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sabato 9 luglio 2022

il caso al servizio dell'arte

Anthony Burgess, musicista, poeta, sceneggiatore e scrittore, deve la sua fama al romanzo A Clockwork Orange, tradotto inizialmente in italiano con il titolo: Un’arancia ad orologeria ma che diviene un cult con l’adattamento cinematografico firmato da Stanley Kubrik, Arancia Meccanica.

Due delle più iconiche copertine del romanzo, a sinistra l'edizione originale ad opera di Barry Trengove, a destra quella più celebre di David Pelham (post film)

Non sono né il romanzo né il film l’obbiettivo della mia riflessione, al di là delle percezioni personali riguardo alle due opere è la genesi del romanzo che mi interessa.

Sono due le circostanze che hanno dato il via alla scrittura del libro, una diagnosi medica e un fatto di cronaca, entrambi hanno toccato da vicino la psiche dell’artista  britannico.

Il fatto di cronaca risale al periodo bellico, Londra 1944, tre militari statunitensi aggrediscono la moglie di Burgess, Llewela Jones, le strappano la fede rompendole l’anulare, infine la abbandonano a terra priva di sensi, la donna è incinta e la violenza la costringe ad abortire e le nega definitivamente una futura gravidanza.

Inutile sottolineare che questo episodio viene riproposto diciotto anni dopo nel celebre romanzo diventandone il fulcro.

Ma senza il già citato “parere medico” quest’opera forse non sarebbe nata, nel 1959, a 38 anni, gli viene diagnosticato un cancro alla testa, gli rimaneva da vivere meno di un anno.

Burgess non si perde d’animo, decide di scrivere, quello che per lui deve essere un capolavoro, in questo modo le vendite del libro possono garantire alla famiglia un sussidio che le premetta di vivere dignitosamente.

Il romanzo è un successo, e ancor più grande è il successo del film di Kubrik realizzato nove anni dopo, il trionfo di critica e di pubblico della trasposizione cinematografica vedono, nonostante la “sentenza” dei medici, la presenza dello scrittore, la diagnosi nefasta si dimostra errata, non tanto per valutazione sbagliata del medico quanto per un assurdo scambio di identità (questo porta a immaginare le conseguenze di chi era stato dichiarato sano al posto dello scrittore di Manchester).

Tutto questo per arrivare al nocciolo della questione, Burgess senza quella diagnosi avrebbe scritto il romanzo?

L’aggressione alla moglie era evidentemente un peso che andava “sollevato” ma se non ci fosse stato quel limite temporale che lo avvicinava alla morte si sarebbe deciso a scrivere e a liberarsi di questo pesante fardello?

Difficile se non impossibile rispondere con certezza, ma è da questo che nasce il mio pensiero, ogni istante della nostra vita è un bivio, dobbiamo sempre prendere una decisione che influirà inevitabilmente sul nostro futuro, le decisioni però non sono sempre prese autonomamente, c’è sempre una variabile “esterna” che dirige il nostro cammino.

L’esempio di Arancia meccanica è illuminante, la violenza subita da Llewela Jones ha sicuramente influenzato il marito ma senza l’errore dei medici probabilmente non sarebbe nato il romanzo, magari Burgess, più avanti negli anni, sarebbe potuto tornare sull’argomento, magari proprio in un romanzo, magari simile, ma sicuramente lontano da ciò che realizza nel 1962, senza la necessità di colmare gli ultimi mesi di vita (la necessità di liberarsi di un peso opprimente ha più importanza del desiderio di lasciare la famiglia in buone condizioni economiche) non sarebbe nato uno dei romanzi più importanti del secondo novecento.  

Come ogni “medaglia” che si rispetti anche questa ha un secondo lato che si oppone al primo, le circostanze che hanno dato vita al romanzo si trasformano nella causa che ha spinto Burgess a prendere le distanze dal film di Kubrik, lo scrittore ha accusato il regista di non aver compreso il concetto di base del suo romanzo trasformando l’idea in una esibizione gratuita di violenza tradendo il pensiero fondante della storia.

E’ una questione personale tra Burgess e Kubrik, ognuno perora la propria causa, lo scrittore ha comunque sempre ragione in quanto autore dell’originale, probabilmente Kubrik ha colto delle sfumature che per l’artista inglese erano secondarie.

Per quanto può valere la mia opinione l’idea che il film sia un’esibizione gratuita di violenza non è campata in aria ma sarebbe riduttivo limitarci a questo.

Cosa ci sia veramente dietro il libro e il film non lo sapremo mai, cosi come non sapremo mai come sarebbero andate le cose senza quella grave disattenzione dei medici.


4 commenti:

  1. Una mala sanità che ha fatto del bene, quindi.
    A volte sembra che le cose debbano succedere e basta, quasi una Samarcanda

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    1. Innanzitutto complimenti per l'accostamento a Samarcanda, anche se non sono a favore del "destino" trovo affascinante l'idea di un disegno che, nonostante tutto e tutti, trova il naturale compimento.
      Grazie Alberto, buona giornata.

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  2. Tanto per rimanere in clima cinematografico, gli sliding doors sono infiniti, e ci si infila in mille rivoli, una volta diventando scrittori famosi e un'altra mandando a malapena avanti un blog (parlo per me ovviamente.. )

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    1. Ciao Franco, ci sono infinite variabili che ci spingono a prendere questo o quel "sentiero", la nostra scelta, o quella di altri nel caso di Burgess, ne determina il percorso, difficile prevedere dove ci porterà.
      Nell'epoca delle raccomandazioni (che in fondo sono state "utilizzate" anche in passato) la strada può essere spianata da entità "amiche degli amici", ma questa è un'altra storia😉
      Grazie, buona domenica.

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