribolata esistenza.

Figlio di un predicatore calvinista intransigente, severissimo e incapace di ogni manifestazione d’affetto, Van Gogh deve anche sobbarcarsi il nome, Vincent appunto, che era del fratellino morto un anno prima, con tutto quello che psicologicamente ne deriva, in particolare per una mente fragile come quella dell'artista.

Van Gogh ha cercato di avvicinarsi alla figura paterna provando a seguire le orme del genitore diventando a sua volta un predicatore, ma il suo essere migliore del genitore ha sortito l’effetto contrario. Infatti a differenza dell’anaffettivo padre Vincent si è dedicato anima e corpo alla propria missione offrendosi totalmente ai poveri, rinunciando a mangiare per donarlo a chi ne aveva più bisogno, dormendo in ripari di fortuna per stare più vicino agli "ultimi".

Ma i vertici religiosi non apprezzavano tali comportamenti, definendoli sconvenienti per l’immagine stessa della chiesa, il risultato fu che venne escluso da qualsiasi mansione e allontanato dall’ordine.

Questi sono, come già sottolineato precedentemente, alcuni avvenimenti che hanno tracciato un solco profondo nell’animo di Van Gogh, senza queste, e molte altre, informazioni è impossibile entrare in contatto con le sue opere.

Quando ci poniamo di fronte a dipinti come “Il caffè di notte”, che lo stesso pittore definì: “ Il mio quadro più brutto”, non possiamo dare inizio ad alcuna “discussione” con l’opera se non partiamo da quei punti fondamentali che sono le vicissitudini e le delusioni affettive.

L'opera in questione, non so se, come afferma l'artista stesso, sia veramente la più brutta mai realizzata, è la più fedele "narrazione" dei sentimenti dell'autore, ci racconta gli stati d'animo, le emozioni, le delusioni, le speranze e il dolore provati negli anni.

Ma questa lettura potremmo farla senza conoscere la vita del pittore?

Avvicinarsi ad un modo complesso di dipingere limitandosi solo a ciò che vediamo, escludendo quello che potremmo “sentire”, ci porterà a definire i risultati “belli” o peggio ancora “brutti” (termine che io non prendo mai in considerazione) e poco altro.

L’arte non è decorazione, o perlomeno non dovrebbe esserlo, è la rappresentazione delle profondità umane e delle visioni più nascoste, percezioni intime, spesso quasi impossibili da mostrare.

I dipinti di Vincent Van Gogh sono la proiezione di sé stesso, dei propri sentimenti, delle proprie passioni, dei dolori, dei rimpianti e delle speranze che lo hanno accompagnato ogni giorno, se non conosciamo tutto ciò pensare di comunicare con le sue opere è mera illusione.

6 commenti:

  1. Infatti mi limiterei sempre ad evitare azzardate analisi, quelle in cui spesso ci avventuriamo tentando di sviscerare un'opera, pittorica o letteraria che sia. Comprendo sia affascinante entrare "nella mente dell'artista", ma a volte serve solo per tentare di comprendere - quasi per forza - qualcosa della quale dovremo limitarci a godere, sempre in misura della nostra sensibilità e del nostro senso di bellezza.
    Perlomeno così la penso.

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    1. Ciao Franco, opinione, la tua, rispettabilissima, ma dipende da quale è l'obbiettivo che uno si è prefisso.
      Mota gente si limita ad osservare un dipinto giudicandolo per l'aspetto esteriore e giungendo alla conclusione che è bello o brutto, ma l'arte è un'altra cosa.
      L'arte ' il dialogo che si "apre" tra l'opera e l'osservatore, è il porsi e porre infinite domande senza accontentarsi delle prime risposte ricevute, l'arte è la profondità celata al primo sguardo, è complessa, infinitamente elaborata.
      Un'opera d'arte ci "racconta" sempre qualcosa ma la comprendiamo solo se siamo disposti a "lavorare" su di essa e su di noi, se un dipinto non ci dice nulla è solo un ornamento, un, pur pregevole, manufatto artigianale.
      Mi permetto di riportare alcune parole di Antonio Paolucci (che è sicuramente più competente del sottoscritto, riguardo a questo argomento: "L'opera d'arte non sopporta questi personaggi ("le persone che pensano che basti guardarla senza bisogno di un'educazione, di uno studio", dalla domanda dell'intervistatrice) capire un quadro di Tiziano è difficile come capire un sonetto di Shakespeare in lingua originale o una novella esemplare di Miguel de Cervantes".
      Grazie, buona giornata.

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    2. Ovviamente non metto in discussione la ricerca, la domanda, lo studio, l'elaborazione, il contesto, le motivazioni, i contorni.. ribadisco solo il non dover trovare per forza la soluzione, la risposta. Dover stabilire senza ombra dubbio cosa vuole dirci l'artista, il musicista, il pittore, lo scrittore. Questo comprendere a tutti i costi come per non sentirci esclusi.

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    3. È proprio questo il punto, io non cerco soluzioni, non cerco risposte, io sto semplicemente "viaggiando", la strada si è fatta affascinante proprio quando sono andato oltre l'aspetto esteriore.
      Io non mi sento escluso o incluso da alcunché, cercare di capire perché l'artista ha dato vita all'opera aiuta a completare la nostra personale visione, solo cosi possiamo goderci appieno il piacere dell'arte.

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  2. Lo adoro ,l'ho sempre adorato, le anime complesse e fragili ma nello stesso forti nelle loro debolezze ,le ho sempre amate , così come amo Modigliani. L'arte che grande cosa. Starei ore ed ore ad ascoltarti. Ogni tanto rileggo il mio grande libro sull'impressionismo regalatomi da una mia insegnate di disegno. Una reliquia, una vita nella vita. Che meraviglia...Come sempre grazie!

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    1. Ciao Nella, che piacere risentirti, le anime complesse e fragili, come le hai definite tu, ci offrono quei dettagli che senza conoscenza della persona resterebbero ignoti, sono fondamentali per comprendere appieno l'opera, soprattutto se è stata realizzata in un periodo storico antecedente al nostro.
      "L'arte che gran cosa", sono d'accordo con te, è qualcosa di meraviglioso, a condizione di comprendere (il più possibile) il suo linguaggio.
      Ti ringrazio per le bellissime parole che utilizzi nei miei confronti e per la partecipazione alla discussione.
      Buona giornata.

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