A Vevey, una località svizzera bagnata dalle acque del lago Di Ginevra, una forchetta di grandi dimensioni si erge maestosa infilzando prepotentemente le acque del limpido specchio d'acqua.
L’opera in sé è decisamente piacevole, interessante punto di
vista, originale (almeno parzialmente) nella sua concezione legata al Museo
dell’Alimentazione (Nestlè Alimentarium Museum) che ha sede nella cittadina.
Potremmo approfondire l’opera in quanto tale, infatti solo
“pensandola” come riferimento all’alimentazione, al legame vitale con l’acqua,
alla comunione con la “terra” andiamo oltre il mero aspetto visivo. Ma non c’è
molto altro da aggiungere.
Allora mi soffermo su altri particolari, sfumature nate più
da come viene “raccontata” l’opera che da solide basi artistiche.
Innanzitutto la “Fourchette geante” viene attribuita a
Georges Favre che l’ha realizzata sul disegno di Jean-Pierre Zaugg.
Le varie testate online riportano quasi esclusivamente il
nome di Favre, solo in seguito ci dicono chi l’ha disegnata, chi è in pratica
l’autore dell’opera?
Mi verrebbe da dire che il merito va dato esclusivamente a
Zaugg, l’idea è predominante, a meno che sia Favre ad avere avuto
l’illuminazione di infilarla nelle acque di fronte a Vevey.
Ma ad incuriosirmi, e a deprimermi, è l’inclusione di
quest’opera, in moltissimi articoli di varie testate online, tra le più strane, provocatorie,
destabilizzanti (hanno usato proprio questo termine) e incomprensibili, opere
d’arte contemporanea.
Ad accompagnare la “forchetta” tra i manufatti più assurdi
(sempre secondo tali testate) troviamo il solito “orinatoio” di Duchamp, La
“Merda d’artista” di Manzoni, l’immancabile “taglio" di Fontana e, forse l’unica
veramente provocatoria e comunque nulla di più, “Brown-nosers di David Černý.
Inutile sottolineate che chi si
chiede, nella terza decade del XXI secolo, che senso hanno le opere sopracitate
evidentemente di è dedicato ad altro, evitando di perdere tempo studiando la storia dell’arte occidentale del secolo
scorso.
La forchetta lacustre non è
certo provocatoria, strana, spiazzante o incomprensibile, si tratta di una
forma, molto ben fatta, di marketing “artistico”, dove l’installazione è legata indissolubilmente ad un determinato marchio.
Casomai se c’è qualcosa di
provocatorio è nel contenuto di certi articoli, accostare, mettendole sullo
stesso piano, opere come quelle di Fontana, Manzoni e Duchamp con questa del
duo Zaugg-Favre, mi lascia quantomeno perplesso.
Il dubbio non nasce
dalla visione delle opere ma da ciò che rappresentano e da quello che hanno
saputo dare all’arte negli anni, è vero che la “Forchetta” è più giovane delle
altre e che probabilmente necessita di altro tempo per evolvere, ma nei suoi trent’anni di vita non ha dato il benché minimo contributo
all’evoluzione artistica nel suo insieme, al contrario delle altre si limita a
stupire (o cercare di farlo) i turisti che si trovano a passare da quelle
parti, insomma opera di discreto valore “visivo”, molto meno "stimolante" quello artistico.